Acqua, luce e gas: oggi la riscossione delle
tariffe è italiana, domani potrebbe non esserlo più. Proprio i servizi
vitali, che valgono «moltissimi miliardi» secondo il Tesoro, sono il
vero bottino della grande privatizzazione,
spacciata per “riforma”.
Obiettivo per il quale sono stati all’opera, ininterrottamente, i tre
governi messi in pista da Napolitano, senza elezioni: prima Monti, poi
Letta, ora Renzi. Missione comune: svendere il paese, usando
l’emergenza-spread e l’alibi del debito. Facilissimo: il boom del debito pubblico è la diretta conseguenza dell’austerity. Meno Pil, meno consumi, meno entrate fiscali. L’Italia, costretta a elemosinare gli euro attraverso i titoli di Stato filtrati dal sistema bancario che ha accesso alla Bce, va rapidamente in rosso. Col diktat del rigore, il debito pubblico esplode.
Così il momento si fa propizio: il Giorno dello Sciacallo si avvicina.
All’asta Poste Italiane e Telecom, poi si parla di Eni, Enel,
Finmeccanica. Ma il boccone grosso è un altro: rete elettrica,
acquedotti, gas. Reti e servizi da svendere. Prima, però, bisogna
scipparli ai legittimi proprietari: Comuni e Regioni. Ed ecco in arrivo
la “riforma” del Titolo V della Costituzione, cavalcata da Renzi.
Tutto già denunciato, a suo tempo, dalla
trasmissione “La Gabbia” condotta su “La7” da Gianluigi Paragone, molto
prima del “Patto del Nazareno” che ha reso evidente il piano oligarchico
Renzi-Berlusconi per archiaviare il “rischio” della democrazia, amputando il Senato e soprattutto varando una legge elettorale “ad personam”. Il blog “Senza Soste” segnala l’ottimo servizio realizzato
a settembre 2013 da Filippo Barone: “Italia, un paese in svendita”. In
tre minuti, il trucco delle “riforme” è svelato: «Siccome la svendita
delle quote statali di Eni, Enel e Finmeccanica farebbe racimolare solo
12 miliardi di euro,
il governo e i tecnici dei ministeri hanno individuato nelle
“utilities”, cioè le società di proprietà di Comuni e Regioni che
gestiscono beni comuni e vitali – acqua, luce e gas – come la vera
miniera d’oro da vendere ai privati per fare cassa». Con la “riforma del
Titolo V” della Costituzione, in poche parole, «lo Stato scipperebbe i
territori della gestione di questi beni, da poter poi vendere: tutto
questo sarà fatto da un governo illegittimo formato da persone non
elette, grazie a Napolitano».
Il video è fulminante. Parla l’economista ed ex banchiere centrale Fabrizio Saccomanni, allora ministro dell’economia del
governo Letta. Saccomani, al G-20 del luglio 2013 a Mosca, è «impegnato
a spiegare agli italiani che ci servono altri soldi, altri sacrifici,
perché non sappiamo come reggere il debito». Lo intervista un
giornalista dell’emittente finanziaria americana “Bloomberg”. Domanda al
ministro: come pensate di ridurre il debito? «Stiamo anche considerando
la possibilità di vendere le nostre partecipazioni in aziende
controllate dallo Stato». Dunque Eni, Enel, Finmeccanica? «Sì, stiamo
considerando questo». Quando, dopo alcuni minuti, la notizia arriva in
Italia, il ministero si affretta a smentire. «Peccato che il video sia
finito su Internet». Un paese in vendita ha bisogno di una vetrina dove
esporre la mercanzia, riassume il reporter de “La Gabbia”. E allora,
quale migliore occasione di una fiera? Bari, 14 settembre. Ci sono
«rappresentanti del ministero dell’economia,
il capo della Cassa Depositi e Prestiti (cassaforte del patrimonio
italiano), esperti di fondi sovrani e rappresentanti di governi
stranieri». Tutti d’accordo: svendere l’Italia è essenziale, urgente.
