La Fortezza: Questa imponente struttura, larga 300 metri, è l’elemento più riconoscibile del complesso di Chankillo. La sua funzione è stata oggetto di numerose interpretazioni. Le indagini archeologiche più recenti suggeriscono che forse si trattava di un tempio fortificato. (Cortesía Servicio Aerofotográfico Nacional, Perú)
Il complesso cerimoniale di Chankillo, in Perù, fu abitato durante il IV secolo a.C. Le ricerche hanno rivelato che serviva per la professione di un raffinato culto del Sole, molto precedente a quello degli Inca.
Sulla costa peruviana, circa 400 chilometri a nord di Lima, si erge il complesso di Chankillo, la cui età è stimata in 23 secoli. La sua funzione è stata oggetto di varie ipotesi: si è immaginato che potesse servire da fortezza, rifugio, monastero di clausura, o persino che fosse un luogo deputato allo svolgimento di battaglie rituali.
Le nostre ricerche suggeriscono invece che si trattasse di un grande complesso cerimoniale dedicato al culto del Sole. In altri termini, lo si potrebbe definire l’osservatorio solare più antico d’America.
Nel campo dell’archeoastronomia, il termine «osservatorio» va usato con cautela, dato che spesso evoca immagini di antichi «astronomi». Tuttavia lo studio dei luoghi dai quali le civiltà primitive scrutavano la volta celeste, insieme alla natura e al contesto di tali osservazioni, fornisce informazioni preziose sul modo in cui queste civiltà percepivano, ordinavano e controllavano il mondo. Oggi sappiamo che i calendari solari orizzontali (basati sull’osservazione delle posizioni di alba e tramonto all’orizzonte nel corso dell’anno) godevano di grande importanza tra le popolazioni indigene d’America.
Nella civiltà maya, l’individuazione e la previsione dei cicli celesti, con fini divinatori e predittivi, si spinsero molto al di là della necessità di regolare le attività annuali cicliche in funzione dei mutamenti stagionali. In altre parti dell’America centrale lo studio dell’orientamento degli edifici sacri e delle piante urbane suggerisce l’esistenza di calendari solari orizzontali, nei quali si attribuiva particolare importanza a date chiave. Oltre ai solstizi, queste includevano i passaggi dallo zenit e altre date calcolate a partire dalle prime a intervalli specifici, il tutto nell’ambito dei complessi cicli incrociati del calendario mesoamericano.
In Sud America i reperti documentano l’esistenza di pratiche rituali e credenze cosmologiche relative a un culto solare regolato dai sovrani inca. Ciò indica un grande interesse per il movimento dei corpi celesti e per il calendario, suggerendo che i rituali del culto solare fossero orchestrati dai governanti per riaffermare la loro origine divina, accentrare il potere e legittimare la propria autorità.
Sono state avanzate diverse ipotesi sui possibili schemi usati dagli Inca per regolare il calendario mediante il paesaggio, ipotesi che prendono le mosse da documenti storici e dall’analisi della disposizione spaziale degli edifici sacri, come il sistema di ceque (linee immaginarie lungo le quali erano disposti i luoghi sacri) di Cuzco.
I pilastri del Sole, per esempio, sono stati descritti da vari testimoni come grandi colonne di pietra ubicate in modo da essere visibili all’orizzonte da Cuzco. Sarebbero servite a scandire i tempi della semina e del raccolto e a regolare altre pratiche stagionali, ma purtroppo sono sparite senza lasciare traccia; la loro posizione precisa è tuttora sconosciuta. Di conseguenza oggi non c’è consenso sulla possibile funzione svolta dai pilastri nell’osservazione del Sole (e forse anche della Luna, come suggerito da alcuni).
Un aspetto fondamentale riguarda la natura delle credenze cosmologiche nelle società che precedettero gli Inca. È possibile che le pratiche di osservazione e culto del Sole siano così antiche da essere antecedenti alla civiltà inca? L’unica possibilità di risposta è offerta dall’archeologia.
I problemi insiti nell’interpretazione dei sistemi di allineamento (o, più in generale, di modelli specifici) in assenza di prove storiche che li corroborino sono noti agli archeologi e non di rado appaiono scoraggianti. In questo quadro, il complesso di Chankillo costituisce una fortunata eccezione: oggi possiamo affermare con certezza quasi assoluta che servì all’osservazione di alba e tramonto nell’arco dell’anno.
“cerimonie e osservazioni”
Un culto del Sole anteriore agli Inca
Il complesso di Chankillo fu abitato circa 2300 anni fa. Consisteva in un tempio fortificato e in vari edifici, piazze e patî. Le ricerche effettuate dagli autori dimostrano che le Tredici Torri, un’enigmatica struttura centrale, servivano a indicare la posizione di alba e tramonto nel corso dell’anno.
La fortezza, l’edificio a ovest delle Tredici Torri, la torre più meridionale e l’edificio est sono situati sul medesimo asse, orientato a sud-est (linea arancione, sopra). L’asse coincide, in modo molto approssimativo, con la linea individuata dall’alba nel solstizio di dicembre e dal tramonto in quello di giugno. Circa 250 metri a ovest (A) e a est (B) delle Tredici Torri, si ergevano due strutture simmetriche la cui funzione apparente non era altro che l’osservazione delle torri stesse. In quei punti sono stati ritrovati resti di cerimonie rituali.
