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Scoperta una Super Terra potenzialmente abitabile



Scoperta una nuova Super-Terra molto simile al nostro pianeta. È HD 40307g. Un team internazionale di astronomi, guidato da Mikko Tuomi dell’Università di Hertfordshire, e Guillem Anglada-Escude dell’Università di Goettingen, ha rintracciato un esopianeta che potrebbe avere un clima simile a quello terrestre, quindi potenzialmente adatto ad ospitare la vita.



La nuova Superterra si trova nella zona abitabile della stella HD 40307, e fa parte di un sistema formato da sei pianeti. In passato, gli scienziati pensavano che il sistema contenesse soltanto tre pianeti, in un’orbita troppo vicina alla stella per avere acqua allo stato liquido. Ma adesso hanno scoperto tre nuove super-Terre in cui il clima potrebbe davvero esserefavorevole alla vita. La stella HD 40307 è leggermente più piccola e meno luminosa del nostro Sole. Gli astronomi avevano già individuato le tre super-Terre, ma nel nuovo studio, il team di ricerca ha analizzato nuovamente le osservazioni del sistema HD 40307 realizzate dallo strumento HARPS.


Dei nuovi pianeti, quello che più ha attratto l’interesse dei ricercatori è quello con l’orbita più esterna e più distante rispetto alla stella. Esso ha una massa almeno sette volte quella della Terra, ma la sua orbita intorno alla stella ospite si trova ad una distanza simile a quella dell’orbita terrestre attorno al Sole. Di conseguenza, secondo gli esperti, potrebbe ricevere la stessa quantità di energia dalla stella di quella che la Terra riceve dal Sole, aumentando le probabilità che esso sia o sia stato abitabile.

Ma c’è di più. Guillem Angla-Escude ha spiegato che la stella HD 40307 è ormai piuttosto vecchia, motivo in più per ritenere che possa essere simile al sistema Terra-Sole. All’inizio di quest’anno, la sonda Keplero ha trovato un pianeta con un’orbita simile, ossia Keplero 22d, che si trova a 600 anni luce dalla Terra. Ma la nuova super-Terra è molto più vicina, trovandosi a 42 anni luce dal nostro pianeta.

Mikko Tuomi ha commentato: “Scoperte come queste sono davvero entusiasmanti, e tali sistemi saranno gli obiettivi naturali della prossima generazione dei grandi telescopi, sia da terra che dallo spazio.”

Francesca Mancuso

E' necessaria una strategia di uscita dall'Euro!


di Emiliano Brancaccio*


Merkel smentisce Monti: altri cinque anni di crisi. Ma questa colpisce duro in maniera diseguale. L'euro accresce i fattori di squilibrio. Chi pensa che a causa della calma apparente dello spread la moneta unica l'abbia scampata si sbaglia. Per essere più precisi: l'euro è tenuto in piedi, prima ancora che dalla Bce, dal fatto che i popoli subiscono i programmi di austerità e affamamento. L'euro sembra dire, anzitutto al popolo lavoratore italiano: mors tua, vita mea.

L’aspetto più inquietante dell’ultimo rapporto ISTAT non risiede nella notizia che la disoccupazione in Italia ha fatto registrare l’ennesimo picco. L’allarme principale riguarda il 2013: per l’anno prossimo l’istituto nazionale di statistica prevede ancora recessione e un incremento ancor più accentuato dei senza lavoro. L’ISTAT conferma così lo scenario depressivo che era stato già evocato ad ottobre dal Fondo Monetario Internazionale, con una pesante revisione al ribasso delle previsioni future di crescita della zona euro e soprattutto dell’Italia. Il quadro che si prospetta è dunque dei più funesti, ma in fondo non dovrebbe meravigliare. Due anni e mezzo fa, ai primi cenni della crisi europea, duecentocinquanta economisti pubblicarono una “Lettera” che lanciava l’allarme sui pesantissimi effetti recessivi che le politiche di austerity avrebbero determinato. Un appello profetico, che rimase inascoltato. Il risultato è che oggi precipitiamo nella depressione senza nemmeno intravederne il pavimento.

