Irritano la pelle dei bagnanti, intasano le centrali elettriche e creano non pochi problemi ai pescatori. E le noie sarebbero lungi dallo scomparire. Infatti, secondo uno studio dei ricercatori della University of British Columbia (UBC, Canada) pubblicato su Hydrobiology, le popolazioni di meduse sarebbero globalmente in aumento, soprattutto nelle zone soggette ad alto impatto antropico. In altre parole, aree dove la pesca eccessiva, il riscaldamento delle acque e l’inquinamento creano l’ambiente ideale per la riproduzione e la diffusione di questi animali.
“Negli ultimi anni si era parlato di un aumento delle meduse, ma a livello di aneddoti, senza uno studio globale che mettesse insieme tutti i dati esistenti fino a ora”, ha spiegato Lucas Brotz della UBC, a capo della ricerca: “Il nostro studio conferma queste osservazioni, con l'analisi delle informazioni disponibili dal 1950 a oggi su più di 138 diverse popolazioni di meduse nel mondo”.
Nella ricerca - basata su osservazioni pubblicate dai media, interviste, dati presentati su riviste scientifiche e non, di 45 dei 66 grandi ecosistemi marini globali - gli scienziati hanno rilevato un aumento delle popolazioni di meduse nel 62% delle regioni (un dato ricavato attraverso un sistema di fuzzy logic che, basandosi sull’attendibilità e sull'abbondanza delle informazioni, estrapola dei trend).
Tra le zone più interessate (quelle rosse e, in misura meno certa, quelle arancioni evidenziate sulla mappa) ci sono le coste orientali dell’Asia, il Mar Nero, il Mediterraneo, il Nordest degli Stati Uniti, l’Antardite, le Hawaii e le coste sudoccidentali dell’Africa. Le aree verdi invece sono quelle in cui la situazione è per lo più stabile, blu quelle in cui il numero sembrerebbe diminuire e grigie quelle per le quali non ci sono dati. Come spiegano gli scienziati, tra le aree maggiormente interessate dall’aumento delle meduse vi sono quelle generalmente più colpite da inquinamento, pesca eccessiva e riscaldamento delle acque.
Quello dell’aumento o meno, a livello globale, dei gelatinosi animali rimane comunque un argomento controverso. Un articolo apparso su Nature lo scorso febbraio, infatti, sottolineava come studiare le popolazioni delle meduse, e quindi capire se effettivamente siamo di fronte a un’invasione, fosse piuttosto complicato.
I problemi sarebbero sostanzialmente due: i dati esistenti sono pochi, si tratta di animali difficili da osservare e i loro complessi cicli vitali rendono ancora più complicato monitorare le popolazioni. Tanto che uno studio condotto da Robert H.Condon del Dauphin Island Sea Lab in Alabama (Usa), pubblicato su Bioscience, sostiene che non ci sia una base scientifica rigorosa a supporto della percezione diffusa dell’aumento di meduse. Forse l’analisi approfondita in corso dei dati raccolti dalla Jellyfish Database Initiative (JEDI), nata nel 2010 con lo scopo di monitorare globalmente le popolazioni di questi animali da parte di esperti e non, potrà fornire indicazioni più chiare.
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