Notoriamente, se un’affermazione, per quanto falsa, viene ripetuta
decine di migliaia di volte soprattutto dalla tv, alla fine la gente la
sentirà come vera. Sfruttando tale principio, i regimi inculcano così
dogmi, insiemi di dogmi,
costituenti un senso comune artificiale, utile
alla gestione del corpo sociale, a far accettare alla gente come
giustificate le operazioni che si compiono sulla sua testa, sulle sue
tasche, sulla sua vita, sui suoi diritti. Ma anche sulla società come
tale. Un senso comune che produce quindi consenso (legittimazione
democratica) e ottemperanza popolare (compliance): democrazia, insomma
I dogmi riguardano soprattutto l’economia, la legittimazione del
potere, l’interpretazione e la valutazione della storia. Chi osa uscire
criticamente dal recinto dei dogmi e della dialettica consentita tra i
paletti, viene etichettato come antagonista, estremista, antisociale,
populista, eccetera, e viene delegittimato culturalmente, emarginato –
finché i fatti e le realtà censurate non rompono l’incantesimo del
sistema dogmatico.
Facciamo l’inventario, o l’inizio dell’inventario, di questi dogmi nel nostro sistema, sempre più scossi e incrinati dalla pressione della realtà rimossa, limitandoci a quelli economici:
1) Dogma dei mercati efficienti: i mercati sono tendenzialmente liberi e trasparenti (moneta, credito, materie prime, energia non sono oggetto di monopoli e di cartelli), prevengono o correggono efficientemente le crisi e realizzano l’ottimale distribuzione delle risorse e dei redditi, abbassano i prezzi e le tariffe; puniscono gli Stati inefficienti e spendaccioni mentre premiano quelli efficienti e virtuosi, perciò la regolazione della politica va ultimamente affidata ad essi, non ai parlamenti.
2) Dogma della spesa pubblica: la spesa pubblica è la causa dell’indebitamento pubblico, il quale a sua volta è la causa delle tasse, della recessione e, dell’inefficienza del sistema; l’obiettivo è dunque tagliare la spesa pubblica come tale e affidare i servizi pubblici alla gestione del mercato, cioè alla logica del profitto.
3) Dogma dell’integrazione europea: l’integrazione europea è insieme benefica, possibile e inevitabile; chi si oppone si oppone a una tendenza naturale e storica, va contro la realtà e gli interessi di tutti; l’Europa quindi legittimamente detta le regole a cui tutti devono adeguarsi.
4) Dogma dell’euro moneta unica: l’euro moneta unica produce la convergenza delle economie europee, quindi sostiene l’assimilazione e integrazione tra i paesi europei, favorisce la crescita economica e la loro solidarietà.
5) Dogma della preziosità e della scarsità oggettive della moneta: la moneta non è un simbolo prodotto a costo zero, ma è un bene, una commodity, con un costo di produzione che giustifica il fatto che coloro che la producono (come moneta primaria o creditizia), in cambio di essa, tolgano grandi quote del reddito a chi produce beni e servizi reali.
6) Dogma dell’indipendenza della banca centrale: l’indipendenza della banca centrale dalla politica, dai governi e dai parlamenti non è vero che renda la politica dipendente dai banchieri, bensì assicura al paese un’adeguata disponibilità di liquidità e di credito, previene le bolle speculative e le crisi bancarie.
7) Dogma della riduzione dei salari: se si riducono i salari e i diritti dei lavoratori, se si rende liberi i licenziamenti e impraticabili gli scioperi, allora i costi di produzione calano, l’economia diventa più competitiva, la disoccupazione viene riassorbita, gli investimenti aumentano e diventiamo tutti più ricchi, e non è vero che la domanda interna cali.
8) Dogma dell’immigrazione benefica: l’immigrazione va accolta anche sostenendo grosse spese perché essa è economicamente benefica ed indispensabile per compensare l’invecchiamento e il diradamento della popolazione attiva, quindi per sostenere il sistema previdenziale e per coprire i molti posti di lavoro che gli italiani rifiutano; non è vero che tolga posti di lavoro agli italiani, che faccia loro concorrenza al ribasso sui salari, che serva come manovalanza alle mafie, che comporti un apprezzabile aumento della criminalità o dei costi sanitari o assistenziali.
I movimenti più o meno realmente antisistema denunciano di solito solo una parte di questi dogmi, quindi sono inidonei già sul piano teorico.