Le stime degli istituti di ricerca appaiono particolarmente impietose per il governo italiano. Esse ci dicono che tra il professor Monti, che con voce sempre più incerta tuttora favoleggia su una fantomatica «luce in fondo al tunnel», e la signora Merkel, che brutalmente ci comunica che non usciremo dalla crisi prima di cinque anni, la cancelliera tedesca appare molto più in sintonia con la realtà dei dati economici.

Del resto non è la sola, dalle sue parti: a Berlino in tanti ormai riconoscono che le politiche di taglio della spesa pubblica e di aumento della pressione fiscale deprimeranno i redditi e l’occupazione molto più a lungo e più intensamente di quanto si fosse disposti ad ammettere qualche mese fa. Sbagliano però i commentatori che interpretano questa presa d’atto della Merkel come un sintomo di ripensamento sugli effetti dell’austerity. Questa speranza è diffusa soprattutto tra le file della sinistra francese e nostrana, ma sembra mal riposta. 


Gli europeisti speranzosi dovrebbero infatti rammentare che questa crisi ricade in modo asimmetrico sul continente. La Germania la subisce in misura molto meno accentuata di noi e degli altri paesi del Sud Europa, e per molti versi riesce persino a sfruttarla a proprio vantaggio. Basti notare che dal 2007 ad oggi in Italia abbiamo perso settecentomila posti di lavoro, mentre l’economia tedesca ha fatto registrare un milione e seicentomila nuovi occupati. Anche la distribuzione sul continente dei fallimenti aziendali riflette questa profonda asimmetria europea. Ma soprattutto, sembra sfuggire ai più che la crisi sta determinando una caduta del valore relativo dei capitali industriali e bancari dei paesi del Sud Europa. I grandi possessori di liquidità, in buona parte situati in Germania, potranno sfruttare in misura crescente questi deprezzamenti per fareshopping a buon mercato alle nostre latitudini, col risultato di depauperarle ulteriormente.

Insomma, le autorità tedesche e i gruppi d’interesse prevalenti in Germania leggono i dati della crisi con più onestà del nostro establishment, ma non sembrano per questo intenzionati a modificare l’orientamento della politica economica europea. La Merkel e i suoi ammettono che la traversata nel deserto della crisi sarà lunga. Essi tuttavia sembrano concepirla come una sorta di passeggiata “purificatrice”, che lascerà un bel po’ di vittime per strada ma che proprio per questo favorirà il processo di egemonizzazione tedesca dell’economia europea. Al di là delle scaramucce nel consiglio direttivo della Bce, lo stesso Draghi ha assecondato questa visione, considerando la minaccia dellospread il più efficace propulsore delle “riforme” imposte da Berlino. Di fronte a queste poco rassicuranti evidenze, l’europeista speranzoso tuttora confida in una svolta keynesiana guidata dai socialdemocratici tedeschi. Ma a ben guardare nemmeno questi sembrano desiderosi di prender le distanze dall’attuale concezione “imperiale” della ristrutturazione europea. Anzi, talvolta tendono ad attaccare la Merkel proprio sul versante del “rigore”, esigendo dalla cancelliera una fedeltà se possibile ancor più cristallina alla dottrina dell’austerity.

Forse, anziché limitarsi a sperare, la sinistra europeista potrebbe iniziare a interrogarsi. Per esempio: se le buone intenzioni di riforma dell’Unione europea indicate nella “carta d’intenti” delle primarie si scontreranno con l’indifferenza dei compagni e amici tedeschi da un lato e con la realtà di una crisi produttiva e occupazionale senza freni dall’altro, la sinistra italiana farà bene a rassegnarsi o dovrà piuttosto cominciare a elaborare una strategia di uscita dalla moneta unica e una revisione critica del mercato unico europeo? La questione, per quanto scomoda, inizia a farsi urgente.

* Fonte: Pubblico Quotidiano del 6 novembre 2012

Sud Africa: Bolidi di ghiaccio piombano dal cielo


grandine benobi
grandine benoni 3

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Gigantesco black out paralizza la capitale argentina


Nella giornata di ieri la capitale argentina Buenos Aires ha subito un gigantesco black out per circa tre ore, paralizzando l'intero centro cittadino, dato che il disagio si è verificato nel momento in cui i cittadini stavano rientrando dal lavoro. 


