Emilia: i vulcani di sabbia che hanno fatto cedere le case

Una serie di vulcani di sabbia a San Felice sul Panaro (fonte: Paola Montone/INGV)
Sono stati anche i cosiddetti "vulcani di sabbia" a provocare il cedimento di molte abitazioni in seguito ai terremoti che si stanno susseguendo dal 20 maggio in Emilia. 


‘’E' un fenomeno dovuto alla liquefazione della sabbia che avviene nel sottosuolo, sotto la spinta di una fortissima pressione’’, spiega la ricercatrice dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) Paola Montone, appena rientrata da una prima campagna di rilievi nelle zone del modenese colpite dal sisma del 20 maggio.


I vulcani di sabbia si formano ‘’soltanto in condizioni molto particolari. Avvengono quando nel sottosuolo, anche a pochissima profondità, si trovano strati di sabbia e argilla, come accade nella Pianura Padana’’, prosegue la ricercatrice. Anche a profondità di un metro o un metro e mezzo la sabbia, sottoposta ad una pressione molto forte, può passare dallo stato solido e compatto allo stato liquido. Questo accade perché l'acqua imprigionata nei pori dei grani di sabbia non è comprimibile e in risposta alla forte pressione la sabbia si trasforma in una sorta di fluido (o liquido pesante) e sale in superficie, formando i vulcani.


E' per questo che nelle zone del ferrarese e del modenese colpite dal terremoto è facile vedere successioni di piccoli vulcani, ognuno dei quali delle dimensioni di decine di centimetri, allineati in corrispondenza di fratture lunghe anche fino a 500 metri. "E' un fenomeno molto esteso - rileva Paola Montone - e che costituisce un pericolo per le case’’: nel momento in cui la sabbia sale in superficie il terreno cede.


I vulcani di sabbia non sono una caratteristica presente solo nella Pianura Padana. Sono stati osservati per esempio nel terremoto de L'Aquila del 2009, in Sicilia, in Calabria e sono stati documentati anche in Puglia, nel terremoto che ha colpito il Gargano nel 1627.
Ansa

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