11 marzo 2013 = Tokio. A due anni da quel tragico 11 marzo 2011, le vittime del terremoto e lo tsunami, così come del successivo disastro nucleare di Fukushima, si sentono dimenticate dal governo giapponese. I morti accertati sono stati 15.800 nelle prefetture nord orientali di Iwate, Miyagi e Fukushima.
E se si aggiungono i dispersi si arriva a 18.574 morti. Ma a portare ora il peso della tragedia sono i sopravvissuti, fra cui le 160mila persone che sono state obbligate ad abbandonare le loro case nelle zone contaminate.
E se si aggiungono i dispersi si arriva a 18.574 morti. Ma a portare ora il peso della tragedia sono i sopravvissuti, fra cui le 160mila persone che sono state obbligate ad abbandonare le loro case nelle zone contaminate.
Katsutaka Idogawa, ex sindaco di Futaba, una cittadina a tre chilometri dalla centrale di Fukushima, racconta oggi che decise da solo di trasferire l'intera popolazione di 1200 abitanti a Saitama, 210 chilometri più a sud, una settimana dopo il disastro. Molti degli abitanti e circa la metà dei funzionari del comune stanno avendo problemi di salute, prosegue l'ex sindaco, che dopo il disastro ha perso tutti i capelli. In questi due anni Idogawa, che perde spesso sangue dal naso, e' gia' stato ricoverato due volte. "I bambini non dovrebbero vivere nella prefettura di Fukushima, dovrebbero essere evacuati tutti", aggiunge.
In realtà, oltre la zona di evacuazione di 30 chilometri attorno alla centrale, decine di migliaia di altre persone hanno abbandonato in questi due anni l'area di Fukushima. "Viviamo nell'ansia", racconta Toshio Urasawa, un abitante della città di Fukushima. I bambini non giocano più all'aperto, aggiunge, e mia figlia mi dice che "non troverà mai marito fuori dalla prefettura" perché tutti gli altri penseranno che è contaminata.
La situazione non è migliore per chi viveva nella zona di evacuazione ed è stato costretto ad andarsene. Sono 160mila persone, 91mila delle quali sono state sistemate in alloggi temporanei nella prefettura di Fukushima. Chi ha scelto di andare più lontano, per paura delle radiazioni, non ha ottenuto l'aiuto del governo per trovare alloggio.
Così è successo a Sachiko Mashio che aveva avviato da due anni un ristorante a Namie, 20 chilometri dalla centrale, quando è stata costretta di abbandonare tutto. La signora vive ora in una casa in attesa di demolizione ad Hatoyama, 230 chilometri più a sud ovest, trovata grazie ad una associazione di volontari, ma presto dovrà traslocare. "Sarà l'11esima volta, siamo distrutti fisicamente e mentalmente", racconta. La sua famiglia ha ottenuto un risarcimento dalla Tepco, la compagnia che gestiva la centrale prima di venir nazionalizzata, ma non è ancora riuscita a riavviare una propria attività a causa dell'incertezza dell'alloggio.
Le conseguenze della catastrofe pesano anche sulle popolazioni più lontane dalla zona contaminata, che furono però travolte dallo tusnami. A Ishinomaki, circa il 40 per cento dei 74mila abitanti vive ancora in piccoli alloggi temporanei nell'entroterra perché le case sulla costa non sono state ricostruite.
Molti giovani di Ishinomaki sono emigrati altrove in cerca di lavoro perché l'industria della pesca è stata messa in ginocchio, mentre gran parte dei negozi delle vie principali sono rimasti chiusi. Organizzazioni di volontari sono tutt'ora impegnate nella distribuzione del cibo agli anziani della città e fra gli abitanti crescono i casi alcolismo.
http://notizie.radicali.it/articolo/2013-03-11/intervento/fukushima-le-vittime-dimenticate-del-sisma-e-dell-incidente
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