Senza elettricità sono rimasti pure la Casa Rosada, sede della presidenza, alcuni palazzi della giustizia e il Parlamento, come le abitazioni di tanti quartieri. Nel centro, per esempio lungo la ’9 de Julio’ e le altre ‘avenidas’ della città, il traffico è subito diventato caotico, a causa del blocco di alcune delle sei linee di metro che attraversano in lungo e in largo la città e dei semafori fuori uso. Anche il caldo ha fatto la sua parte e ha costretto i proprietari di bar e ristoranti a chiudere, dati i 35°C a mezzogiorno. Probabilmente uno sbalzo nel consumo dell'elettricità, tra cui il consumo di aria condizionata, ha portato a questo anomalo black out. A ciò si aggiunge anche il problema della spazzatura, visto che tonnellate di rifiuti si sono accumulate in alcune strade per uno sciopero iniziato tre giorni fa del sindacato responsabile degli spazzini. Inoltre in alcuni quartieri un altro serio problema è rappresentato dalla fornitura dell'acqua.



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Misteriosa moria di piccioni in un villaggio dell'India


Nov 8, 2012 - Patna, India - Più di cinquecento piccioni sono letteralmente caduti dal cielo negli ultimi quattro giorni in un villaggio nel Bihar Bhagalpur, causando preoccupazione tra i residenti.I funzionari distrettuali sono rimasti scioccati nell'assistere al fenomeno e non ancora sono riusciti a capire cosa posa essere accaduto. Quello che sconcerta le autorita' e' il fatto che gli animali stiano cadendo tramortiti sulle strade del villaggio contemporaneamente come se improvvisamente colpiti da qualcosa di ignoto.I veterinari sospettano che qualche epidemia abbia potuto stecchire i poveri volatili in pochi giorni.altri invece sospettano che la morte potrebbe essere stata provocata dalle radiazioni emesse dai ripetitori della telefonia mobile.Ma le autorita' ribadiscono che che solo un'indagine approfondita potra' arrivare alla radice del mistero. -. Times of India


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Obama, la crisi e il nuovo ordine mondiale


di Maurizio d'Orlando

L’abisso della crisi economica spinge molti a proporre il governo di un organismo mondiale per l’economia, ma anche per la politica. Il dominio della finanza è assicurato anche dal nuovo gabinetto di Barack Obama, costituito da persone fra i responsabili della crisi. Intanto nessuno rivendica il potere al popolo di battere moneta. La democrazia è uccisa dalla finanza.

Milano (AsiaNews) – Un nuovo ordine mondiale, da tempo programmato, sta per essere reso “inevitabile”. Molti politici ed economisti si affrettano a dire che ciò comporterà gravi sacrifici, ma ad ogni persona “ragionevole” è evidente che si tratta di sofferenze e disagi del tutto “necessari”.

Catalizzatore di questa riformulazione del pianeta è la crisi economica di cui siamo vittime. Questa crisi a fuoco lento, da immobiliare, bancaria e finanziaria, sta ormai toccando l’industria, l’agricoltura e tutta l’economia; dall’epicentro statunitense sta raggiungendo in vari gradi tutto il mondo. Il timore di reazioni a catena su possibili sconvolgimenti economici politici e sociali, la paura di anarchia in ogni campo, forniranno lo strumento necessario per attuare questo nuovo ordine, che i più vedranno come l’unico esito possibile. In tal modo, dovranno essere riformulati il governo; il direttorio mondiale della finanza, dell’economia e della fiscalità; quello dell’ordine pubblico, del sistema penale, della regolamentazione dei rapporti privati dentro e fuori l’ambito familiare; della sovranità di ciascun popolo, della possibilità stessa di esprimere opinioni difformi dal pensiero unico relativista: tutto ciò sarà considerato l’unica soluzione di fatto disponibile ed auspicabile.


Il nuovo ordine e il G 20

Fino a pochi decenni fa, tale nuovo ordine mondiale sarebbe stato considerato con orrore, un incubo, l’anticamera di una dittatura planetaria. Invece, d’ora in poi i capi delle nazioni saranno lodati per aver dato prova, in un momento difficile, di senso del bene comune per tutti i popoli della terra e di interesse verso tutti gli strati sociali. Beninteso, questo è quanto ci verrà detto – temiamo molto presto – a ben più chiare lettere di quanto oggi possiamo intuire. Del resto, già da tempo, si parla della necessità di “regole”, di una nuova Bretton Woods.

