Dalle immagini della camera HiRISE s’intuisce una serie di scosse sismiche avvenute sul Pianeta rosso. Lo studio mette a confronto i terremoti marziani con quello dell’Aquila del 2009. E ipotizza un’attività vulcanica in grado di sciogliere i ghiacci.
Magnitudo: sette. Vittime: verosimilmente nessuna. Epicentro: un punto imprecisato lungo la faglia di Cerberus Fossae, nei pressi del vulcano Elysium Mons. L’insolito bollettino sismico, in uscita il 23 febbraio sulle pagine del Journal of Geophysical Research – Planets, si riferisce a una serie di scosse avvenute qualche milione di anni fa sul pianeta Marte. Per gli standard geologici, tempi relativamente recenti. Ciò che ha permesso ai ricercatori che hanno firmato lo studio, fra i quali l’italiano Luca Guerrieri dell’ISPRA, di ricostruire la catena di eventi sono le immagini scattate da HiRISE, la macchina fotografica da 40 milioni di dollari a bordo della sonda NASA Mars Reconnaissance Orbiter (MRO). Immagini che rivelano un pattern di distribuzione dei macigni non spiegabile se non ipotizzando una serie di scosse sismiche.
I macigni oggetto dell’indagine, spiega il sismologo che ha guidato lo studio, Gerald Roberts del Birkbeck – University of London, sono massi dal diametro compreso fra i 2 e i 20 metri. Franati giù dai dirupi e disposti entro un raggio di 100 chilometri, il loro numero e le loro dimensioni decrescono mano a mano che ci si allontana dal punto centrale, situato lungo la faglia di Cerberus Fossae. «Una disposizione coerente con l’ipotesi che a muovere i macigni siano stati i tremori della terra, tremori la cui intensità è andata calando allontanandosi dagli epicentri dei martemoti», osserva Roberts.
Per valutare la magnitudo dei sismi marziani, i ricercatori hanno messo a confronto il pattern di distribuzione dei macigni, nonché la fagliazione della superficie marziana, con quelli osservati sulla Terra dopo il terremoto dell’Aquila. Nel caso del sisma del 2009, si è registrata la caduta di massi fino a circa 50 km dall’epicentro. Poiché l’area della superficie marziana nella quale si possono osservare i macigni spostati si estende per circa 200 km, la stima sulla magnitudo dei “martemoti” indica valori superiori a 7.0. Quanto all’epoca delle scosse, ciò che porta i ricercatori a ritenere che si tratti di eventi relativamente recenti è che le tracce lasciate dai macigni sulla superficie di Marte, regolarmente spazzata dal vento, sono tutt’ora visibili.
Ma le implicazioni più interessanti sono quelle relative al ruolo che potrebbero giocare i martemoti per la vita sul Pianeta rosso. Se le faglie lungo la regione di Cerberus Fossae sono attive, e a innescare i terremoti sono i movimenti nel magma del vicino vulcano, l’Elysium Mons, l’energia che l’attività vulcanica in atto sotto la superficie di Marte è in grado di rilasciare, sotto forma di calore, potrebbe essere sufficiente a sciogliere i ghiacci. E l’acqua allo stato liquido che ne risulterebbe, osservano gli autori dello studio, potrebbe dare origine a un habitat favorevole alla vita.
Nessun commento:
Posta un commento