Carattere comune di questo catechismo propagandistico, è la censura od occultamento dei conflitti di interessi e di bisogni, e ancor più della lotta di classe in atto. Vediamo di fare impostare un inventario anche per le censure:
1) Soprattutto, il conflitto di interesse tra classi sociali, specificamente tra classe globale finanziaria improduttiva parassitaria speculatrice e le classi produttive dell’economia reale, legate ai loro territori, e sempre più private di potere sulle istituzioni nonché di quote di reddito in favore delle rendite finanziarie, attraverso una serie di riforme del sistema finanziario, del diritto del lavoro, delle costituzioni, e attraverso i trattati internazionali come quelli europei e come il WTO, che modificano dall’esterno le costituzioni.
2) Conflitto di interessi tra nord e sud d’Italia, in cui alcune regioni settentrionali patiscono un permanente trasferimento dei loro redditi in favore di alcune regioni meridionali onde tenere unito il sistema paese, ma questo trasferimento sta spegnendo le loro capacità economiche del nord e induce le loro aziende e i loro migliori lavoratori ad emigrare o cessare.
3) Conflitto di bisogni oggettivi tra paesi manifatturieri come Italia e Germania, nel quale la Germania ha interesse a tenere l’Italia entro una moneta comune per togliere all’Italia il vantaggio di una moneta più debole, quindi di una maggiore competitività rispetto alla Germania, così da prendere anche sue quote di mercato.
4) Conflitto di bisogni oggettivi tra paesi creditori, come la Germania, e paesi debitori, come l’Italia: i tedeschi, essendo detentori di crediti sia personali, previdenziali, da investimento, sia anche pubblici, sono interessati a mantenere forte il ricorso della valuta in cui quei crediti sono dedicati denominati, cioè l’euro – da qui l’esigenza di tenere stretti i cordoni della borsa, cioè di far scarseggiare la moneta per tenerne alto il corso; per contro l’Italia e gli italiani, essendo indebitati e avendo i loro investimenti perlopiù in immobili, hanno bisogno di una moneta meno forte.
5) Conflitto di bisogni tra paesi in recessione, che hanno bisogno di politiche monetarie espansive, e paesi in crescita, che hanno bisogno di politiche monetarie restrittive; e tra paesi ad economia manifatturiera-trasformatrice e paesi ad economia basata sui servizi finanziari e il commercio (Regno Unito): tutti conflitti che rendono dannosa l’unione monetaria, o meglio che fanno sì che la politica monetaria faccia gli interessi del paese più forte dentro di essa (Germania) a danno dei paesi meno forti.
6) Conflitto di interesse propriamente di classe tra imprenditori e lavoratori: i primi hanno interesse a togliere ai lavoratori quanto più possibile forza negoziale e capacità di resistenza, di sciopero, oltre che di salario.
7) Conflitto di interesse tra cittadini utenti e monopolisti/oligopolisti di servizi pubblici: questi ultimi hanno interesse a imporre tariffe sempre più alte in cambio di servizi sempre più scarsi, onde massimizzare i loro profitti; da qui la privatizzazione sistematica di tali servizi.
In conclusione, il regime, cioè il vigente sistema di spartizione del reddito tra le varie classi economiche – sistema che vede oggi la classe finanziaria prendersi quasi tutto il reddito disponibile ed erodere, attraverso l’indebitamento pubblico e le tasse, anche il loro risparmio – si regge su un consenso e un’acquiescenza ottenuti tanto mediante l’indottrinamento con dogmi, quanto con il sistematico nascondimento di conflitti di interessi che non devono apparire onde evitare che la gente percepisca il male che le viene fatto.
(Vi sono anche censure di segno pro-sociale, anti-liberista; ad esempio, molti che contestano il trend presente in chiave socialista, dimenticano che il settore pubblico spende in modo inefficiente e molto condizionato dalla criminalità burocratica, partitica, mafiosa e che quindi dargli più soldi da spendere non è la ricetta del successo; dimenticano che gran parte dei pubblici amministratori è fatta di persone tecnicamente incompetenti, o dotate di competenze prettamente giuridiche, cioè avulse dalla realtà, incentrate e limitate sull’applicazione delle norme facendo al contempo i loro interessi; dimenticano che la che la stessa popolazione generale è democraticamente in quanto non è consapevole, non si applica per capire, non ricorda, non si coordina; dimenticano che tra i lavoratori, sotto la guida di un cattivo sindacalismo, si sono consolidate una mentalità e una prassi parassitarie e improduttive, sicché difendere i loro “diritti” ha risvolti e risvolti).