L’occasione più probabile in cui ci verrà fornito il nome della medicina “miracolosa” sarà forse la prossima riunione dei vertici politici ed istituzionali del G 20, in programma a Washington il 15 novembre. La “medicina” sarebbe una banca centrale mondiale che regolamenti la moneta unica di riferimento ed i rapporti di questa con le sotto-denominazioni locali del sistema.

Al G 20, dopo una breve lezioncina ed una frettolosa diagnosi sulle difficoltà attuali – “è tutta colpa di quegli scriteriati liberisti di Bush” -  la cura per sanare la terribile crisi ci verrà impartita proprio dai maggiori responsabili di questa stessa crisi. Basta vedere chi ha maggiormente finanziato la più dispendiosa campagna elettorale per la presidenza dell’ex superpotenza americana (oltre un miliardo di dollari, in un momento di pesante recessione).

Come sempre e come è ovvio, chi aveva interesse ha giocato su entrambi i tavoli per ogni evenienza; ma alla fine, come sappiamo, ha prevalso Barack Obama, anche in termini di spese: quasi il doppio in termini assoluti di quelle del candidato repubblicano. Oltre ai soliti settori – il mondo dello spettacolo e del’informazione, quello universitario e dell’istruzione, dell’informatica e di internet – i contributi per il nuovo presidente sono venuti in particolare dai fondi speculativi (“hedge funds”); dagli studi legali [anch’essi traggono risorse dalle complesse alchimie dei contratti di finanza creativa]; dai fondi di “private equity”(1).

Per non cambiare nulla, occorreva che all’apparenza cambiasse tutto. In fondo, anzi in superficie, è bastato poco: il colore un po’ più scuro della pelle del nuovo presidente. Per il resto, il governo del nuovo presidente è composto, dai “soliti” responsabili, di fatto irresponsabili. Guardiamo ai nomi in lizza per il ministero del Tesoro: Larry Summers, Tim Geithner e Robert Rubin. Sono tutti ultra-liberisti, persone che hanno sempre sostenuto la necessità di svincolare la finanza da ogni regola, dei nemici della legge Glass-Steagall(2).

Essi sono coloro che, nel girotondo d’incarichi per i membri del clan – al Fondo Monetario Internazionale, alla Banca Mondiale, nei governi del presidente Clinton, sotto l’ala di Alan Greenspan e di Ben Shalom Bernanke, o addirittura al vertice della Federal Reserve Bank di New York (Geithner) – hanno di fatto pilotato tutti gli sviluppi precedenti e successivi all’emergere della crisi odierna.

I volti vecchi del governo di Obama

Come capo di gabinetto, Obama ha scelto Emanuel Rahm, che vanta una carriera a cavallo tra la politica e le grandi case finanziarie di Wall Street. Nel suo caso c’è pure dell’altro. Non solo il padre di Rahm era membro dell’Irgun(3), ma lui stesso ha anche la cittadinanza israeliana, ha combattuto per Israele, è il referente per le forze armate israeliane ed ha patrocinato lo scorso 4 giugno la candidatura di Obama ai vertici dell’AIPAC(4) –  l’organizzazione sionista americana finanziata anche dallo Stato di Israele e coinvolta in alcuni recenti casi di spionaggio. In Israele hanno commentato: “[Rahm ] è il nostro uomo alla Casa Bianca”.

Questa osservazione ci porta a considerare che forse la scelta tra i due candidati non era equivalente. A lungo in altalena nei sondaggi, dopo un’apparente prodigiosa rimonta, lo schieramento repubblicano, rafforzato nelle propensioni degli elettori dalla vicenda della Georgia, è iniziato a precipitare in modo definitivo da quando il presidente Bush, a fine agosto, ha negato la fornitura di aerei-cisterna necessari all’aviazione israeliana per un’incursione a lungo raggio(5), rifiutando con ciò l’avallo del governo americano ad un attacco contro l’Iran. Pochi giorni dopo anche le quotazioni delle materie prime ed in primo luogo del petrolio, su cui le grandi banche d’affari avevano pesantemente scommesso per compensare le perdite sui mutui immobiliari, hanno iniziato a sgonfiarsi per poi precipitare con le borse di tutto il mondo a partire dai primi di settembre(6).