- Alla scoperta di Chankillo
Chankillo è un complesso architettonico a uso cerimoniale situato nella parte meridionale del bacino del fiume Casma, nel deserto costiero di Ancash. Recenti scavi ci hanno permesso di stimarne l’età in circa 2300 anni.
Il complesso contiene numerosi edifici, piazze e logge costruiti con pietre squadrate e fango essiccato, e occupa una superficie di circa 4 chilometri quadrati. Il terreno su cui si erge è composto da banchi di sabbia, affioramenti rocciosi, dune e boschi di carrubo.
L’edificio più noto è la cosiddetta «fortezza»: un’imponente struttura lunga 300 metri, situata strategicamente in cima a una collina e difesa da grandi muraglioni, accessi ristretti, parapetti e, molto probabilmente, da un fossato a secco. La sua funzione è stata oggetto di numerose ipotesi: fortezza, caserma o centro cerimoniale. Le ultime ricerche archeologiche, tuttavia, suggeriscono che forse si trattava di un tempio fortificato.
Le Tredici Torri: L’orizzonte artificiale delineato dalla struttura (qui vista dal tempio fortificato) serviva a segnare le posizioni di alba e tramonto nel corso dell’anno.
Un settore molto meno conosciuto è la vasta area a uso civile e cerimoniale a est della fortezza, che include numerosi edifici, piazze, cortili e depositi. Il suo elemento caratterizzante sono le Tredici Torri: una fila di tredici costruzioni cubiche di pietra squadrata e fango collocate sulla cresta di una collinetta, che sorge pressappoco al centro dell’intero complesso di Chankillo. La fila è orientata sull’asse nord-sud, sebbene le torri numero 11, 12 e 13 (la numero 1 è quella situata più a nord) inclinino a sud-est. Le torri configurano un orizzonte artificiale «dentellato», con punte e spazi vuoti disposti a intervalli regolari.
Benché le torri si siano conservate abbastanza bene, gli angoli superiori e alcuni muri interni sono parzialmente collassati. Le costruzioni non sono identiche: la loro pianta è rettangolare o romboidale, l’altezza varia tra i 2 e i 6 metri e il volume oscilla tra 150 e 750 metri cubi. Ciò che invece si presenta estremamente regolare è lo spazio fra le torri, compreso tra 4,7 e 5,1 metri. Ogni torre è munita di due scale – una sul lato nord, l’altra su quello sud – strette e ripide, che portano in cima. A differenza delle scale sul lato meridionale, che risultano spostate verso est, la maggior parte di quelle poste sul lato settentrionale è collocata in posizione centrale. Le sommità delle costruzioni, il cui pavimento è composto di sabbia o piccole lastre di pietra, si presentano nel complesso ben conservate. L’esistenza di scale d’accesso suggerisce che in cima alle torri si svolgessero specifiche attività.
Circa 250 metri a ovest delle torri si trova un gruppo di recinti e altre strutture, tra cui spicca un edificio composto da due cortili rettangolari adiacenti. Il cortile a sud-est, che misura 53,6 per 36,5 metri, fu costruito con attenzione, intonacato e dipinto di bianco. Al muro perimetrale sud è addossata una costruzione molto particolare: un camminamento lungo 40 metri e largo 2,5, anch’esso intonacato e dipinto di bianco. Curiosamente, questo corridoio non porta all’interno dell’edificio, ma si limita a collegarne l’entrata nordorientale (ristretta mediante appositi muri) con un’apertura a sud-est, che guarda direttamente alle Tredici Torri. A differenza degli altri ingressi di Chankillo, è privo delle classiche nicchie che alloggiavano i cardini di pietra su cui poggiavano le porte in legno. Ne possiamo quindi dedurre che il corridoio servisse solo per condurre dall’accesso ristretto all’apertura rivolta alle Tredici torri. L’altezza originaria delle pareti, stimata in 2,2 metri, non consentiva di guardare all’esterno; tuttavia, una volta giunti all’apertura in fondo si godeva di una vista piena e incontrastata delle torri.
Scavi effettuati in prossimità dell’apertura hanno portato alla luce offerte di ceramica, molluschi e utensili in pietra, il che suggerisce l’esistenza di un rituale associato all’atto di attraversare il corridoio e fermarsi sulla soglia a contemplare le torri. Questa apertura è stata ribattezzata «punto di osservazione ovest».
A est delle Tredici Torri c’è un vasto spazio aperto, contenente un complesso di locali interconnessi, altri edifici minori e depositi, posti intorno a una grande piazza. Questa non è delimitata da muri o edifici su tutti i lati; tuttavia il suo perimetro è ben evidenziato dalla natura del terreno, che in corrispondenza del piano calpestabile è stato in parte spianato, in parte riempito e completamente ripulito dai detriti. In vari punti della piazza sono state trovate apparenti offerte di flauti in ceramica e conchiglie del bivalve Spondylus princeps; nei dintorni, piccoli immondezzai contenenti resti di vasellame, flauti e mais. Tutto sembra indicare che in quest’area avessero luogo grandi adunate e banchetti cerimoniali.
Le Tredici Torri, per la loro ubicazione elevata e il carattere monumentale, sono uno degli elementi dominanti del paesaggio. Tuttavia un piccolo edificio, relativamente isolato a un estremo del foro, suscita particolare interesse. La sua collocazione rispetto alle torri è speculare a quella del punto di osservazione ovest, essendo collocato quasi sul medesimo asse est-ovest, alla stessa altezza e a una distanza molto simile.
