- di Sandro Moiso -
Un po’ in ritardo rispetto al termine dell’anno scolastico, il Professore ha deciso di assegnare agli Italiani i compiti per le vacanze.
Li ha avvertiti:”La situazione è difficile, ma dobbiamo saper rispondere con uno scatto d’orgoglio nazionale e prepararci a nuovi sacrifici”. Peccato che sia facilmente prevedibile che i compiti più difficili non siano rivolti ai ragazzi delle famiglie bene che potranno usufruire di ripetizioni, disponibilità e sconti.
No, no! Toccherà come al solito ai ragazzi degli Istituti Professionali e Tecnici pagare il tributo più alto di sangue, sudore, lacrime e bocciature.
Si preparino quindi i candidati (lavoratori dipendenti, precari, disoccupati e pensionati…di ogni età) allo scatto d’orgoglio ovvero ad accettare con rassegnazione l’odiosa selezione di classe messa in atto attraverso la crisi economica e le ribalde manovre economiche che la accompagnano senza fine.
Qui di seguito è dato un ordinato eserciziario, stilato sulle baggianate più recenti, per dar modo ai lettori di Carmilla di prepararsi con fervore e profitto alle prove d’autunno.
Per aiutarli, senza esagerare, si sono formulate domande e risposte, poste al termine del questionario, in maniera però da non aiutare troppo i candidati e stimolarne la fantasia, la creatività, le conoscenze oltre che la rabbia e la giusta, e sempre santa, incazzatura.
Primo problema da risolvere: l’Euro sta bene ed è irreversibile, ma come mai vede calare il suo valore rispetto alle altre valute più significative, dollaro e yen? Saranno sufficienti i mantra di Draghi e dei suoi accoliti alla BCE per evitarne il “Titanico” naufragio?
Secondo problema da risolvere: il 2012 vedrà ancora il PIL scendere, ma a partire dal 2013 ci sarà ripresa…ma, allora, come mai Marchionne, come ampiamente prevedibile, sta chiudendo gli stabilimenti italiani superstiti (Mirafiori e Pomigliano) mettendo gli operai in cassa integrazione per i mesi a venire?
Terzo problema: lo spread continua a salire, nonostante i vigorosi interventi del governo, a causa della speculazione che colpisce i mercati europei, l’euro e l’Italia, ma allora perché si continuano a rassicurare i grandi investitori attraverso le parole di un Professore che è la diretta emanazione dei loro interessi? Forse che non è l’aumento degli interessi da pagare sui titoli emessi la prima fonte di aumento del debito pubblico (per l’Italia fin dai tempi della prima guerra mondiale)?
Quarto problema: si è fatto e si sta facendo tutto il possibile per il bene delle generazioni future e per i giovani e, allora, come mai la disoccupazione giovanile in Italia non è mai stata così alta e meno di un lavoratore su due trova un impiego a tempo indeterminato?
Quinto problema: mentre le borse affondano in un Maelström sempre più tempestoso, trascinando con sè titoli, banche e risparmi, il Professore si ricorda dell’economia reale e afferma che occorre rillanciarla…come?
E cosa vuol dire ? Che fino ad ora si è scherzato e che, come affermava Marx sulla scia di Smith, solo il lavoro produce valore e non la ricchezza?
Che occorrerà abbassare sempre di più i salari per renderli competitivi con quelli cinesi?
Sesto problema: occorrono maggiori investimenti per il rilancio produttivo e una drastica riduzione dell’imposizione fiscale, ma se poi le banche si tengono i soldi in cassa per coprire i buchi e favorire il club degli amici (dalle fondazioni ai Ligresti &co.) e si scopre che nei paradisi fiscali esistono tesori pari al PIL di USA e Giappone messi insieme che non hanno mai pagato un centesimo al fisco? Non è che sia tutta demagogia?
Settimo problema: non ci saranno altri tagli, ma intanto solo ai primi di agosto si sapranno esattamente i termini della riforma del lavoro e della spending review, che in quei giorni dovrà essere approvata senza opposizioni. Cosa devono attendersi ancora i dipendenti pubblici e tutti gli altri lavoratori? Quanto li può tranquillizzare la notizia di un “gabinetto di guerra” riunito in seduta permanente per fronteggiare le crisi di luglio e agosto?
Ottavo problema: Alcuni economisti e diversi giornalisti hanno iniziato ad osservare, giustamente, che l’economia dei Professori assomiglia sempre di più all’astrologia nelle sue previsioni, ma per conseguirne, poi, che altre politiche di ripresa sarebbero possibili…con le elezioni? Con un’alleanza di PD, Sel e chi altro? Con Grillo e Di Pietro? Con Casini?
