VULCANO MARSILI, ESISTE VERAMENTE UN PERICOLO TSUNAMI NEL MEDITERRANEO?

Ci si chiede se un frana sottomarina potrebbe provocare un altrettanto pericoloso tsunami. C'e' molta preoccupazione sul Marsili, percepibile in internet. INGV Terremoti ci viene in aiuto pubblicando spiegandoci lo stato attuale del vulcano sottomarino. Il Marsili e’ il piu’ grande vulcano d’Europa e del Mediterraneo. In rete c’e’ un gran parlare di questo vulcano sottomarino dall’enorme potenziale distruttivo, ipotizzando che sia attivo. La fotografia di cui sopra, e’ solo un fotomontaggio che abbiamo trovato in uno degli innumerevoli forum dove si discute su un possibile tsunami che spazzerebbe via il Mezzogiorno. Ci si chiede se un frana sottomarina potrebbe provocare un altrettanto pericoloso tsunami. C’e’ molta preoccupazione sul Marsili, percepibile in internet. INGV Terremoti ci viene in aiuto pubblicando un interessante articolo che ci spiega lo stato attuale del vulcano sottomarino localizzato nel Tirreno meridionale e appartenente all’arco insulare Eoliano. Dati geofisici e campioni prelevati dalla sommita’ del Marsili hanno permesso di elaborare le informazioni che oggi conosciamo. “Sappiamo che e’ interessato da un’attivita’ idrotermale e da una attivita’ sismica legata ad eventi di fratturazione superficiale e a degassamento – spiega l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Sappiamo anche che esiste una zona centrale piu’ leggera rispetto a quella di altri vulcani, come per esempio l’Etna; questa zona e’ piu’ leggera perche’ interessata da fratture e circolazione di fluidi idrotermali”. Le due eruzioni piu’ recenti si sono verificate circa 5000 e 3000 anni fa. “Sono stati eventi a basso indice di esplosivita’, e sono avvenute nel settore centrale dell’edificio a circa 850 m di profondita’ da coni di scorie con raggio minore di 400 metri”. Secondo il Centro Nazionale Terremoti, “in caso di eruzione sottomarina a profondita’ di 500-1000 metri sul Marsili, l’unico segno in superficie sarebbe l’acqua che bolle legata al degassamento e galleggiamento di materiale vulcanico (pomici) che rimarrebbe in sospensione per alcune settimane (come accadde per l’eruzione del 10 ottobre 2011 al largo dell’isola di El Hierro alle Canarie)”. Per questo motivo, secondo quanto spiegato nell’articolo di INGV, “il rischio associato a possibili eruzioni sottomarine e’ estremamente basso, e un’eruzione a profondita’ maggiore di 500 metri comporterebbe probabilmente soltanto una deviazione temporanea delle rotte navali”. Quando potrebbe verificarsi la prossima eruzione del vulcano Marsili. Per effettuare la stima di questo tipo sono necessari calcoli statistici basati su un gran numero di datazioni. Purtroppo per il Marsili gli esperti dispongono solamente di 4 datazioni. Per meglio spiegare cosa significa, INGV ci fa un esempio pratico: “è come se noi del Vesuvio conoscessimo solo le eruzioni del 1631 e del 1944 e dicessimo che i tempi di ritorno sono di 400 anni, mentre, in realta’, l’attività del Vesuvio tra queste due date e’ stata pressoche’ continua”. Il Marsili potrebbe provocare un tsunami sull’Italia. E qui entriamo nel tema che interessa molte persone visto il suo potenziale livello di pericolosita’. I dati in possesso degli esperti sulle eruzioni sottomarine, collassi laterali, e possibili tsunami associati, “non consentono di fornire stime quantitative”. INGV ci mostra, pero’, alcune considerazioni, come ad esempio il fatto che “il collasso laterale di vulcani sottomarini e’ un fenomeno conosciuto da tempo e, qualora si verifichi, non e’ detto che produca tsunami”. Di solito il tsunami e associato “a terremoti e/o frane di isole vulcaniche o di settori della scarpata continentale”. Per effettuare valutazioni piu’ adeguate sui collassi laterali dei vulcani sottomarini e della pericolosita’ di tali eventi, INGV consiglia quattro punti da considerarsi prioritari. 1) Effettuare una stima della stabilita’ dei versanti del vulcano. 2) Valutare il volume di roccia potenzialmente coinvolto. 3) Conoscerne le modalità di movimento lungo il pendio. 4) Una volta noti tutti i parametri, verificare se il volume di roccia e la dinamica della frana sottomarina sono compatibili con l’innesco di uno tsunami. L’articolo apparso nel blog di INGV, continua dicendo che “al momento attuale non vi sono studi quantitativi, scientificamente affidabili, inerenti le fenomenologie sopra riportate per il vulcano Marsili“. In sostanza, i dati a conoscienza degli esperti non sono sufficienti a quanto necessario per formulare una tesi piu’ vicina alla realta’. Per certo, la morfologia del vulcano Marsili “non presenta evidenze di significativi collassi laterali di settore per gli ultimi 700 mila anni di attivita’ – e non sono pochi – Vi sono evidenze di franamento del fondo marino (seafloor sliding superficiali) solo nel settore centrale del vulcano”. Eventi che non producono tsunami in quanto implicano volumi irrisori (molto inferiori a 1 km cubico) di roccia disgregata, “franamenti simili si verificano spesso sui conoidi sommersi davanti alla foce di fiumi o al tetto della scarpata continentale lungo canyon sottomarini” Altro dato importante per le valutazioni sulla pericolosita’ del vulcano Marsili. All’interno dei dati storici e geologici degli tsunami verificatisi verso le coste tirreniche “non vi sono evidenze di onde anomale ricollegabili a collassi laterali del Marsili”. Questo non significa, afferma l’Istituto, che nel futuro un tsunami non si possa verificare: “una valutazione della stabilita’ del Marsili deve essere fatta raccogliendo piu’ dati, cosi’ come piu’ dati sono necessari relativamente all’attivita’ sismica e deformativa del vulcano sommerso”.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Se gli mettete al di sopra una torre di Tesla con le dovute modifiche di proporzione, scoprirete che il rischio non esiste più!

Anonimo ha detto...

prima della torre di Tesla però, farei un corso di italiano!

Anonimo ha detto...

Ma è vera sta storia o no?

 


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