Gli scavi archeologici effettuati presso questa costruzione hanno rivelato una pianta rettangolare incompleta, larga 6 metri. La struttura è in cattivo stato di conservazione poiché, oltre ad aver subito le ingiurie del tempo, in un dato momento successivo al suo abbandono sembra essere stata smantellata fin quasi alle fondamenta. Analogamente al camminamento che conduce al punto d’osservazione ovest, l’edificio presenta un accesso ristretto da un apposito muro. Abbiamo dedotto che costituisse un punto di osservazione da est sulle torri, sebbene – a differenza del suo corrispettivo occidentale – non siamo in grado di determinarne la posizione esatta.
- Allineamenti
Chankillo è chiaramente orientato a sud-est, con un azimut di 118 gradi. Questo orientamento risulta definito da un asse di 3,2 chilometri di lunghezza che attraversa, tra gli altri, la fortezza, l’edificio a ovest delle torri, la torre più meridionale, la scalinata d’accesso all’edificio a est delle torri e una piccola piattaforma nella piazza. Questo asse così distinto coincide, in modo molto approssimativo, con quello tracciato dall’alba nel solstizio di dicembre e dal tramonto nel solstizio di giugno.
Dai punti di osservazione, l’estensione delle torri all’orizzonte abbraccia l’intervallo compreso tra l’alba e il tramonto nel corso dell’anno. Questo indica che le torri svolgessero una funzione importante nell’osservazione solare.
Abbiamo effettuato uno studio dettagliato della posizione delle torri, paragonandola poi al punto in cui, secondo i calcoli, il Sole sorse e tramontò nell’anno 300 a.C. (si veda il box a p. 93).
“Un orizzonte dentellato”
Il Sole e le torri nel 300 a.C.
Il team di ricerca guidato dagli autori dell’articolo ha effettuato un raffronto dettagliato tra la posizione delle torri e i punti di alba e tramonto nell’anno 300 a.C. Dal punto di osservazione ovest (sopra), in quell’anno l’alba nel solstizio di dicembre corrispose alla posizione della torre situata più a sud. Nel solstizio di giugno il Sole si levò tra le pareti del monte Mucho Malo, che probabilmente fu considerato alla stregua di un’altra «torre». Dal punto di osservazione est (sotto), le torri segnavano il tramonto nelle date in questione. All’epoca le cime delle torri formavano un «orizzonte dentellato», che risultava suddiviso in intervalli regolari dagli spazi stretti e profondi tra le costruzioni. Tutto sembra indicare che i giorni in cui il Sole sorgeva nello spazio tra due torri (non più di uno o due all’anno), segnassero le divisioni del calendario.
Dal punto di osservazione ovest, l’alba nel solstizio di dicembre di quell’anno corrispose alla posizione della torre più a sud. Viceversa, nel solstizio di giugno il Sole sorse tra il monte Mucho Malo (distante 3 chilometri) e il lato della collina su cui sono le torri. L’evidente simmetria tra la posizione del Mucho Malo e quella delle torri, apprezzabile dal punto di osservazione ovest, suggerisce che il rilievo fosse considerato alla stregua della «torre» più a sinistra. Così, nel solstizio d’inverno, il Sole emergeva
da una collina naturale e non da un artefatto umano. Il diverso orientamento delle torri 11, 12 e 13 fa sì che, dal punto d’osservazione est, l’ultima risulti completamente nascosta alla vista. È lecito supporre che l’unica a spuntare fosse la cima della torre 12, sebbene oggi, a causa dello stato in cui versa la costruzione, nemmeno questa sia visibile. Da qui, il tramonto nel solstizio di dicembre cadeva a sinistra della torre 12, mentre nel solstizio di giugno il Sole tramontava appena a destra della prima torre.
Da entrambi i punti d’osservazione, quando il Sole cominciava a distanziarsi dalle sue posizioni estreme, qualche giorno dopo ciascun solstizio, le torri avrebbero consentito di tracciare il percorso dell’astro sull’orizzonte con un’approssimazione di due o tre giorni.
Posto che lo scopo principale delle Tredici Torri fosse fungere da punto di riferimento per l’osservazione del Sole, la loro disposizione può darci qualche indicazione sul modo in cui quei popoli suddividevano l’anno?
Le torri delineavano un orizzonte artificiale: la loro altezza variabile compensava le pendenze della collina su cui furono costruite. Quest’orizzonte innaturale era suddiviso in intervalli regolari da fenditure strette e profonde, formate dagli spazi tra le torri. Quando si utilizzava il punto d’osservazione ovest, il Sole sorgeva solo per uno o due giorni in ognuno degli spazi. Quegli intervalli indicavano forse date cruciali nel corso dell’anno?
La loro regolarità sembra contraddire questa ipotesi, suggerendo viceversa che il calendario fosse suddiviso in intervalli uniformi. Le albe che cadevano negli spazi tra le torri centrali (dalla terza all’undicesima) erano separate da un intervallo di circa dieci giorni, mentre quelle incorniciate dalle torri laterali (prima e seconda; dodicesima e tredicesima)
questo lasso di tempo aumentava, perché avvicinandosi al solstizio il tragitto del Sole all’orizzonte si allunga. La situazione cambia nel punto di osservazione est, perché da lì la torre più meridionale è invisibile e gli spazi restanti corrispondo a intervalli di 10-12 giorni tra i tramonti. È possibile che altre date, oltre ai solstizi, rivestissero un’importanza particolare?
