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Difendere la biodiversita' per salvare la terra!

Difendere la complessità e l’interdipendenza delle forme di vita sul pianeta è l’unica garanzia di futuro: per tutti



Quando si parla dei cambiamenti climatici e socio-ambientali in atto, tendiamo a immaginare le peggiori situazioni catastrofiche proiettate nel futuro: lanciamo allarmi per quello che potrebbe essere, per le irrecuperabili perdite a venire o per il superamento di tanti punti di non ritorno rispetto all’attuale equilibrio geoclimatico, stabilitosi nel corso di migliaia e migliaia di anni. Eppure la catastrofe ecologica più importante, quella che ha e che avrà nell’immediato l’impatto più devastante sull’esistenza della specie umana la stiamo già vivendo. È la veloce perdita di biodiversità animale e vegetale in corso.
Un articolo della rivista Nature del settembre del 2009 (1) ha infatti posto all’attenzione di tutta la comunità scientifica e, volendo, dell’umanità in generale, il fatto che la perdita di biodiversità costituisce il primo problema che dovremmo fronteggiare, prima ancora del cambiamento climatico di cui tanto si parla. La stessa ONU – in un’insolita e tempestiva presa di coscienza – ha stabilito che il 2010 fosse l’anno dedicato alla biodiversità.
Ma cosa si intende esattamente con questo termine?

Una ricchezza incommensurabile

La biodiversità è la varietà degli esseri viventi, animali, vegetali e microrganismi, esistenti in natura. Inoltre si intende la varietà degli ecosistemi e dei loro equilibri. Lo stesso termine viene anche utilizzato per indicare la variabilità genetica all’interno di ogni singola specie e quel mondo di interrelazioni orizzontali e verticali tra i geni di tutte le specie e i legami che intercorrono tra esse. L’essenza della biodiversità è in sostanza la complessità nell’interdipendenza.
L’uomo non può astrarsi da questa interconnessione, sebbene gli ambienti artificiali che ha creato e in cui vive gli facciano sembrare la natura solo come un documentario per bambini in cerca di esotismo. Ma è “scientificamente dimostrabile” che sul cemento non cresce nulla, che la plastica non nutre e che un video, per quanto avvincente sia, non può sostituire la realtà che è il risultato dell’azione dell’essere umano nel suo ambiente naturale.
La questione della salvaguardia della biodiversità è ormai annosa. Già al vertice mondiale delle Nazioni Unite a Rio de Janeiro del 1992 venne firmata dalle controparti nazionali una Convenzione per la difesa del patrimonio genetico e delle specie esistenti. Anche a Johannesburg, nel 2002, al vertice mondiale dedicato allo sviluppo sostenibile, i paesi europei presenti si posero l’obiettivo di fermare la perdita di biodiversità entro il 2010. Promessa che, come tutti possono constatare, dati alla mano, è stata ampiamente disattesa.
Ma ridurre la biodiversità non significa solo impegnarsi per salvaguardare l’habitat di alcune specie in via di estinzione come il camoscio o l’ululone appenninici (come sta facendo il WWF con l’assegnazione del premio Panda d’oro ogni anno).
Anche intervenire sulla molteplicità delle specie coltivate ha un impatto di non poco conto in questa lotta per la vita. Per fare un esempio, si dice che solo qualche decina di anni fa le specie di patata coltivate nel mondo fossero migliaia (2). Ora ne sono rimaste pochissime coltivate su una scala degna di nota (sebbene ci siano piccoli segnali di controtendenza). Idem per frumento o riso e altri cereali di importanza fondamentale per l’alimentazione umana. Questa riduzione di specie e diversità espone l’umanità a maggiori rischi di carestie dovute a patologie vegetali cui piante omologate in tutto il mondo non sarebbero in grado di far fronte.
Nei millenni, la saggezza contadina dei vari popoli ha saputo individuare e preservare le specie vegetali più adatte ai vari climi e alle varie situazioni parassitarie. È una pura follia procedere, come si sta facendo, a questa “semplificazione” ingenerata solo da necessità legate al profitto e alla commercializzazione.
Ma la biodiversità è anche meccanismo ecosistemico ampliato.
Ad esempio, la stabilità del clima dipende anche dalla dinamica della biodiversità, con i suoi influssi sulla circolazione delle acque e sulla fertilità dei suoli. Tranne che per un 1% di gas nobili, l’atmosfera è interamente il prodotto delle emissioni degli organismi viventi sulla superficie della Terra, umani compresi.
La quantità di specie viventi non è ancora stata fissata definitivamente dagli scienziati e le cifre che possiamo trovare nei vari testi e autori sono molto discordanti.
In linea di massima possiamo azzardare un’ipotesi di questo tipo. In natura esistono:
5000 virus
4000 batteri
70.000 funghi
40.000 protozoi
40.000 alghe
250.000 piante
45.000 animali vertebrati
70.000 molluschi
75.000 aracnidi
950.000 insetti

