La letteratura scientifica, sempre citata per difendere i progressi
della medicina, attesta però anche alcune altre verità, una delle quali,
per esempio, è il legame che corre tra vaccini e malattie autoimmuni.
Ci sono infatti studi che attestano come le vaccinazioni possano far sì
che l’organismo aggredisca se stesso.
Nessuno potrebbe mai accusare Yehuda Shoenfeld di essere un
ciarlatano. Il clinico israeliano ha dedicato oltre trent’anni allo
studio del sistema immunitario umano ed è all’apice della sua carriera. È
autore di innumerevoli studi – The Mosaic of Autoimmunity, Autoantibodies, Diagnostic Criteria in Autoimmune Diseases, Infection and Autoimmunity, Cancer and Autoimmunity – alcuni
dei quali sono pietre miliari per la pratica clinica. Ed è proprio
Shoenfeld a puntare il dito contro i vaccini, come ha ricostruito la
giornalista canadese Celeste McGovern. Prendiamo ad esempio un
recentissimo articolo pubblicato su Pharmacological Research
in cui Shoenfeld e colleghi individuano quattro categorie di individui
che sono più a rischio di sviluppare malattie autoimmuni a seguito di
vaccinazione. «Da una parte, i vaccini prevengono le infezioni che
possono scatenare autoimmunità – spiegano Alessandra Soriano,
del Dipartimento di Medicina clinica e reumatologia del Campus
Bio-Medico dell’università di Roma, Gideon Nesher dell’università di
Gerusalemme e lo stesso Shoenfeld – Dall’altra parte, molti studi che
riportano autoimmunità post-vaccinale suggeriscono fortemente che i
vaccini possano, essi stessi, causare autoimmunità». «Le malattie
autoimmuni che possono insorgere dopo vaccinazione includono artrite,
lupus, diabete mellito, trombocitopenia, vasculite, dermatomiosite,
sindrome di Guillain-Barre syndrome e demielinizzazione. Quasi tutti i
tipi di vaccini sono stati associati ad ASIA (Autoimmune/inflammatory
Syndrome Induced by Adjuvants, Sindrome autoimmune/infiammatoria
indotta da adiuvanti, anche note come sindrome di Shoenfeld, nda)». Il
termine ASIA raccoglie sintomi simili e si è iniziato ad indagare come
le tossine ambientali, tra cui l’alluminio utilizzato nei vaccini,
possano scatenare una reazione a catena nel sistema immunitario negli
individui suscettibili portando a malattia autoimmune. La malattia
autoimmune si ha quando il corpo crede di attaccare invasori esterni
mentre invece sta attaccando parti di sé. Il sistema immunitario è un
sistema di difesa e gli anticorpi sono come droni programmati per
riconoscere certi tipi di invasori e distruggerli. Se sbagliano
bersaglio possono causare danni enormi. Se ad esempio danneggiano la
guaina mielinica, gli impulsi nervosi non si trasmettono adeguatamente, i
muscoli vanno in spasmo e si perde la coordinazione: questa si chiama
sclerosi multipla. Se gli anticorpi per errore aggrediscono i tessuti
delle articolazioni si può avere l’artrite reumatoide. Se invece il
bersaglio diventano le isole di Langerhans nel pancreas, si ha il
diabete di tipo 1 e così via.
«Un sistema immunitario sano tollera gli auto-antigeni – spiegano gli
esperti – quando questa tolleranza viene disturbata, il sistema
immunitario si sregola e si ha l’emergenza dell’autoimmunità. La
vaccinazione è una delle condizioni che possono disturbare l’omeostasi
negli individui suscettibili dando luogo a fenomeni autoimmuni e ASIA».
Chi sia suscettibile è materia trattata dal documento dal titolo “Predicting post-vaccination autoimmunity: Who might be at risk?”,
che elenca quattro categorie di persone: chi ha avuto una precedente
reazione autoimmune a un vaccino; chi ha una storia clinica di
autoimmunità; pazienti con storia di reazioni allergiche; chiunque sia
ad alto rischio di sviluppare malattie autoimmuni, inclusi coloro che
hanno storia familiare di autoimmunità, presenza di autoanticorpi
individuabili con esami del sangue e altri fattori, inclusi bassa
vitamina D e fumo.
Reazioni precedenti
Riguardo a chi ha avuto precedenti reazioni ai vaccini, il rapporto cita cinque studi rilevanti incluso il caso di una adolescente morta dopo
sei mesi dalla terza dose di Gardasil, il vaccino contro il
papillomavirus. Aveva avuto alcuni sintomi dopo la prima dose, come
tremori e perdita di memoria. Dopo la seconda dose aveva sviluppato
debolezza intermittente al braccio, erano peggiorati altri sintomi,
aveva dolore al petto e palpitazioni. Gli esami del sangue e della milza
hanno rivelato la presenza di frammenti di Dna del gene HPV-16 L1
sovrapponibile a quello presente nel Gardasil e trattato con alluminio.