In tal caso l’alba o il tramonto in quelle date avrebbero coinciso con alcuni degli spazi tra le torri. Al riguardo va segnalato che in corrispondenza dell’equinozio il Sole sorge nello spazio compreso tra le torri 6 e 7. Se consideriamo il monte Mucho Malos come un’ulteriore torre, la posizione equinoziale risulta, inoltre, quella centrale. Dalla parte opposta (punto di osservazione est), il tramonto all’equinozio cade giusto a destra dello
spazio in questione, che a sua volta rappresenta l’intervallo centrale tra le dodici torri visibili da quella posizione.
La definizione di equinozio in un contesto estraneo all’Occidente è forse discutibile. Siccome tutto sembra indicare che gli abitanti di Chankillo disponessero di un meccanismo per contare i giorni, forse il loro «equinozio» corrispondeva al cosiddetto «equinozio temporale» o «di Thom», il giorno dell’anno equidistante da entrambi i solstizi. Tuttavia la posizione dell’alba in quel giorno dell’anno 300 a.C. non coincide con alcuna delle torri o degli intervalli tra esse.
Altre date che vanno considerate sono il passaggio del Sole per lo zenit e il nadir. Vari elementi suggeriscono che quei giorni rivestissero grande importanza in alcune culture precolombiane, in particolare nella regione andina. Altre ricerche sostengono l’importanza del nadir nell’astronomia di Cuzco, benché l’ipotesi sia alquanto controversa. In ogni caso, in nessuna di queste date alba e tramonto coincidono con le Tredici Torri di Chankillo. Solo il tramonto nel giorno di passaggio del Sole allo zenit cade in uno spazio tra le torri, sebbene in modo approssimativo.
La posizione delle torri dai punti di osservazione est e ovest sembra quindi suggerire che Chankillo fungesse da osservatorio solare per costruire un calendario stagionale. I solstizi risultavano chiaramente marcati, e forse anche l’equinozio. Lo spazio tra le torri sembra indicare che il calendario fosse basato su cicli di dieci giorni.
- Astronomia e potere
Di norma l’architettura cerimoniale è associata alla percezione dominante del mondo di una cultura: l’orientamento degli edifici può rimandare a un evento astronomico rilevante, la forma serve magari a conferire un «potere sacro» associato a una ricorrenza. Nel caso delle culture antiche, tuttavia, qualsiasi conclusione in merito deve partire dagli schemi di classificazione e dalle cosmologie del tempo, onde evitare clamorosi fraintendimenti. Per quanto concerne, l’astronomia, il rischio di sbagliare è piuttosto alto, essendo facile stabilire relazioni tra determinate osservazioni astronomiche e presunti «allineamenti» architettonici. Il rischio è particolarmente alto nel caso degli allineamenti stellari, dato il gran numero di stelle e costellazioni identificabili nel cielo notturno.
È invece assai più sicuro postulare una relazione tra l’osservazione del movimento del Sole durante l’anno e l’obiettivo di regolare pratiche stagionali o di costruire un calendario solare. La configurazione spaziale delle strutture di Chankillo segue una logica evidente. In primo luogo, il sito presenta almeno due punti di osservazione: quello a ovest non lascia molto spazio al dubbio, essendo costituito da una struttura apparentemente priva di altri scopi. Inoltre la fila di torri inquadra con precisione la traiettoria d’ascesa e discesa del Sole vista da entrambi i punti di osservazione. In altri termini, non abbiamo «selezionato» arbitrariamente alcuni eventi astronomici tra innumerevoli altri: le albe e i tramonti solstiziali (eventi astronomici di notevole importanza in molte culture) sono riflessi in modo palese nell’architettura delle torri, che appaiono come remote antenate delle torri di osservazione solare degli Inca. Quali conclusioni possiamo trarre da questa scoperta riguardo alla società che costruì e abitò Chankillo?
Tutto indica che nelle piazze e negli edifici adiacenti alle Tredici Torri avessero luogo banchetti e rituali connessi all’osservazione e interpretazione dei movimenti del Sole, a cui prendeva parte un gran numero di persone. Viceversa, l’accesso ai punti di osservazione era verosimilmente riservato a pochi individui, il cui status consentiva loro di accedere agli osservatori e officiare le cerimonie, che avevano il potere di regolare il tempo, l’ideologia e i rituali legati al calendario che scandivano la vita sociale.
Guerrieri in combattimento: Ricostruzione artistica delle decorazioni ritrovate su alcuni vasi. Queste rappresentazioni indicano la possibile ascesa sociale di una classe di capi guerrieri.
Gli scavi hanno portato alla luce guerrieri di ceramica provvisti non solo di armi di offesa, ma anche di scudi e altre forme di protezione del corpo. Le figure esibiscono inoltre indumenti che ne attestano lo status, come copricapi elaborati, camicie varie e ornamenti per il collo, il torso e il naso, la cui funzione è sia decorativa sia difensiva. La rappresentazione dei guerrieri indica una preoccupazione per la loro integrità fisica: i simboli del loro alto rango riflettono la possibile ascesa di una classe di capi guerrieri e il parallelo accentramento del potere nelle mani di pochi.
Armi: Rappresentazione della statuetta in ceramica di un guerriero di Chankillo e del suo armamentario.
È quindi plausibile che a Chankillo il culto del Sole e le credenze cosmologiche siano serviti a legittimare l’autorità di una élite guerriera, come accadde quasi 2000 anni dopo nella società inca. In quest’ottica, le Tredici Torri non sarebbero solo l’espressione monumentale di una conoscenza astronomica ancestrale, ma anche uno strumento per scandire il calendario cerimoniale e legittimare una gerarchia sociale consolidata.