Ma secondo altre fonti e altri studi le cifre differiscono di molto. Ad esempio, si parla di 1 o 1,5 milioni di specie per i funghi, di 500.000 specie per le alghe e addirittura da 8 a 100 milioni di specie per gli insetti. Periodicamente vengono scoperte nuove specie. Solo in una zona orientale dell’Himalaya negli ultimi dieci anni (1998-2008) sono state scoperte 350 nuove specie, che rischiano di scomparire prima ancora di essere conosciute. In quella stessa zona, sono infatti a rischio di estinzione 10.000 specie vegetali, 300 di mammiferi, 977 di uccelli, 176 di rettili, 105 di anfibi e 269 pesci di acqua dolce (3).
Quello che balza agli occhi di fronte a queste cifre è comunque la ricchezza stupefacente della vita sul pianeta, risultato di 3,5 miliardi di anni di evoluzione. Miliardi di anni che stiamo vanificando in pochi decenni di distruzione pianificata a ritmo da catena di montaggio.

L’olocausto silenzioso: i numeri

La perdita della biodiversità si ha quando una specie o una parte del suo patrimonio genetico o un ambiente naturale scompare per sempre. Le attività umane, dirette o indirette, sono a oggi il massimo fattore di scomparsa di specie viventi sulla Terra.
Nell’ultimo Living Planet Report (2008) il WWF denunciava la perdita, negli ultimi trent’anni, del 30% di tutte le specie del pianeta (il 51% delle specie tropicali, il 33% di quelle terrestri, il 35% di quelle di acque dolci e il 14% di quelle marine). Il tasso di estinzione odierno è fra le 100 e le 1.000 volte superiore al tasso naturale, ossia a quello senza interferenza umana.
Dalle “Liste Rosse” dell’IUCN (Unione mondiale per la conservazione della natura) (4), la più importante fonte di studio e classificazione delle specie viventi in via d’estinzione, apprendiamo che su un totale di 47.677 specie studiate, circa 17.291 (il 36%) sono minacciate di estinzione. Di queste, 875 specie (circa il 2%) sono già estinte o estinte allo stato selvatico in natura. Sono inoltre minacciati il 21% dei mammiferi, il 30% degli anfibi, il 12% degli uccelli, il 28% dei rettili, il 37% dei pesci di acqua dolce, il 35% degli invertebrati, e, ancor più angosciante se lo può essere, il 70% delle piante.
Il professor Norman Myers, esperto di biodiversità all’Università di Oxford, ha affermato che: «La perdita rapida di biodiversità a cui stiamo assistendo, se non contrastata, sarà la più grande in 65 milioni di anni di vita del pianeta e potrebbe essere come le sei estinzioni di massa dell’intera storia della Terra. La speranza è rappresentata da una strategia di conservazione che tuteli i “punti caldi della biodiversità” nel mondo, ovvero le 34 aree con eccezionali concentrazioni di specie animali e vegetali che si trovano di fronte a una grave minaccia di scomparsa degli habitat naturali. Alcuni di questi “punti caldi” contengono gli ultimi habitat per almeno metà delle specie di flora e due quinti delle specie di fauna confinate in meno del 2% della superficie terrestre» (5).

Minaccia uomo

Ma quali sono le attività umane causa di questi sfacelo?
Vediamo le più importanti:
- agricoltura intensiva e uso di pesticidi e fertilizzanti chimici;
- cementificazione, urbanizzazione del paesaggio, costruzione di strade e ferrovie e disseminazione degli abitanti su territori vasti con conseguente frazionamento di molti spazi e ambienti vitali per gli animali
- costruzione di barriere artificiali di vario tipo che riducono lo scambio fra le specie viventi e la possibilità di muoversi delle stesse;
- incanalamento e deviazione di corsi d’acqua, scomparsa di acquitrini, stagni e laghetti, alterazione degli equilibri idrici;
- deforestazione;
- eutrofizzazione dei mari da inquinamento;
- mutamenti climatici dovuti ai gas serra;
- industrializzazione selvaggia e diffusione di sostanze difficilmente o per nulla biodegradabili (plastica, sacchetti, veleni ecc.);
- piogge acide da inquinamento atmosferico;
- inquinamento luminoso e acustico;
- attività turistiche e di svago;
- specie invasive trasportate inavvertitamente che colonizzano territori dove non hanno antagonisti naturali;
- caccia e/o sfruttamento economico di particolari specie.