Facciamo l’inventario, o l’inizio dell’inventario, di questi dogmi nel nostro sistema, sempre più scossi e incrinati dalla pressione della realtà rimossa, limitandoci a quelli economici:
1) Dogma dei mercati efficienti: i mercati sono tendenzialmente liberi e trasparenti (moneta, credito, materie prime, energia non sono oggetto di monopoli e di cartelli), prevengono o correggono efficientemente le crisi e realizzano l’ottimale distribuzione delle risorse e dei redditi, abbassano i prezzi e le tariffe; puniscono gli Stati inefficienti e spendaccioni mentre premiano quelli efficienti e virtuosi, perciò la regolazione della politica va ultimamente affidata ad essi, non ai parlamenti.
2) Dogma della spesa pubblica: la spesa pubblica è la causa dell’indebitamento pubblico, il quale a sua volta è la causa delle tasse, della recessione e, dell’inefficienza del sistema; l’obiettivo è dunque tagliare la spesa pubblica come tale e affidare i servizi pubblici alla gestione del mercato, cioè alla logica del profitto.
3) Dogma dell’integrazione europea: l’integrazione europea è insieme benefica, possibile e inevitabile; chi si oppone si oppone a una tendenza naturale e storica, va contro la realtà e gli interessi di tutti; l’Europa quindi legittimamente detta le regole a cui tutti devono adeguarsi.
4) Dogma dell’euro moneta unica: l’euro moneta unica produce la convergenza delle economie europee, quindi sostiene l’assimilazione e integrazione tra i paesi europei, favorisce la crescita economica e la loro solidarietà.
5) Dogma della preziosità e della scarsità oggettive della moneta: la moneta non è un simbolo prodotto a costo zero, ma è un bene, una commodity, con un costo di produzione che giustifica il fatto che coloro che la producono (come moneta primaria o creditizia), in cambio di essa, tolgano grandi quote del reddito a chi produce beni e servizi reali.
6) Dogma dell’indipendenza della banca centrale: l’indipendenza della banca centrale dalla politica, dai governi e dai parlamenti non è vero che renda la politica dipendente dai banchieri, bensì assicura al paese un’adeguata disponibilità di liquidità e di credito, previene le bolle speculative e le crisi bancarie.
7) Dogma della riduzione dei salari: se si riducono i salari e i diritti dei lavoratori, se si rende liberi i licenziamenti e impraticabili gli scioperi, allora i costi di produzione calano, l’economia diventa più competitiva, la disoccupazione viene riassorbita, gli investimenti aumentano e diventiamo tutti più ricchi, e non è vero che la domanda interna cali.
8) Dogma dell’immigrazione benefica: l’immigrazione va accolta anche sostenendo grosse spese perché essa è economicamente benefica ed indispensabile per compensare l’invecchiamento e il diradamento della popolazione attiva, quindi per sostenere il sistema previdenziale e per coprire i molti posti di lavoro che gli italiani rifiutano; non è vero che tolga posti di lavoro agli italiani, che faccia loro concorrenza al ribasso sui salari, che serva come manovalanza alle mafie, che comporti un apprezzabile aumento della criminalità o dei costi sanitari o assistenziali.
I movimenti più o meno realmente antisistema denunciano di solito solo una parte di questi dogmi, quindi sono inidonei già sul piano teorico.
Carattere comune di questo catechismo propagandistico, è la censura od occultamento dei conflitti di interessi e di bisogni, e ancor più della lotta di classe in atto. Vediamo di fare impostare un inventario anche per le censure:
1) Soprattutto, il conflitto di interesse tra classi sociali, specificamente tra classe globale finanziaria improduttiva parassitaria speculatrice e le classi produttive dell’economia reale, legate ai loro territori, e sempre più private di potere sulle istituzioni nonché di quote di reddito in favore delle rendite finanziarie, attraverso una serie di riforme del sistema finanziario, del diritto del lavoro, delle costituzioni, e attraverso i trattati internazionali come quelli europei e come il WTO, che modificano dall’esterno le costituzioni.
