La formazione di un pianeta terrestre richiede materiale grezzo che non era disponibile nella primitiva storia dell’Universo. Il Big Bang ha prodotto idrogeno ed elio; gli elementi chimici come il silicio e l’ossigeno, i componenti chiave delle rocce, hanno si sono formati nel corso del tempo dalle stelle, in particolare durante le esplosioni di supernove. Ma in quanto tempo e quanti elementi pesanti sono stati necessari per arrivare alla formazione dei pianeti?
Studi precedenti avevano mostrato che i pianeti giganti delle dimensioni di Giove tendono a formarsi intorno a stelle che contengono molti più elementi pesanti del Sole. Tuttavia, una nuova ricerca compiuta da un team guidati da Lars A. Buchhave dell’Università di Copenhagen hanno trovato che i pianeti più piccoli di Nettuno si trovano intorno a una grande varietà di stelle, tra cui quelle con meno elementi del Sole. Come conseguenza, i mondi rocciosi come la Terra potrebbero essersi formati più velocemente di quanto si pensava nella storia dell’Universo.
“Questo lavoro suggerisce che i mondi terrestri possono formarsi a qualsiasi epoca nella storia della nostra Galassia” ha affermato David Latham, dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics (CfA, Cambridge, Mass.). “Non sono necessarie molte generazioni precedenti di stelle”.
Latham ha svolto un ruolo chiave nel lavoro guidato da Lars A. Buchhave e che è stato pubblicato sulla rivista Nature. La ricerca è stata presentata presso il XXII Meeting dell’American Astronomical Society.
Gli astronomi definiscono gli elementi chimici più pesanti dell’idrogeno e dell’elio come “metalli”. Viene misurato il contenuto dei metalli, o metallicità, delle altre stelle utilizzando il Sole come campione di riferimento. Le stelle con molti elementi pesanti sono considerate ricche in metalli (metal-rich stars) mentre le stelle con pochi elementi pesanti sono considerate povere di metalli (metal-poor stars).
Latham e i suoi colleghi hanno esaminato più di 150 stelle di cui si sapeva circondati da pianeti sulla base dei dati ottenuti dalla sonda Kepler della NASA. Il team ha poi misurato le metallicità delle stelle correlandole con le dimensioni dei pianeti ad esse associate. I pianeti più grandi tendono a orbitare intorno a stelle con metallicità solare o con metallicità maggiore. Invece, i mondi più piccoli sono stati trovati attorno a stelle sia metal-rich che metal-poor.
“I pianeti giganti sembrano preferire le stelle più ricche in metalli, i più piccoli no” ha affermato Latham.
I ricercatori hanno trovato che i pianeti terrestri formano un grande range di metallicità, compresi i sistemi con solo un quarto del contenuto in metalli del Sole. Inoltre, le loro scoperte sostengono il “core accretion“, l’accrescimento del nucleo, un modello di formazione planetaria. In questo modello, la polvere primordiale si accumula in planetesimi di dimensioni piccolissime che poi dà origine ai pianeti veri e propri. I più grandi, con dimensioni circa 10 volte quelle terrrestri, possono raccogliere attorno a sè dell’idrogeno e quindi diventare pianeti giganti.
Il nucleo (o core) di un pianeta gigante deve formarsi velocemente poichè l’idrogeno nel disco protoplanetario si dissipa rapidamente, spazzato via dal vento solare in pochi milioni di anni. Le metallicità più alte possono sostenere la formazione di nuclei più grandi, spiegando in questo modo perchè abbiamo più probabilità di trovare un pianeta gigante gassaso che orbita attorno ad una stella metal-rich.
“Questo risultato si adatta bene con il modello del core accretion della formazione planetaria in modo naturale” ha affermato Latham.
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