Il costo economico

Tutto questo ha un costo astronomico per l’umanità, anche dal punto di vista economico.
Purificazione di acqua e aria, protezione delle coste dalle tempeste, eutrofizzazione dei mari, mancata impollinazione, conservazione delle aree naturali costituiscono sicuramente un costo aggiuntivo di rilievo.
È stato calcolato che i costi del degrado degli ecosistemi a causa di una riduzione del tasso di biodiversità pari al 15% entro il 2050 sono quantificabili in qualcosa come 50 miliardi di euro l’anno (6).
Entro il 2050 la perdita di biodiversità costerà all’Europa 1.100 miliardi di euro (7). Che pagheremo noi. Con il nostro lavoro e la perdita di qualità delle nostre vite.
Secondo i ricercatori del progetto TEEB (The Economics of Ecosystems and Biodiversity) che si pone il fine di determinare in denaro i servizi che la natura garantisce agli esseri umani senza alcun costo, la perdita annuale delle foreste ci costa qualcosa come 2-5 trilioni di dollari (8).
Per avere un’idea della pusillanimità politica generale basti pensare che il budget messo a disposizione dall’Unione Europea per la tutela della biodiversità è di 120 milioni l’anno, meno dello 0,1% di quello totale europeo. Mangeremo polistirolo…
Sempre secondo Myers, le cifre da mettere in campo sarebbero decisamente diverse per ottenere risultati: «Si potrebbero salvaguardare i “punti caldi” della biodiversità con un bilione di dollari l’anno. Bisognerebbe sentire questo costo economico come un investimento. Basti pensare al grande valore commerciale delle innumerevoli medicine e dei prodotti farmaceutici basati sulle proprietà delle piante che si aggira intorno ai 60 bilioni di dollari l’anno» (9).

Le azioni personali

Se non possiamo aspettarci nulla dalle istituzioni preposte e dai nostri rappresentanti politici, allora che fare?
Ci permettiamo qui di elencare alcuni consigli su scelte che, se applicate quotidianamente ed estese orizzontalmente alla base della società, possono piano piano fare la differenza.
- Coltivare la terra in modo organico per permettere la rigenerazione della vita dei microrganismi. Raccogliere dei semi del proprio orto e giardino e riseminarli di anno in anno anche in vasi sul terrazzo per chi non ha terreno. Seminare piante e fiori autoctoni e di specie antiche, magari appoggiandosi alle banche dei semi che stanno nascendo in vari luoghi. Ovviamente è conseguenza diretta di quanto precede il privilegiare il consumo di prodotti biologici e locali.
- Mangiare in modo consapevole, evitando piatti a base di animali e soprattuto di quelli in via di estinzione o a rischio come zuppa di tartaruga, sushi di tonno rosso, cetriolo di mare ecc. Evitare anche prodotti alimentari che hanno un impatto importante sulla biodiversità come quelli derivanti da caccia o pesca che non rispettano la taglia minima, le specie protette ecc. Senza contare il cibo carneo (es. hamburger) o le colture “energetiche” (es. olio di palma per biodiesel) che derivano dalla deforestazione di vaste zone del mondo.
- Boicottare, se possibile, medicine “tradizionali” o cosmetici ricavati da animali o piante che stanno scomparendo (es. corno di rinoceronte, muschio di cervo, ossa e interiora di tigre ecc.).
- Installare nidi artificiali per agevolare la riproduzione degli uccelli in ambienti urbanizzati.
- Attivarsi per favorire la nascita di riserve naturali o parchi protettivi nella propria zona e soprattutto in areali rimasti isolati a causa della presenza circostante di ampie zone cementificate o con strade ad alto traffico.
- Consumare di meno e acquistare il necessario. Uscendo dalla mentalità dello shopping fine a se stesso eviteremo di consumare il pianeta e le sue risorse e di vederle trasformare in rifiuti intossicanti per tutte le forme viventi.
- Aprire la propria casa solo a materiali naturali, evitare il più possibile plasticoni, prodotti tossici, detersivi devastanti, imballaggi “da discarica immediata” ecc.
- Risparmiare sulle fonti energetiche utilizzate in tutte le maniere possibili (trasporto, riscaldamento, illuminazione ecc.). Di modi oggigiorno ce ne sono molti. Ogni diminuzione di gas serra aumenta le possibilità di futuro della biodiversità e quindi anche la nostra.
- Impegnarsi per cambiare lavoro se la propria attività è dannosa per la vita e la gioia sul pianeta. Meglio un lavoratore attivo in un comparto produttivo etico ed ecologico che mille volontari ecologisti nel tempo libero.
- Fermarsi ogni tanto a contemplare la natura. Basta anche osservare l’impegno e la dignità eccezionale con cui si muove e lavora una formica per la sua comunità. Percepire il senso di unione tra gli esseri viventi e la condivisione di un destino esistenziale comune aiuta a rispettare la vita in ogni sua forma.