Sono sempre di più gli indizi che il culto del Sole assurto a rango ufficiale nell’impero inca ebbe dei precursori. Ne sono un esempio le cerimonie sull’Isola del Sole, nel lago Titicaca. Data la somiglianza tra l’osservatorio solare di Chankillo e i pilastri del Sole documentati a Cuzco quasi 2000 anni dopo, sembra molto probabile che pratiche di questo genere fossero comuni alle civiltà andine.
di Iván Ghezzi e Clive Ruggles
Fonte
Nel campo dell’archeoastronomia, il termine «osservatorio» va usato con cautela, dato che spesso evoca immagini di antichi «astronomi». Tuttavia lo studio dei luoghi dai quali le civiltà primitive scrutavano la volta celeste, insieme alla natura e al contesto di tali osservazioni, fornisce informazioni preziose sul modo in cui queste civiltà percepivano, ordinavano e controllavano il mondo. Oggi sappiamo che i calendari solari orizzontali (basati sull’osservazione delle posizioni di alba e tramonto all’orizzonte nel corso dell’anno) godevano di grande importanza tra le popolazioni indigene d’America.
Nella civiltà maya, l’individuazione e la previsione dei cicli celesti, con fini divinatori e predittivi, si spinsero molto al di là della necessità di regolare le attività annuali cicliche in funzione dei mutamenti stagionali. In altre parti dell’America centrale lo studio dell’orientamento degli edifici sacri e delle piante urbane suggerisce l’esistenza di calendari solari orizzontali, nei quali si attribuiva particolare importanza a date chiave. Oltre ai solstizi, queste includevano i passaggi dallo zenit e altre date calcolate a partire dalle prime a intervalli specifici, il tutto nell’ambito dei complessi cicli incrociati del calendario mesoamericano.
In Sud America i reperti documentano l’esistenza di pratiche rituali e credenze cosmologiche relative a un culto solare regolato dai sovrani inca. Ciò indica un grande interesse per il movimento dei corpi celesti e per il calendario, suggerendo che i rituali del culto solare fossero orchestrati dai governanti per riaffermare la loro origine divina, accentrare il potere e legittimare la propria autorità.
Sono state avanzate diverse ipotesi sui possibili schemi usati dagli Inca per regolare il calendario mediante il paesaggio, ipotesi che prendono le mosse da documenti storici e dall’analisi della disposizione spaziale degli edifici sacri, come il sistema di ceque (linee immaginarie lungo le quali erano disposti i luoghi sacri) di Cuzco.
I pilastri del Sole, per esempio, sono stati descritti da vari testimoni come grandi colonne di pietra ubicate in modo da essere visibili all’orizzonte da Cuzco. Sarebbero servite a scandire i tempi della semina e del raccolto e a regolare altre pratiche stagionali, ma purtroppo sono sparite senza lasciare traccia; la loro posizione precisa è tuttora sconosciuta. Di conseguenza oggi non c’è consenso sulla possibile funzione svolta dai pilastri nell’osservazione del Sole (e forse anche della Luna, come suggerito da alcuni).
Un aspetto fondamentale riguarda la natura delle credenze cosmologiche nelle società che precedettero gli Inca. È possibile che le pratiche di osservazione e culto del Sole siano così antiche da essere antecedenti alla civiltà inca? L’unica possibilità di risposta è offerta dall’archeologia.
I problemi insiti nell’interpretazione dei sistemi di allineamento (o, più in generale, di modelli specifici) in assenza di prove storiche che li corroborino sono noti agli archeologi e non di rado appaiono scoraggianti. In questo quadro, il complesso di Chankillo costituisce una fortunata eccezione: oggi possiamo affermare con certezza quasi assoluta che servì all’osservazione di alba e tramonto nell’arco dell’anno.
“cerimonie e osservazioni”
Un culto del Sole anteriore agli Inca
Il complesso di Chankillo fu abitato circa 2300 anni fa. Consisteva in un tempio fortificato e in vari edifici, piazze e patî. Le ricerche effettuate dagli autori dimostrano che le Tredici Torri, un’enigmatica struttura centrale, servivano a indicare la posizione di alba e tramonto nel corso dell’anno.
La fortezza, l’edificio a ovest delle Tredici Torri, la torre più meridionale e l’edificio est sono situati sul medesimo asse, orientato a sud-est (linea arancione, sopra). L’asse coincide, in modo molto approssimativo, con la linea individuata dall’alba nel solstizio di dicembre e dal tramonto in quello di giugno. Circa 250 metri a ovest (A) e a est (B) delle Tredici Torri, si ergevano due strutture simmetriche la cui funzione apparente non era altro che l’osservazione delle torri stesse. In quei punti sono stati ritrovati resti di cerimonie rituali.
- Alla scoperta di Chankillo
Chankillo è un complesso architettonico a uso cerimoniale situato nella parte meridionale del bacino del fiume Casma, nel deserto costiero di Ancash. Recenti scavi ci hanno permesso di stimarne l’età in circa 2300 anni.
Il complesso contiene numerosi edifici, piazze e logge costruiti con pietre squadrate e fango essiccato, e occupa una superficie di circa 4 chilometri quadrati. Il terreno su cui si erge è composto da banchi di sabbia, affioramenti rocciosi, dune e boschi di carrubo.