«L’Italia è stata colpita dalla crisi più
di altri paesi», dice Franco Bassanini, presidente della Cdp. «Quindi,
in Italia, oggi si possono fare investimenti e finanziamenti a
condizioni molto favorevoli: ci sono ottime opportunità di investimento,
in Italia». Bassanini, un tempo esponente della sinistra “riformista”
italiana, è oggi un super-tecnocrate passato armi e bagagli ai “signori
del mercato”, ai quali propone «ottime opportunità di investimento».
Dall’ufficialità del forum di Bari, il servizio de “La Gabbia” si
trasferisce nel party organizzato in un circolo privato, «al riparo da
occhi e orecchie indiscrete». Mentre l’Italia precipita, «si organizzano
incontri con uomini d’affari e fondi sovrani per vendere il vendibile».
E dato che l’appetito vien mangiando, dice il reporter Filippo Barone,
ecco il gran galà ben nascosto nel cuore del porto pugliese. Ricompare
Bassanini, impegnato a spolverare un piatto del buffet: «Io non mi
appassiono alle privatizzazioni», confida il capo della Cassa Depositi e
Prestiti. E ammette: «Le privatizzazioni vanno fatte con molta cautela,
perché il rischio della svendita è altissimo». Domanda: la cessione di
Finmeccanica, Eni ed Enel era solo una boutade di Saccomani oppure
corrisponde ai piani del governo? E qui arriva il colpo del ko: la
svendita delle migliori aziende di Stato non basta, bisognerà strappare
acqua, luce e gas alla gestione pubblica, regionale e comunale, e poter
vendere i servizi vitali, la vera preda a cui ambiscono i “mercati”.
Nel chiaroscuro felpato del party, la
risposta – chiarissima – arriva dal “numero uno” dei tecnici del
ministero del Tesoro, Lorenzo Codogno. Le cessioni di Eni, Enel e
Finmeccanica «hanno un senso», certamente, «ma il problema è che non
prendi tantissimo, perché – ho fatto un calcolo un po’ di tempo fa –
sono 12 miliardi, meno di 1 punto di Pil». Parola del responsabile della
direzione analisi economico-finanziaria del dipartimento, ieri retto da
Saccomanni e oggi da Padoan. Secondo Codogno, per abbattere il debito
non bastano Finmeccanica, le altre maxi-imprese dello Stato, gli
immobili pubblici. Serve, soprattutto, «il resto». E cioè «acqua, luce e
gas», o meglio, le “utilities” che ogni Comune gestisce per i propri
cittadini. «La vera risorsa – dice Codogno all’inviato de “La Gabbia” –
sono le “utilities” a livello locale: lì sono veramente tanti, tanti
miliardi».
Il problema – aggiunge il tecnocrate – è che
quei servizi «non sono nostri, dello Stato: sono dei Comuni, delle
Regioni. E quindi bisogna cambiare il Titolo V della Costituzione, ed
espropriare i Comuni e le Regioni». Letteralmente: “espropriare”.
Conclude l’inviato di Paragone: «Sindaci, preparatevi. Le aziende di
servizio devono finire in mano araba o cinese, poche storie». Gli
italiani? Non protesteranno, non se ne accorgeranno nemmeno. A loro
provvederà l’ottimismo di Matteo Renzi: servirà a presentare come
“vecchiume da rottamare” anche il Titolo V della Costituzione, cioè il
dispositivo legale che assegna agli enti locali l’autonomia finanziaria
per creare e gestire le reti di distribuzione dei servizi pubblici
vitali. Quelle che fanno così gola agli “investitori” esteri. Perché,
come dice il dottor Codogno, valgono «tanti, tanti miliardi». Basterà
gonfiare le tariffe, per incamerare utili stratosferici. E a quel punto,
l’Italia – come Stato – sarà tecnicamente estinta. E i cittadini, in
balia degli “usurai” di mezzo mondo, futuri padroni del paese.
2 commenti:
Io devo subire grazie a voi massa,
il detto ogni popolo ha il governo che si merita,
si e pure grazie a voi tutti devo sorbirmi queste amebe per merito di
creduloni ed egoisti.
L'italia la guida capitan schettino?
Che mentre era al timone la moldava gli faceva il giochino?
Che indecenza anche voi sbirri
che proteggete i vostri stipenducoli...proteggendo i delinquenti veri,
pagliacci gradassi e venduti.
Purtroppo, Caro Anonimo, non sei solo a dover subire la massa... :(
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