Il valore della vita

Al di là di della riflessione che sino ad ora abbiamo portato avanti – e che per certi versi ricade sempre nell’alveo noto dell’utilitarismo che contraddistingue purtroppo questa società – ci premeva sottolineare che la biodiversità della vita ha un valore di per sé, indipendentemente dal fatto che noi umani possiamo trarne o meno dei benefici.
Ossia c’è, a nostro parere, la necessità assillante dell’assunzione di una responsabilità morale nei confronti del pianeta e degli esseri che lo abitano. Questa dovrebbe essere semplicemente la manifestazione della nostra umanità e della nostra intelligenza e rispetto per la vita in sé.
Se tuttavia ciò non bastasse, possiamo comunque ricordare che gli effetti devastanti della perdita di biodiversità incombono su molteplici aspetti cruciali della nostra esistenza come la fertilità dei suoli, il loro consolidamento e l’eliminazione dei rifiuti in essi contenuti a cura dei microrganismi che li abitano. E poi regolazione del clima e del bilancio idrico, produzione di piante medicinali e di cibo sano. Non ultimo, senza biodiversità niente possibilità di contemplare la variegata bellezza e armonia del mondo naturale.
Quando avremo perso tutto questo, a ben poco varrà vedere l’ultimo bellissimo videodocumentario del National Geographic.


http://www.stampalibera.com/?p=35971

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L'anomalia magnetica in Antartico crea un vortice spazio-temporale nel passato?


Un team di scienziati britannici ed americani si sono imbattuti accidentalmente in un evento alquanto misterioso e bizzarro mentre lavoravano su un progetto comune riguardante lo studio dei fenomeni metereologici. Il fisico americano Mariann McLein ed i suoi colleghi scienziati hanno confermato la comparsa di uno strano “vortice nebbioso” formatosi al di sopra della zona in cui stavano operando. Inizialmente il team ha pensato si trattasse di una casuale tempesta polare ma il vortice a spirale formatosi non si disperdeva anzi; nonostante le raffiche di vento che spostano le nuvole tutt’intorno, il vortice nebbioso rimaneva stazionario. Così gli scienziati hanno deciso di indagare sullo strano fenomeno; il gruppo dopo aver preso uno dei suoi palloni metereologici attaccandovi uno o più strumenti metereologici in modo da rilevare pressioni barometriche, velocità del vento, umidità e un cronometro scientifico per registrare i tempi delle letture ed aver assicurato l’altra estremità del pallone ad un argano l’ha rilasciato del vortice che lo ha letteralmente risucchiato al suo interno facendolo scomparire. Dopo qualche minuto hanno deciso di recuperare il pallone e nonostante qualche difficoltà con l’argano sono riusciti a portarlo a terra e controllare gli strumenti. McLein e compagni rimasero sbalorditi da quello che avevano osservato; il cronometro segnava la data riferita esattamente a dieci anni prima, cioè 27 gennaio 1965 anzichè 27 gennaio 1975.L’esperimento fu ripetuto più volte ma il risultato fu identico. L’episodio fu riferito in un secondo tempo ai servizi segreti militari e l’informazione fu trasferita alla casa bianca. Presumibilmente lo strano vortice, è in realtà un tunnel magnetico spazio-temporale, del quale i militari dell’intelligence sono a conoscenza. Esso infatti è soprannominato in codice “The time gate”, ovvero la porta del tempo.