Malgrado «la limitatezza dei dati», Shoenfeld e colleghi hanno concluso
che «pare preferibile che gli individui con precedenti reazioni
autoimmuni alle vaccinazioni non siano vaccinati, almeno non con lo
stesso tipo di vaccino».
Chi ha già una malattia autoimmune
«I vaccini non funzionano tanto bene su di loro –
dice Shoenfeld – e sono a rischio di aggravamento dopo la vaccinazione».
I vaccini contenenti virus vivi (varicella, febbre gialla, morbillo,
parotite e rosolia) sono «in genere controindicati» per il rischio di
«replicazione virale incontrollata». Ma nemmeno i vaccini a virus uccisi
sono una buona idea perché solitamente contengono alluminio. Gli
immunologi hanno descritto casi in cui pazienti con malattie reumatiche
autoimmuni hanno manifestato maggiore dolore articolare e febbre dopo
vaccino antinfluenzale, con innalzamento dei livelli di autoanticorpi
(il corpo che attacca se stesso). In certi casi hanno sviluppato nuovi
tipi di autoanticorpi.
Pazienti con storia di allergia
Gli studi sui vaccini solitamente escludono i soggetti vulnerabili e
reclutano solo individui sani senza allergie. È una «distorsione» dicono
Shoenfeld e Soriano ed è una delle cause per cui le reazioni avverse
sono «considerevolmente sottostimate»; nella «vita reale i vaccini sono
obbligatori per tutti gli individui a prescindere dalla loro
suscettibilità». L’incidenza di reazioni allergiche ai vaccini è
normalmente stimata in 1 caso su 50.000 dosi fino a 1 caso su 1 milione,
ma probabilmente la vera incidenza è molto più alta soprattutto quando
tra gli ingredienti dei vaccini ci sono gelatina e proteine dell’uovo.
Tra gli ingredienti dei vaccini si individuano potenziali allergenici:
proteine dell’uovo, siero di cavallo, lievito, antibiotici, formaldeide e
lattosio. Secondo gli immunologi, in caso di manifestazioni di
sensibilità all’alluminio, come noduli nel sito dell’iniezione che
possono anche persistere per mesi e anni, meglio fare un patch test e,
in caso, evitare la rivaccinazione.
L’alluminio
L’alluminio si aggiunge nei vaccini fin dal 1926, quando Alexander
Glenny e colleghi notarono che faceva produrre meglio gli anticorpi. Per
60 anni la sua teoria non è mai stata messa in discussione malgrado sia
documentata la neurotossicità di questo metallo che può danneggiare la
memoria, il controllo psicomotorio, la barriera ematoencefalica, può
indurre infiammazione cerebrale, danneggiare la funzione mitocondriale e
addirittura avere un ruolo nella formazione delle placche amiloidi che
si individuano nei malati di Alzheimer. È coinvolto nella sclerosi laterale amiotrofica e nell’autismo e induce allergie. Una decina di anni fa i ricercatori hanno iniziato a studiare meglio gli effetti dell’alluminio come adiuvante e sono emersi molti problemi connessi con il suo utilizzo.
La miofascite macrofagica
L’alluminio ha dimostrato di avere grande mobilità nell’organismo. Nel 1998 il ricercatore francese Romain Gherardi,
insieme ai suoi colleghi, osservò una condizione di origine sconosciuta
in un paziente con sintomi di fatica cronica dopo vaccinazione, inclusi
linfonodi gonfi, dolori articolari e muscolari e spossatezza. La
biopsia ai tessuti del deltoide rivelò una lesione di 1 centimetro di
diametro e in laboratorio emerse che si trattava di macrofagi, cioè gli
anticorpi dell’organismo stesso. Nel fluido cellulare di questi
macrofagi c’erano nanocristalli di alluminio. Altre ricerche hanno
rivelato che questi granulomi possono diffondersi ovunque, dai linfonodi
alla milza, dal fegato al cervello. Gherardi ha quindi concluso che
c’è neurotossicità anche a lungo termine per l’alluminio
Persone a rischio
Le persone a rischio di sviluppare una malattia autoimmune sono
coloro che hanno una storia familiare di autoimmunità e chi è positivo
agli autoanticorpi. Anche il fumo è un fattore di rischio, come bassi
livelli di vitamina D. A questo punto, cosa saggia è chiedere sempre il
foglietto illustrativo del vaccino o dei vaccini che si dovrebbero
ricevere e informarsi bene sui possibili effetti a breve e lungo
termine, consultando magari la Banca Dati Med-Line dei Natinal
Institutes of Health americani.
Fonte: ilcambiamento.it
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