La democrazia e la moneta

Da tutte queste premesse è chiaro che la presidenza Obama non porterà cambiamenti di rotta nella gestione della crisi finanziaria; al contrario rafforzerà la tendenza a proteggere le grandi istituzioni ed industrie a scapito delle piccole imprese e del cittadino medio che gli ha dato il voto. Soprattutto è anche chiaro che nel G 20 di Washington non verrà per nulla scalfita la questione centrale dell’attuale crisi finanziaria ed economica – e delle tante altre precedenti crisi della modernità e della postmodernità – cioè la sovranità e legittimità di sistema. Nel mondo a noi contemporaneo, l’unico regime considerato pienamente legittimo, in termini di potere politico  ed economico, è quello democratico.

Per la diffusione della democrazia nel mondo sono state combattute molte guerre ed in democrazia, per definizione, sovrano è il popolo. Se, però, una democrazia evoluta e complessa come quella americana può essere pilotata – nel senso che all’elettore è lasciata l’illusione di scegliere mentre in realtà è il marketing politico che, come nei supermercati, guida gli orientamenti – da chi dispone di grandi risorse monetarie, non si può più affermare che la legittimità del sistema sta nel consenso popolare.

Questo può essere comprato e, dunque, nella disponibilità stessa di moneta si fonda il consenso ed il potere in democrazia. Non si tratta certo di considerazioni nuove, ma il punto cruciale è che l’emissione della moneta è di per se stessa un atto sovrano, nel senso che la circolazione della moneta è imposta per legge: un creditore non può rifiutare un pagamento in moneta avente corso legale e pretendere invece una diversa prestazione a suo piacimento (oro, argento, o altro), se non l’ha concordato prima. Chi controlla l’emissione della moneta, mediante regole scritte ad hoc, può favorire chi conviene o è più gradito(7).

Il paradosso della moderna democrazia è che il popolo sovrano – nei suoi supposti rappresentanti, i parlamenti, i capi di Stato e di governo – non ha di fatto e di diritto alcun potere all’interno della Fed (ma anche della Bce, la Banca centrale europea) – in riferimento ad un atto sovrano di primaria importanza. A tutela pubblica e per evitare le intromissioni della politica, l’emissione della moneta è stata privatizzata e sottratta al controllo pubblico.

Il Sovrano, nei suoi rappresentanti, è inaffidabile e quindi in concreto non è sovrano. Non tutti sanno infatti che la Fed è un organismo di diritto privato così come ad esempio la Banca d’Italia e molte altre banche centrali nel mondo. È così dagli albori del parlamentarismo, da poco dopo la “Glorious Revolution” nel 1688(8).


Tratto da:http://www.progettoatlanticus.net/


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2012 DA14,l'asteroide che non dovrebbe colpire la Terra nel 2013



Ecco che riparte il panico da estinzione planetaria con la (ri)scoperta di un asteroide che nei prossimi anni promette passaggi estremamente ravvicinati con il nostro pianeta: l'asteroide si chiama 2012 DA14, e nel 2013 passerà a circa 34.000 km dalla Terra. 

Quanto vale la pena preoccuparsi? Ben poco, ma la notizia ha iniziato a girare e a gonfiarsi fin da marzo di quest'anno, riempiendosi di inesattezze tali da alterarla quasi completamente nel suo contenuto fondamentale; è quindi tornata a circolare di recente per la pubblicazione di alcuni articoli leggermente in ritardo sui tempi.

Iniziamo col dire che 2012 DA14 è un Near Earth Object, uno dei tanti del gruppo di asteroidi (oltre un milione) più piccoli di 100 metri che si trovano ad orbitare nelle vicinanze della Terra. Scoperto nel febbraio del 2012 dall'osservatorio spagnolo di La Sagra, è un asteroide largo circa 45 metri che viaggia ad una velocità compresa tra i 6 e i 12 km al secondo.