E' curioso come lo strano fenomeno sia avvenuto proprio in prossimità della zona in cui fu scoperta una costruzione artificiale nell’aprile del 2001, attraverso alcuni scavi effettuati sotto il ghiaccio ad una profondità di 2 miglia da parte dei militari americani. In seguito a questa scoperta gli stessi militari cercarono di impedire che questa notizia trapelasse ma in realtà non fu così; infatti nonostante fu intimato ai media il silenzio stampa, la notizia secondo cui erano iniziati degli scavi in gran segreto in Antartide arrivò all’Europa, che protestò in maniera formale contro l’azione intrapresa dai militari americani e dal loro governo. “Se è qualcosa che l’esercito americano ha costruito lì, allora stanno violando il Trattato Antartico internazionale”, ha detto un assistente di Nicole Fontaine, al tempo in cui era presidente del Parlamento europeo. “Se non è così, allora è qualcosa che si trova in quel luogo da almeno 12.000 anni. Il che renderebbe la struttura la più antica della storia dell’uomo sulla terra. Al Pentagono dovrebbero ascoltare le richieste del Congresso e informarlo su qualsiasi cosa si nasconda in quel luogo “.

Tutto cio' fa credere veramente che i due elementi siano correlati.Infatti se il vortice osservato appare e scompare sopra l’antartide e se il fenomeno non è naturale, è lecito credere che esso sia generato da una tecnologia sconosciuta in profondità sotto la calotta glaciale,che sia in grado di controllare il passato, con implicazioni anche per il futuro.Se tutto ciò fosse vero,non c’è da meravigliarsi che i militari si interessino affinchè non si parli della questione.



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El Nino sarebbe originato dal magma incandescente sotto la crosta terrestre


El Niño-Oscillazione Meridionale, conosciuto anche con la sigla ENSO (El Niño-Southern Oscillation), è un fenomeno climatico ricorrente che si verifica nell'Oceano Pacifico centrale in media ogni cinque anni, ma con un periodo variabile di tre anni,
Ogni 2-7 anni, questo disturbo climatico porta inondazioni in California, la siccità in Australia, e la carestia in Africa.
Conosciuto come El Nino, è essenzialmente un riscaldamento delle acque superficiali nel Pacifico orientale vicino all'equatore,che avviene proprio in corrispondenza di un'area in cui convergono tre placche tettoniche e quindi di intenso vulcanismo sottomarino.
Anche se gli scienziati comprendono i meccanismi di El Nino, le sue origini sono ancora da determinare.
La maggior parte crede che l'interazione tra l'atmosfera e il mare genera "in qualche modo" questo disturbo climatico che semina il terrore su quelle regioni del mondo che si trovano sul suo cammino.
Ma ora una nuova teoria sulle origini di El Nino è stato proposto e, sorprendentemente, ha poco a che fare con l'atmosfera o nel mare della quale le evidenze sembrano dimostrare alcuna correlazione concreta.
La nuova teoria suggerisce che il motore principale dietro El Nino è il magma incandescente che zampilla tra le placche tettoniche del Pacifico mare-terra.
Il magma in risalita riscalda le acque sovrastanti sufficientemente per influenzare la superficie dell'oceano, e avviare la cascata di eventi che porta a l'ira di El Nino.


I punti rosso-caldi sopra l'equatore potrebbero essere tranquillamente il calore emesso dalle attività vulcaniche sottomarine.

Un motivo per cui El Nino avviene con una maggior ciclicità rispetto a decenni prima,potrebbe stare nel fatto che con l'indebolimento del campo magnetico terrestre all'interno del nostro pianeta le correnti magmatiche tendono a risalire con maggior velocità lungo l'equatore,non solo influenzando il vulcanismo e l'attività sismica lungo l'equatore ma anche alle medie latitudini fino all'Islanda,come ho evidenziato più volte trovando una notevole corrispondenza tra le attività di El Nino in crescita e decrescita e le eruzioni dei vulcani islandesi.
Il motivo per cui il magma risalirebbe verso l'equatore e le medie latitudini stà nel fatto che la Terra ruotando è più schiacciata ai poli e maggiormente espansa all'equatore,le correnti convettive del mantello potrebbero funzionare allo stesso modo.
Per dimostrare questa teoria uso come esempio il vulcano Tambora che nel 1815 esplose in una colossale eruzione,responsabile nel 1816 dell'Anno Senza Estate,ebbene nel 1814,l'anno prima ci fu un fenomeno di El Nino,quindi se la teoria fosse errata non troverei corrispondenze al massimo di un'anno di fenomeni di El Nino,durante le successive eruzioni di questo vulcano.
Nel 1819 il vulcano ebbe un'altra piccola eruzione(VEI = 2),e in quello stesso anno vi fu un fenomeno di El Nino.
Un'altra eruzione si ebbe nel 1967,e fu preceduta l'anno prima,nel'66 da un fenomeno di El Nino.
Il vero fattore di El Nino si trova sotto le placche tettoniche ed è anche in grado di dar origine a nuovi vulcani.
Un'esempio lo troviamo in Messico nella nascita del vulcano Paricutin.
Questo vulcano nacque nel 1943,durante un periodo di El Nino e l'eruzione lavica durò per ben 9 anni.