2) Conflitto di interessi tra nord e sud d’Italia, in cui alcune regioni settentrionali patiscono un permanente trasferimento dei loro redditi in favore di alcune regioni meridionali onde tenere unito il sistema paese, ma questo trasferimento sta spegnendo le loro capacità economiche del nord e induce le loro aziende e i loro migliori lavoratori ad emigrare o cessare.
3) Conflitto di bisogni oggettivi tra paesi manifatturieri come Italia e Germania, nel quale la Germania ha interesse a tenere l’Italia entro una moneta comune per togliere all’Italia il vantaggio di una moneta più debole, quindi di una maggiore competitività rispetto alla Germania, così da prendere anche sue quote di mercato.
4) Conflitto di bisogni oggettivi tra paesi creditori, come la Germania, e paesi debitori, come l’Italia: i tedeschi, essendo detentori di crediti sia personali, previdenziali, da investimento, sia anche pubblici, sono interessati a mantenere forte il ricorso della valuta in cui quei crediti sono dedicati denominati, cioè l’euro – da qui l’esigenza di tenere stretti i cordoni della borsa, cioè di far scarseggiare la moneta per tenerne alto il corso; per contro l’Italia e gli italiani, essendo indebitati e avendo i loro investimenti perlopiù in immobili, hanno bisogno di una moneta meno forte.
5) Conflitto di bisogni tra paesi in recessione, che hanno bisogno di politiche monetarie espansive, e paesi in crescita, che hanno bisogno di politiche monetarie restrittive; e tra paesi ad economia manifatturiera-trasformatrice e paesi ad economia basata sui servizi finanziari e il commercio (Regno Unito): tutti conflitti che rendono dannosa l’unione monetaria, o meglio che fanno sì che la politica monetaria faccia gli interessi del paese più forte dentro di essa (Germania) a danno dei paesi meno forti.
6) Conflitto di interesse propriamente di classe tra imprenditori e lavoratori: i primi hanno interesse a togliere ai lavoratori quanto più possibile forza negoziale e capacità di resistenza, di sciopero, oltre che di salario.
7) Conflitto di interesse tra cittadini utenti e monopolisti/oligopolisti di servizi pubblici: questi ultimi hanno interesse a imporre tariffe sempre più alte in cambio di servizi sempre più scarsi, onde massimizzare i loro profitti; da qui la privatizzazione sistematica di tali servizi.
In conclusione, il regime, cioè il vigente sistema di spartizione del reddito tra le varie classi economiche – sistema che vede oggi la classe finanziaria prendersi quasi tutto il reddito disponibile ed erodere, attraverso l’indebitamento pubblico e le tasse, anche il loro risparmio – si regge su un consenso e un’acquiescenza ottenuti tanto mediante l’indottrinamento con dogmi, quanto con il sistematico nascondimento di conflitti di interessi che non devono apparire onde evitare che la gente percepisca il male che le viene fatto.
(Vi sono anche censure di segno pro-sociale, anti-liberista; ad esempio, molti che contestano il trend presente in chiave socialista, dimenticano che il settore pubblico spende in modo inefficiente e molto condizionato dalla criminalità burocratica, partitica, mafiosa e che quindi dargli più soldi da spendere non è la ricetta del successo; dimenticano che gran parte dei pubblici amministratori è fatta di persone tecnicamente incompetenti, o dotate di competenze prettamente giuridiche, cioè avulse dalla realtà, incentrate e limitate sull’applicazione delle norme facendo al contempo i loro interessi; dimenticano che la che la stessa popolazione generale è democraticamente in quanto non è consapevole, non si applica per capire, non ricorda, non si coordina; dimenticano che tra i lavoratori, sotto la guida di un cattivo sindacalismo, si sono consolidate una mentalità e una prassi parassitarie e improduttive, sicché difendere i loro “diritti” ha risvolti e risvolti).