L’edificio più noto è la cosiddetta «fortezza»: un’imponente struttura lunga 300 metri, situata strategicamente in cima a una collina e difesa da grandi muraglioni, accessi ristretti, parapetti e, molto probabilmente, da un fossato a secco. La sua funzione è stata oggetto di numerose ipotesi: fortezza, caserma o centro cerimoniale. Le ultime ricerche archeologiche, tuttavia, suggeriscono che forse si trattava di un tempio fortificato.
Le Tredici Torri: L’orizzonte artificiale delineato dalla struttura (qui vista dal tempio fortificato) serviva a segnare le posizioni di alba e tramonto nel corso dell’anno.
Un settore molto meno conosciuto è la vasta area a uso civile e cerimoniale a est della fortezza, che include numerosi edifici, piazze, cortili e depositi. Il suo elemento caratterizzante sono le Tredici Torri: una fila di tredici costruzioni cubiche di pietra squadrata e fango collocate sulla cresta di una collinetta, che sorge pressappoco al centro dell’intero complesso di Chankillo. La fila è orientata sull’asse nord-sud, sebbene le torri numero 11, 12 e 13 (la numero 1 è quella situata più a nord) inclinino a sud-est. Le torri configurano un orizzonte artificiale «dentellato», con punte e spazi vuoti disposti a intervalli regolari.
Benché le torri si siano conservate abbastanza bene, gli angoli superiori e alcuni muri interni sono parzialmente collassati. Le costruzioni non sono identiche: la loro pianta è rettangolare o romboidale, l’altezza varia tra i 2 e i 6 metri e il volume oscilla tra 150 e 750 metri cubi. Ciò che invece si presenta estremamente regolare è lo spazio fra le torri, compreso tra 4,7 e 5,1 metri. Ogni torre è munita di due scale – una sul lato nord, l’altra su quello sud – strette e ripide, che portano in cima. A differenza delle scale sul lato meridionale, che risultano spostate verso est, la maggior parte di quelle poste sul lato settentrionale è collocata in posizione centrale. Le sommità delle costruzioni, il cui pavimento è composto di sabbia o piccole lastre di pietra, si presentano nel complesso ben conservate. L’esistenza di scale d’accesso suggerisce che in cima alle torri si svolgessero specifiche attività.
Circa 250 metri a ovest delle torri si trova un gruppo di recinti e altre strutture, tra cui spicca un edificio composto da due cortili rettangolari adiacenti. Il cortile a sud-est, che misura 53,6 per 36,5 metri, fu costruito con attenzione, intonacato e dipinto di bianco. Al muro perimetrale sud è addossata una costruzione molto particolare: un camminamento lungo 40 metri e largo 2,5, anch’esso intonacato e dipinto di bianco. Curiosamente, questo corridoio non porta all’interno dell’edificio, ma si limita a collegarne l’entrata nordorientale (ristretta mediante appositi muri) con un’apertura a sud-est, che guarda direttamente alle Tredici Torri. A differenza degli altri ingressi di Chankillo, è privo delle classiche nicchie che alloggiavano i cardini di pietra su cui poggiavano le porte in legno. Ne possiamo quindi dedurre che il corridoio servisse solo per condurre dall’accesso ristretto all’apertura rivolta alle Tredici torri. L’altezza originaria delle pareti, stimata in 2,2 metri, non consentiva di guardare all’esterno; tuttavia, una volta giunti all’apertura in fondo si godeva di una vista piena e incontrastata delle torri.
Scavi effettuati in prossimità dell’apertura hanno portato alla luce offerte di ceramica, molluschi e utensili in pietra, il che suggerisce l’esistenza di un rituale associato all’atto di attraversare il corridoio e fermarsi sulla soglia a contemplare le torri. Questa apertura è stata ribattezzata «punto di osservazione ovest».
A est delle Tredici Torri c’è un vasto spazio aperto, contenente un complesso di locali interconnessi, altri edifici minori e depositi, posti intorno a una grande piazza. Questa non è delimitata da muri o edifici su tutti i lati; tuttavia il suo perimetro è ben evidenziato dalla natura del terreno, che in corrispondenza del piano calpestabile è stato in parte spianato, in parte riempito e completamente ripulito dai detriti. In vari punti della piazza sono state trovate apparenti offerte di flauti in ceramica e conchiglie del bivalve Spondylus princeps; nei dintorni, piccoli immondezzai contenenti resti di vasellame, flauti e mais. Tutto sembra indicare che in quest’area avessero luogo grandi adunate e banchetti cerimoniali.
Le Tredici Torri, per la loro ubicazione elevata e il carattere monumentale, sono uno degli elementi dominanti del paesaggio. Tuttavia un piccolo edificio, relativamente isolato a un estremo del foro, suscita particolare interesse. La sua collocazione rispetto alle torri è speculare a quella del punto di osservazione ovest, essendo collocato quasi sul medesimo asse est-ovest, alla stessa altezza e a una distanza molto simile.
Gli scavi archeologici effettuati presso questa costruzione hanno rivelato una pianta rettangolare incompleta, larga 6 metri. La struttura è in cattivo stato di conservazione poiché, oltre ad aver subito le ingiurie del tempo, in un dato momento successivo al suo abbandono sembra essere stata smantellata fin quasi alle fondamenta. Analogamente al camminamento che conduce al punto d’osservazione ovest, l’edificio presenta un accesso ristretto da un apposito muro. Abbiamo dedotto che costituisse un punto di osservazione da est sulle torri, sebbene – a differenza del suo corrispettivo occidentale – non siamo in grado di determinarne la posizione esatta.