L'eruzione durò 9 anni e la lava avanzò per una decina di chilometri, non ci furono vittime perché la popolazione ebbe sufficiente tempo per mettersi in salvo, ma seppellì due centri abitati: Paricutín e San Juan Viejo Parangaricutiro (Parhikutini e Parangarikutirhu in purépecha). Il primo fu totalmente cancellato: vicinissimo al punto in cui si trovava c'è ora il cratere del vulcano; del secondo resta visibile solo la torre sinistra della facciata della chiesa e la parete posteriore con l'altare.
Un'altro esempio lo troviamo con la nascita di Surtsey,dalle profondità dell'oceano Atlantico.
L'eruzione vulcanica che la formò, iniziò a 130 metri sotto il livello del mare e raggiunse la superficie il 14 novembre 1963. L'eruzione probabilmente iniziò alcuni giorni prima e durò fino al 5 giugno 1967, quando l'isola raggiunse la sua massima estensione pari a 2,7 km².
Nel 1963 vi fu anche un evento di El Nino,che seppur di bassa intensità,la sua presenza prova ancora una volta questa correlazione tra El Nino e il vulcanismo sottomarino.


Le eruzioni sottomarine che hanno creato Surtsey sono parte del sistema vulcanico sottomarino Vestmannaeyjar (in islandese: isole dell'uomo dell'ovest) facente parte della Dorsale Medio Atlantica, una immensa fenditura del fondale marino lungo la quale si verificano numerosi fenomeni sismici e vulcanici.
Le eruzioni di Surtsey proseguirono fino al 1965,anch'esso un anno di intenso El Nino,e terminò nel 1967,quando ormai El Nino si era esaurito.
Probabilmente il momento in cui avviene El Nino,corrisponde alla maggior probabilità di intense attività vulcaniche,che sia debole,modesto o forte,anche se talvolta la pressione magmatica all'interno di un vulcano può rimanere tale fino a quando non sopraggiunge anche una Nina.
Un'altra corrispondenza di un'anno la possiamo trovare con la nascita dell'isola di Ferdinandea nel 1931,tale eruzione fu preceduta nel 1930 da un El Nino,e lo stesso fenomeno si verificò alla fine dell'anno quando nel 33-34 vi fu un'altra intensa attività di El Nino.
El Nino sembra essere un vero e proprio motore di origine magmatica che periodicamente,da il via a forti attività vulcaniche riscaldando i mari e generando potenti eruzioni sulla terraferma,dando origine dal fondale anche a nuove isole di origine vulcanica come Surtsey.
Una volta che il mare si riscalda avvengono tutti i cambiamenti climatici conosciuti come siccità in alcune aree,e alluvioni in altre causate da un'intensa evaporazione della superficie marina che ricade sottoforma di precipitazioni piovose o nevose,dipende dal posto.
I forti El Ninos della Piccola Era Glaciale sono stati probabilmente i responsabili dell'avanzata dei ghiacciai montani e Groelandesi.
E se andassimo ancora più indietro nella storia sembrerebbe certo che la presenza di 3 chilometri di ghiaccio sul Nord America e sull'Eurasia furono provocati dal caldo quanto che dal freddo.