Il complesso di dogmi e nascondimenti è stato costruito, con la
collaborazione dei media e dei politici (quasi tutti), come senso comune
socio- economico, cioè come una percezione comune, condivisa, della
realtà, che consente a una classe globale parassitaria di perfezionare
la spoliazione dei diritti e dei redditi delle altre classi, facendola
apparire come espressione naturale di leggi impersonali del mercato, non
come una guerra di classe. Di questo senso comune fa parte anche la
concezione del genere umano come di una competizione assoluta e totale
tra individui per la conquista della ricchezza e del potere – perché
questa è l’ide(ologi)a del mercatismo: il bellum omnium erga omnes, un
individualismo di massa (ciascuno è solo davanti allo schermo, davanti
alle tasse, davanti alle banche, davanti ai problemi di salute,
vecchiaia, disoccupazione; e soprattutto davanti a un sempre più
impersonale e grande datore di lavoro), senza diritti comuni, senza
solidarietà e garanzie, dove tutto è merce e prestazione, dove la vita è
riconosciuta solo come scambio di valori commerciali, dove tutto è
quantificato in debiti e crediti, dove è proibito agli Stati persino
introdurre tutele alla salute pubblica, se queste possono limitare il
profitto delle corporations (norme del WTO e del TTIP). Dove il lavoro
autonomo, le piccole imprese, i professionisti indipendenti, sono
vessati e costretti a cedere il campo o a confluire in grandi aziende,
mentre i lavoratori dipendenti sono impossibilitati a conservare i
propri diritti, conquistati con dure e lunghe lotte, dalla scelta
politica di mantenere il sistema economico, attraverso la pratica
dell’austerità (della anemizzazione monetaria), in una condizione di
diffusa disoccupazione e precarietà, che, combinata col diritto al
libero licenziamento e demansionamento dei lavoratori, priva questi di
ogni potere di lotta e contrattazione, rendendo pressoché impraticabile
lo sciopero.
Questo modello socio-economico, che viene costruito metodicamente, anche a livello legislativo e costituzionale, nazionale ed europeo, dalle nostre élites, e in Italia ultimamente dalla staffetta dei governi Berlusconi-Monti-Letta-Renzi (sotto la guida dei banchieri centrali e la locale regia di Giorgio I), è marktkonform, conforme e ideale per le esigenze del mercato e del capitale e del profitto; però mi pare non molto compatibile con le esigenze psicofisiologiche dell’essere umano, inteso sia come individuo, che come famiglia, che come comunità sociale – esigenze che comprendono una prospettiva stabile per la progettazione e l’impostazione della vita, per la procreazione e l’educazione della prole; ma anche ambiti di non mercificazione e di non competitività, e la garanzia di una dimensione pubblica sottratta alla logica del profitto finanziario.
Abbiamo generazioni di giovani che, se trovano lavoro, lo trovano a salari non solo bassissimi ma insufficienti (devono farsi in parte mantenere dalle famiglie, cioè il datore di lavoro pone parte del loro salario a carico delle loro famiglie), e a tempo breve, durante il quale devono prestarsi e piegarsi a tutto, a gara spietata tra colleghi (al ribasso), per sperare di essere ri-assunti. E quando iniziano ad invecchiare e non riescono più a tenere il ritmo, sono fuori. E la prospettiva della pensione diventa un miraggio. La scelta renziana di circondarsi di giovani collaboratori e parlamentari paga in forza del predetto meccanismo: questi giovani politici sanno che, se vogliono avere prospettive di conferma e carriera, devono sempre dire sì – a loro non serve una basa culturale e morale propria.
Mi pare ben possibile che un cosiffatto modello di controllo e sfruttamento sociale, nonostante tutti gli sforzi dei nostri illuminati leaders, si rompa semplicemente per la sua incompatibilità con i bisogni oggettivi dell’uomo – ossia, che la specie umana (nemmeno la sua componente cinese) non riesca a sostenerlo. Purtroppo, forse a causa del Peccato originale, non siamo infinitamente adattabili ai desideri dei banchieri, non siamo cioè perfetti, non partecipiamo alla pura e astratta perfezione dei numeri e delle cifre. La biologia non si lascia ridurre a ragioneria.
Se guardiamo alla storia, vediamo sempre, solo e dappertutto società che non si gestiscono dal loro interno per i loro interessi, ma sono gestite da padroni (oligarchie) esterni, che perseguono il duplice obiettivo di rinforzare il loro dominio sulla società, e di intensificare lo sfruttamento di essa. La migliore metafora di questa realtà, è quella del gregge, del pastore e del padrone del gregge. Oggi tecnologia e globalizzazione, quindi accentramento planetario degli strumenti di controllo, danno caratteristiche inedite a questo gioco di dominio e controllo, gli consentono di spingersi oltre ogni limite prima concepibile, di sottoporre l’uomo e la società umana a sollecitazioni estreme, a tensioni altissime, perché al contempo gli impediscono di sottrarsi, di sfuggire, di trovare condizioni di vita sane.