Nono problema: la crisi finanziaria è alla radice del male e la speculazione ne peggiora le conseguenze, ma se si finisse con l’osservare, facilmente, che speculazione e crisi finanziaria derivano da una ormai asfittica accumulazione capitalistica in Occidente e da una crisi da sovrapproduzione legata ad un mercato ormai non più in grado di assorbire le nuove merci prodotte, non rimarrebbe forse in mutande l’intero establishment economico e politico?
Decimo problema: Europa e Stati Uniti stanno facendo ogni sforzo di collaborazione per uscire dalla crisi, ma, ancora, perché sia gli USA che gli stati europei conducono una guerra fatta di downgrade e di sfiducia nei titoli e nelle possibilità di recupero degli uni o degli altri? Non è che la coperta è diventata troppo corta e la finanza mondiale non è più in grado di coprire fattivamente le cifre da capogiro del debito accumulato?
E’ sempre più evidente che non è possibile reagire a questa stagione foriera di guerre e sventure rimanendo legati alle logiche quantitativo-produttivistiche che l’hanno generata né, tanto meno, alle logiche di rispetto delle regole finanziarie elaborate proprio dagli squali della finanza.
E che non vi è possibilità di uscita democratica e parlamentare da un sistema sociale ormai morto, anche se un governo determinato programmaticamente a non pagare più il debito, a nazionalizzare le banche, ad imporre una drastica patrimoniale progressiva sulle ricchezze e a perseguire penalmente, anche con il sequestro dei beni mobili ed immobili, ogni tentativo di esportazione di capitali (compreso il trasferimento all’estero delle imprese già dislocate sul suolo nazionale) potrebbe frenare l’attuale caduta libera dell’economia italiana.
Ma non sarebbe forse necessario anche ritirarsi da tutte le missioni militari all’estero e da tutte le alleanze militari e il contemporaneo annullamento di tutti i contratti per nuove forniture belliche oltre che la rinazionalizzazione di tutte le risorse naturali e di tutti i servizi di pubblica utilità (trasporti pubblici, poste, assistenza sanitaria e sociale)?
E per essere veramente efficace, tale programma di governo, non dovrebbe comprendere pure l’abbandono di tutte le opere pubbliche, e non, dannose per l’ambiente, il territorio e la salute dei cittadini e puntare ad una redistribuzione della ricchezza socialmente prodotta e ad una riduzione drastica della disoccupazione attraverso la riduzione dell’orario di lavoro, l’abbassamento dell’età pensionabile e l’istituzione di cantieri sociali per la realizzazione di opere di effettiva pubblica utilità?
Ma tutto ciò può essere realmente il programma di un governo democraticamente eletto? O forse non sarebbe meglio porsi l’undicesimo ed improrogabile quesito: Rivoluzione sociale o barbarie?
Un grande storico dell’economia e della società, Ernest Labrousse, affermava che:”Le rivoluzioni avvengono nonostante i rivoluzionari. Davanti al fatto compiuto i governi restano increduli. Ma il”rivoluzionario medio” non ne vuol proprio sentir parlare. Provate a ricordare il 1848, il 1830 e il 1789: chi era più certo del proprio futuro di Luigi Filippo? E chi era più sicuro di sè di Carlo X alla vigilia delle Tre Gloriose?*…Per tacere della Corte nel periodo maggio – giugno 1789.” (E.Labrousse, Come nascono le rivoluzioni, Bollati Boringhieri, Torino 1989, pag.215)
Esempi troppo distanti nel tempo? Inadatti? Ma se provassimo a ripercorrere una storia non così lontana, non ci accorgeremmo forse che il debito sulle spalle dei cittadini aveva assunto un peso insopportabile per una società dove, per la prima volta, si era iniziata a sognare la felicità collettiva perché, per la prima volta, si pensava che fosse davvero realizzabile? Oggi, un antropologo anarchico ed ispirato come David Graeber** non sta forse riscoprendo la stessa verità nel cammino delle rivolte sociali di ieri e di oggi?
E Robespierre non giunse forse a Parigi come un anonimo avvocato di provincia non ancora minimamente conscio del ruolo che quei sommovimenti gli avrebbero riservato? Perché attendere ancora i leader riconosciuti, i partiti DOC, i sindacati dormienti? La rivoluzione è già qui, ora proprio perché ne esistono già tutte le condizioni che precedono, anticipano e determinano, di conseguenza, quello che sarà il suo svolgimento reale e quelli che saranno i suoi protagonisti.
* Le Tre Gloriose sono le tre giornate del 27, 28 e 29 luglio 1830 durante le quali il popolo parigino, scontrandosi con le truppe del re, costrinse Carlo X a fuggire in Inghilterra abbandonando il trono.
**David Graeber, DEBITI – I primi 5.000 anni, Il Saggiatore, Milano 2012
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