Il calore causa una massiccia evaporazione,ma per causare una simile evaporazione per formare gli strati di ghiaccio delle glaciazioni l'intero fondale marino sarebbe dovuto essere inondato da enormi colate di roccia fusa che si sarebbero sovvrapposte strato su strato,raffreddandosi a causa della bassa temperatura del fondale,e venendo a loro volta ricoperte da colate di lava rovente,che avrebbe riscaldato gli oceani al punto critico.
Ovviamente non si tratta di El Ninos come quelli di oggi,nemmeno come quello del 1998,ma probabilmente furono tanto forti da sconvolgere anche i vulcani della terraferma che coprendo il cielo con dense nubi di cenere,avrebbero convertito il vapore emesso in piogge torrenziali lungo l'equatore,e nevicate eccezionali alle zone polari e quelle temperate,senza tale meccanismo difficilmente si sarebbero avute le glaciazioni.
La neve si converte in ghiaccio,sotto il suo stesso peso,una volta superati i 30 metri di spessore.
L'Antartide e la Groelandia sono la prova lampante del calore che ha preceduto le glaciazioni,ricoperti come sono da 5 chilometri di ghiaccio,sebbene ancor'oggi siano tra le aree più aride del pianeta.

http://expianetadidio.blogspot.com/


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Clima planetario nel caos: tempeste di vento devastano tutto il pianeta!


27 Novembre 2011 - STOCCOLMA - Una tempesta ha devastato il sud-ovest della Svezia  interrompendo la fornitura di energia elettrica di circa 12.000 abitazioni ed i collegamenti via mare tra la Svezia e la Germania. La compagnia di navigazione Scandlines  ha cancellato le sue operazioni tra città svedese Trelleborg e Sassnitz a causa della tempesta per tutta la giornata di Domenica.L'istituto di Meteorologia svedese ha emesso un avviso di tempesta di classe 3, il suo livello più alto, dicendo che il vento estremo potrebbe rappresentare pericolo per il pubblico e interrompere i servizi. - Las Vegas Sun

Un raro Sistema meteorologico sta per colpire la California : TWS 'Southern California Weather Authority ha emesso una bollettino meteo speciale per un sistema di scorrimento interno che potrebbe interessare il sud-ovest degli Stati Uniti tra Giovedi e Venerdì.La dichiarazione delinea una preoccupazione per i forti venti nel sud della California.Il "Southern TWS 'Autorità Meteo Californiano continuerà a monitorare questa tempesta, che è stata ufficialmente chiamata"Fede "con una categoria da determinare sulla scala SCWXA. - The Weather Space

Sri Lanka, colto di sorpresa : L'agenzia meteo non è riuscita a dare segnalazione tempestiva dei forti venti di burrasca che hanno causato il caos nel sud del paese Venerdì. Una tempesta di vento ha provocato 19 morti e 35 dispersi. Le zone più colpite sono state quelle costiere di Galle e Matara, dove sono stati confermati 17 persone e 35 morti, i venti hanno raggiunto 70 chilometri devastando circa 1010 case lungo la costa meridionale - Sunday Time


Scozia venti di burrasca: Gravi venti di burrasca nelle zone settentrionali del paese.Le aree più colpite sono state Orkney, Caithness, Sutherland e Western Isles. I venti hanno raggiunto raffiche fino a 70 miglia all'ora. Il Met Office ha emesso avvisi di allerta per le Highlands, le Orcadi e le Shetland e parti di Grampian, dove i venti potrebbero diventare di tempesta. - AFP


Finlandia colpita da forti venti e neve: La tempesta che ha colpito la Finlandia da ovest sta portando condizioni stradali pericolose in molte zone del paese. Secondo le previsioni del Finnish Meteorological Institute (FMI) potrebbero cadere tra 10 e 20 centimetri di neve che potrebbero interessare anche la costa sud, venti burrasca stanno interessando la zona. - YLE.fi

Canada: la Polizia consiglia ai residenti di Calgary di rimanere in casa : venti forti hanno scatenato il caos in tutta la citta'. La polizia ha invitando i residenti a rimanere in casa,detriti volanti sono diventati un pericolo per strade della citta'. Venti distruttivi hanno abbattuto alberi e persino strappato tre bracci LRT attraversamento, causando ritardi. La polizia ha chiuso la strada a pedoni e il traffico lungo la 7th Avenue e la 3rd Street SW dopo le notizie di molteplici finestre rotte a TD Square. Il vento ha strappato via il tetti e distrutto finestre. 
- Edmonton Journa


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A Mason County a Washington i salmoni attraversano una strada!

I salmoni sono dei pesci strani, che rispetto a molti altri animali acquatici, fanno lunghi percorsi nuotando nei torrenti e nei fiumi contro corrente. Ma non è sempre così. Può capitare, infatti, che in circostanze piuttosto strane i salmoni si trovino a dover nuotare non solo nei torrenti ma anche sulle strade e quindi oltre a nuotare contro corrente, devono fare molta attenzione nell’attraversamento, per non rischiare di essere investiti.