I vari sistemi di dominazione, nel corso dei secoli, si sono rotti tutti, prima o poi, per diversi fattori, e in generale a causa della complessità dei sistemi da controllare: prima o poi, da dentro o da fuori, qualche fattore fa saltare il gioco. Paradossalmente, e oggi più che mai, la più concreta ragione di speranza del genere umano sta proprio in questo, ossia nel fatto che finora tutti i tentativi umani di soggiogare definitivamente l’umanità sono falliti, si sono rotti. Speriamo quindi nel caos, che vinca ancora e presto, nonostante la tecnologia.
04.10.14 Marco Della Luna
fonte: marcodellaluna.info
Questo modello socio-economico, che viene costruito metodicamente, anche a livello legislativo e costituzionale, nazionale ed europeo, dalle nostre élites, e in Italia ultimamente dalla staffetta dei governi Berlusconi-Monti-Letta-Renzi (sotto la guida dei banchieri centrali e la locale regia di Giorgio I), è marktkonform, conforme e ideale per le esigenze del mercato e del capitale e del profitto; però mi pare non molto compatibile con le esigenze psicofisiologiche dell’essere umano, inteso sia come individuo, che come famiglia, che come comunità sociale – esigenze che comprendono una prospettiva stabile per la progettazione e l’impostazione della vita, per la procreazione e l’educazione della prole; ma anche ambiti di non mercificazione e di non competitività, e la garanzia di una dimensione pubblica sottratta alla logica del profitto finanziario.
Abbiamo generazioni di giovani che, se trovano lavoro, lo trovano a salari non solo bassissimi ma insufficienti (devono farsi in parte mantenere dalle famiglie, cioè il datore di lavoro pone parte del loro salario a carico delle loro famiglie), e a tempo breve, durante il quale devono prestarsi e piegarsi a tutto, a gara spietata tra colleghi (al ribasso), per sperare di essere ri-assunti. E quando iniziano ad invecchiare e non riescono più a tenere il ritmo, sono fuori. E la prospettiva della pensione diventa un miraggio. La scelta renziana di circondarsi di giovani collaboratori e parlamentari paga in forza del predetto meccanismo: questi giovani politici sanno che, se vogliono avere prospettive di conferma e carriera, devono sempre dire sì – a loro non serve una basa culturale e morale propria.
Mi pare ben possibile che un cosiffatto modello di controllo e sfruttamento sociale, nonostante tutti gli sforzi dei nostri illuminati leaders, si rompa semplicemente per la sua incompatibilità con i bisogni oggettivi dell’uomo – ossia, che la specie umana (nemmeno la sua componente cinese) non riesca a sostenerlo. Purtroppo, forse a causa del Peccato originale, non siamo infinitamente adattabili ai desideri dei banchieri, non siamo cioè perfetti, non partecipiamo alla pura e astratta perfezione dei numeri e delle cifre. La biologia non si lascia ridurre a ragioneria.
Se guardiamo alla storia, vediamo sempre, solo e dappertutto società che non si gestiscono dal loro interno per i loro interessi, ma sono gestite da padroni (oligarchie) esterni, che perseguono il duplice obiettivo di rinforzare il loro dominio sulla società, e di intensificare lo sfruttamento di essa. La migliore metafora di questa realtà, è quella del gregge, del pastore e del padrone del gregge. Oggi tecnologia e globalizzazione, quindi accentramento planetario degli strumenti di controllo, danno caratteristiche inedite a questo gioco di dominio e controllo, gli consentono di spingersi oltre ogni limite prima concepibile, di sottoporre l’uomo e la società umana a sollecitazioni estreme, a tensioni altissime, perché al contempo gli impediscono di sottrarsi, di sfuggire, di trovare condizioni di vita sane.
I vari sistemi di dominazione, nel corso dei secoli, si sono rotti tutti, prima o poi, per diversi fattori, e in generale a causa della complessità dei sistemi da controllare: prima o poi, da dentro o da fuori, qualche fattore fa saltare il gioco. Paradossalmente, e oggi più che mai, la più concreta ragione di speranza del genere umano sta proprio in questo, ossia nel fatto che finora tutti i tentativi umani di soggiogare definitivamente l’umanità sono falliti, si sono rotti. Speriamo quindi nel caos, che vinca ancora e presto, nonostante la tecnologia.
04.10.14 Marco Della Luna
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