- Allineamenti
Chankillo è chiaramente orientato a sud-est, con un azimut di 118 gradi. Questo orientamento risulta definito da un asse di 3,2 chilometri di lunghezza che attraversa, tra gli altri, la fortezza, l’edificio a ovest delle torri, la torre più meridionale, la scalinata d’accesso all’edificio a est delle torri e una piccola piattaforma nella piazza. Questo asse così distinto coincide, in modo molto approssimativo, con quello tracciato dall’alba nel solstizio di dicembre e dal tramonto nel solstizio di giugno.
Dai punti di osservazione, l’estensione delle torri all’orizzonte abbraccia l’intervallo compreso tra l’alba e il tramonto nel corso dell’anno. Questo indica che le torri svolgessero una funzione importante nell’osservazione solare.
Abbiamo effettuato uno studio dettagliato della posizione delle torri, paragonandola poi al punto in cui, secondo i calcoli, il Sole sorse e tramontò nell’anno 300 a.C. (si veda il box a p. 93).
“Un orizzonte dentellato”
Il Sole e le torri nel 300 a.C.
Il team di ricerca guidato dagli autori dell’articolo ha effettuato un raffronto dettagliato tra la posizione delle torri e i punti di alba e tramonto nell’anno 300 a.C. Dal punto di osservazione ovest (sopra), in quell’anno l’alba nel solstizio di dicembre corrispose alla posizione della torre situata più a sud. Nel solstizio di giugno il Sole si levò tra le pareti del monte Mucho Malo, che probabilmente fu considerato alla stregua di un’altra «torre». Dal punto di osservazione est (sotto), le torri segnavano il tramonto nelle date in questione. All’epoca le cime delle torri formavano un «orizzonte dentellato», che risultava suddiviso in intervalli regolari dagli spazi stretti e profondi tra le costruzioni. Tutto sembra indicare che i giorni in cui il Sole sorgeva nello spazio tra due torri (non più di uno o due all’anno), segnassero le divisioni del calendario.
Dal punto di osservazione ovest, l’alba nel solstizio di dicembre di quell’anno corrispose alla posizione della torre più a sud. Viceversa, nel solstizio di giugno il Sole sorse tra il monte Mucho Malo (distante 3 chilometri) e il lato della collina su cui sono le torri. L’evidente simmetria tra la posizione del Mucho Malo e quella delle torri, apprezzabile dal punto di osservazione ovest, suggerisce che il rilievo fosse considerato alla stregua della «torre» più a sinistra. Così, nel solstizio d’inverno, il Sole emergeva
da una collina naturale e non da un artefatto umano. Il diverso orientamento delle torri 11, 12 e 13 fa sì che, dal punto d’osservazione est, l’ultima risulti completamente nascosta alla vista. È lecito supporre che l’unica a spuntare fosse la cima della torre 12, sebbene oggi, a causa dello stato in cui versa la costruzione, nemmeno questa sia visibile. Da qui, il tramonto nel solstizio di dicembre cadeva a sinistra della torre 12, mentre nel solstizio di giugno il Sole tramontava appena a destra della prima torre.
Da entrambi i punti d’osservazione, quando il Sole cominciava a distanziarsi dalle sue posizioni estreme, qualche giorno dopo ciascun solstizio, le torri avrebbero consentito di tracciare il percorso dell’astro sull’orizzonte con un’approssimazione di due o tre giorni.
Posto che lo scopo principale delle Tredici Torri fosse fungere da punto di riferimento per l’osservazione del Sole, la loro disposizione può darci qualche indicazione sul modo in cui quei popoli suddividevano l’anno?
Le torri delineavano un orizzonte artificiale: la loro altezza variabile compensava le pendenze della collina su cui furono costruite. Quest’orizzonte innaturale era suddiviso in intervalli regolari da fenditure strette e profonde, formate dagli spazi tra le torri. Quando si utilizzava il punto d’osservazione ovest, il Sole sorgeva solo per uno o due giorni in ognuno degli spazi. Quegli intervalli indicavano forse date cruciali nel corso dell’anno?
La loro regolarità sembra contraddire questa ipotesi, suggerendo viceversa che il calendario fosse suddiviso in intervalli uniformi. Le albe che cadevano negli spazi tra le torri centrali (dalla terza all’undicesima) erano separate da un intervallo di circa dieci giorni, mentre quelle incorniciate dalle torri laterali (prima e seconda; dodicesima e tredicesima)
questo lasso di tempo aumentava, perché avvicinandosi al solstizio il tragitto del Sole all’orizzonte si allunga. La situazione cambia nel punto di osservazione est, perché da lì la torre più meridionale è invisibile e gli spazi restanti corrispondo a intervalli di 10-12 giorni tra i tramonti. È possibile che altre date, oltre ai solstizi, rivestissero un’importanza particolare?
In tal caso l’alba o il tramonto in quelle date avrebbero coinciso con alcuni degli spazi tra le torri. Al riguardo va segnalato che in corrispondenza dell’equinozio il Sole sorge nello spazio compreso tra le torri 6 e 7. Se consideriamo il monte Mucho Malos come un’ulteriore torre, la posizione equinoziale risulta, inoltre, quella centrale. Dalla parte opposta (punto di osservazione est), il tramonto all’equinozio cade giusto a destra dello
spazio in questione, che a sua volta rappresenta l’intervallo centrale tra le dodici torri visibili da quella posizione.