È questo quello che è capitato a dei salmoni a Mason County, a Washington, dove le forti piogge degli ultimi periodi, hanno aumentato il livello di molti corsi d’acqua e cosi, anche i pesci, in questo caso i salmoni, sono finiti fuori dal letto del fiume.
Sembra proprio che i salmoni non si curino del fatto che stanno nuotando su una strada invece che del fiume. Si tratterebbe di un comportamento normale, stando a quanto dichiarato da uno specialista nel comportamento di questi pesci.


Pare, infatti, che nonostante le avversità, nel periodo della deposizione delle uova, i salmoni sono talmente ossessionati dal raggiungere la metà per la deposizione, da non fare minimamente caso a tutto il resto. Almeno, per fortuna, nessuno li cattura e li lasciano portare a termine, con fatica, la loro missione.

Esplosione solare scaraventa particelle ad alta energia in direzione della terra!

‎26 Novembre 2011 -  una tempesta di radiazioni è in corso. I protoni che compongono questa tempesta sono stati accelerati verso la Terra dalle onde d'urto di una CME (Espulsione di Massa Coronale) che e' partita dal sole intorno a 0700 UT del 26 nov. Questo evento potrebbe avere un effetto ad alta latitudine su comunicazioni radio nella banda delle HF. Un flusso di vento solare che scorre dal foro sud coronale (vedi sopra) potrebbe raggiungere la Terra fin dal 29 novembre. La Velocità del vento solare è attualmente 364 km / sec con una densità di 4,3 protoni / cm 3.

Il vento solare rilascia intense particelle ad alta energia che possono generare delle radiazioni dannose per gli esseri umani, allo stesso modo delle radiazioni nucleari a bassa energia. L'atmosfera e la magnetosfera terrestri agiscono fornendo una adeguata protezione a livello del suolo, ma gli astronauti nello spazio sono soggetti a dosi potenzialmente letali di radiazioni ionizzanti. La penetrazione di particelle ad alta energia nelle cellule può causare il danneggiamento cromosomico, il cancro ed altri problemi di salute. Alte dosi potrebbero essere fatali.

I protoni solari con energia superiore ai 30 MeV sono particolarmente pericolosi. Nel mese di ottobre del 1989, il Sole produsse particelle tanto energetiche da poter causare la morte di un astronauta che si fosse trovato sulla Luna con la sola protezione della tuta spaziale.
I protoni solari possono produrre problemi di radiazioni anche a bordo di voli di linea alle elevati altitudini. Sebbene questi rischi siano bassi, il monitoraggio delle emissioni solari consente di valutare un eventuale cambio del piano di volo.-Space Weather


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Uno sciame sismico di 700 scosse scuote El Salvador!

26 Novembre 2011 - SAN SALVADOR ( Reuters ): più di 700 terremoti di lieve entita' hanno colpito la parte orientale di El Salvador in poco piu' di 24 ore, danneggiando decine di abitazioni, ma fortunatamente non provocando alcun ferito. Lo sciame di scosse,e'iniziato Giovedi' con intensita' variabile da 1,8-4,6 della scala Richter,la maggior parte degli eventi si sono verificati nel comune di El Carmen, situato a 163 km ad est della capitale San Salvador. Jorge Melendez, responsabile della protezione civile, ha dichiarato che Venerdì 80 case sono state danneggiate dai tremori.In un ospedale della zona si sono aperte delle crepe sui muri, ma nessun danno strutturale e' stato arrecato alla struttura.


Truppe dell'esercito sono state inviate per monitorare le aree danneggiate. Mentre le autorità non hanno ancora ordinato evacuazioni, molti abitanti di El Carmen hanno scelto di dormire all'aperto e l'esercito sta allestendo delle tendopoli. El Salvador ha subito due forti terremoti 10 anni fa: uno di magnitudo 7.6 nel gennaio 2001 e un'altro di magnitudo 6,6 un mese dopo. I terremoti uccisero oltre 1.150 persone e lasciarono circa un milione senzatetto. El Savador è una regione situata al confine di subduzione turbolento tra la placca Cocos e quella dei Caraibi lungo il quale si sono originati numerosi vulcani. Come si può vedere dalla mappa.
http://thestar.com.my/news/story.asp?file=/2011/11/26/reutersworld/20111126121101&sec=reutersworld

 


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