La definizione di equinozio in un contesto estraneo all’Occidente è forse discutibile. Siccome tutto sembra indicare che gli abitanti di Chankillo disponessero di un meccanismo per contare i giorni, forse il loro «equinozio» corrispondeva al cosiddetto «equinozio temporale» o «di Thom», il giorno dell’anno equidistante da entrambi i solstizi. Tuttavia la posizione dell’alba in quel giorno dell’anno 300 a.C. non coincide con alcuna delle torri o degli intervalli tra esse.
Altre date che vanno considerate sono il passaggio del Sole per lo zenit e il nadir. Vari elementi suggeriscono che quei giorni rivestissero grande importanza in alcune culture precolombiane, in particolare nella regione andina. Altre ricerche sostengono l’importanza del nadir nell’astronomia di Cuzco, benché l’ipotesi sia alquanto controversa. In ogni caso, in nessuna di queste date alba e tramonto coincidono con le Tredici Torri di Chankillo. Solo il tramonto nel giorno di passaggio del Sole allo zenit cade in uno spazio tra le torri, sebbene in modo approssimativo.
La posizione delle torri dai punti di osservazione est e ovest sembra quindi suggerire che Chankillo fungesse da osservatorio solare per costruire un calendario stagionale. I solstizi risultavano chiaramente marcati, e forse anche l’equinozio. Lo spazio tra le torri sembra indicare che il calendario fosse basato su cicli di dieci giorni.
- Astronomia e potere
Di norma l’architettura cerimoniale è associata alla percezione dominante del mondo di una cultura: l’orientamento degli edifici può rimandare a un evento astronomico rilevante, la forma serve magari a conferire un «potere sacro» associato a una ricorrenza. Nel caso delle culture antiche, tuttavia, qualsiasi conclusione in merito deve partire dagli schemi di classificazione e dalle cosmologie del tempo, onde evitare clamorosi fraintendimenti. Per quanto concerne, l’astronomia, il rischio di sbagliare è piuttosto alto, essendo facile stabilire relazioni tra determinate osservazioni astronomiche e presunti «allineamenti» architettonici. Il rischio è particolarmente alto nel caso degli allineamenti stellari, dato il gran numero di stelle e costellazioni identificabili nel cielo notturno.
È invece assai più sicuro postulare una relazione tra l’osservazione del movimento del Sole durante l’anno e l’obiettivo di regolare pratiche stagionali o di costruire un calendario solare. La configurazione spaziale delle strutture di Chankillo segue una logica evidente. In primo luogo, il sito presenta almeno due punti di osservazione: quello a ovest non lascia molto spazio al dubbio, essendo costituito da una struttura apparentemente priva di altri scopi. Inoltre la fila di torri inquadra con precisione la traiettoria d’ascesa e discesa del Sole vista da entrambi i punti di osservazione. In altri termini, non abbiamo «selezionato» arbitrariamente alcuni eventi astronomici tra innumerevoli altri: le albe e i tramonti solstiziali (eventi astronomici di notevole importanza in molte culture) sono riflessi in modo palese nell’architettura delle torri, che appaiono come remote antenate delle torri di osservazione solare degli Inca. Quali conclusioni possiamo trarre da questa scoperta riguardo alla società che costruì e abitò Chankillo?
Tutto indica che nelle piazze e negli edifici adiacenti alle Tredici Torri avessero luogo banchetti e rituali connessi all’osservazione e interpretazione dei movimenti del Sole, a cui prendeva parte un gran numero di persone. Viceversa, l’accesso ai punti di osservazione era verosimilmente riservato a pochi individui, il cui status consentiva loro di accedere agli osservatori e officiare le cerimonie, che avevano il potere di regolare il tempo, l’ideologia e i rituali legati al calendario che scandivano la vita sociale.
Guerrieri in combattimento: Ricostruzione artistica delle decorazioni ritrovate su alcuni vasi. Queste rappresentazioni indicano la possibile ascesa sociale di una classe di capi guerrieri.
Gli scavi hanno portato alla luce guerrieri di ceramica provvisti non solo di armi di offesa, ma anche di scudi e altre forme di protezione del corpo. Le figure esibiscono inoltre indumenti che ne attestano lo status, come copricapi elaborati, camicie varie e ornamenti per il collo, il torso e il naso, la cui funzione è sia decorativa sia difensiva. La rappresentazione dei guerrieri indica una preoccupazione per la loro integrità fisica: i simboli del loro alto rango riflettono la possibile ascesa di una classe di capi guerrieri e il parallelo accentramento del potere nelle mani di pochi.
Armi: Rappresentazione della statuetta in ceramica di un guerriero di Chankillo e del suo armamentario.
È quindi plausibile che a Chankillo il culto del Sole e le credenze cosmologiche siano serviti a legittimare l’autorità di una élite guerriera, come accadde quasi 2000 anni dopo nella società inca. In quest’ottica, le Tredici Torri non sarebbero solo l’espressione monumentale di una conoscenza astronomica ancestrale, ma anche uno strumento per scandire il calendario cerimoniale e legittimare una gerarchia sociale consolidata.
Sono sempre di più gli indizi che il culto del Sole assurto a rango ufficiale nell’impero inca ebbe dei precursori. Ne sono un esempio le cerimonie sull’Isola del Sole, nel lago Titicaca. Data la somiglianza tra l’osservatorio solare di Chankillo e i pilastri del Sole documentati a Cuzco quasi 2000 anni dopo, sembra molto probabile che pratiche di questo genere fossero comuni alle civiltà andine.
di Iván Ghezzi e Clive Ruggles
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