Anche se passerà molto vicino a noi, rimarrà costantemente invisibile ad occhio nudo, e non sarà uno scherzo individuarlo nemmeno con un potente telescopio amatoriale.

Come per tutti i Near Earth Objects, anche questo oggetto viene catalogato, studiato, e associato con una probabilità di rischio di impatto con la Terra: prima o poi, infatti, qualche oggetto appartenente a questa classe di asteroidi è destinato a collidere con il nostro pianeta, ma la statistica ci dice che su per ogni oggetto che colpisce la Terra ce ne sono milioni e milioni di altri che la sfiorano, o che semplicemente le passano vicino, senza la minima "intenzione" di scatenare una catastrofe.


Il rischio di impatto (calcolato per ottenere una possibilità di impatto ad ogni passaggio ravvicinato) è un dato che generalmente allarma molte persone, e lo stesso discorso vale per la distanza del passaggio.

Parlando di distanze, ci sono alcuni dati apparentemente discrepanti: c'è chi parla di circa 52.000 km, chi di 27.000, chi di 34-35.000, ma le discrepanze dipendono da una scorretta interpretazione di alcune fonti che riportavano misurazioni leggermente diverse:
  • 27.000 km: distanza minima dal centro della Terra
  • 52-53.000 km: distanza massima dal centro della Terra
  • 34.000 km: distanza nominale dal centro della Terra
Sul rischio di impatto, invece, è quasi impossibile fare riferimento ad un singolo dato: esiste una percentuale di rischio ad ogni passaggio ravvicinato, e sostenere genericamente che esista una possibilità su cento di uno scontro è poco corretto, oltre che fuorviante.

Da quest'anno al 2020, le possibilità di impatto ad ogni passaggio ravvicinato sono pari a zero; c'è un rischio di impatto cumulativo ad ogni passaggio successivo (su un totale di 36 in 57 anni), dal 2026 al 2069, pari allo 0,033%. Sulla scala Torino, che stima il rischio di impatto, è catalogato come "0", equivalente a "nessuno rischio".

Il 13 febbraio 2013, 2012 DA14 passerà molto vicino a noi, in corrispondenza delle orbite di alcuni satelliti. Questo è l'unico rischio reale (e probabilmente da escludere) durante il passaggio dell'anno prossimo: siamo infatti statisticamente sicuri che non ci dovrà minimamente preoccupare.


Cosa ci riserva il futuro di 2012 DA14? Nessuno può saperlo con certezza, ma è stata formulata una statistica affidabile sui futuri passaggi in base alle osservazioni effettuate e alla fisica moderna, che sembra funzionare particolarmente bene (considerando le incognite del caso) per i calcoli orbitali di oggetti simili.

Escludendo eventi esterni imprevisti, possibili ma spesso tenuti in considerazione nei calcoli, sappiamo che nel 2020 le possibilità di un impatto saranno pari a 1 su 100.000, una probabilità inferiore a quella di essere colpiti da un fulmine durante l'arco della propria vita. Ma se dovesse realmente verificarsi un impatto con la Terra?


Se dovesse colpire la Terra, 2012 DA14 creerebbe danni equivalenti ad unabomba atomica di 2,4 megatoni, potenza già testata numerose volte sul nostro pianeta con ordigni esplosivi artificiali. Niente di piacevole, specialmente se il sito dell'impatto dovesse trovarsi in corrispondenza di una megalopoli, ma nulla che possa provocare un evento di estinzione di massa.


Approssimando alcuni parametri fondamentali, l'impatto di 2012 DA14 potrebbe produrre queste conseguenze:

  • Dopo la frammentazione all'altezza di quasi 50 km dalla superficie della Terra, è molto probabile che l'asteroide possa esplodere a quota 8.600 metri, creando frammenti che precipitano al suolo alla velocità di circa 4 km/s;
  • Alla distanza di circa 10 km, l'onda d'urto dell'esplosione in quota frantumerebbe il vetro delle finestre, e il boato avrebbe una potenza di 80 decibel;
  • Pioggia di frammenti grandi da qualche metro a pochi centimetri, e un mucchio di polvere.

Potete fare voi stessi i calcoli leggendo questo post: Meteorite: calcoliamo i danni di un impatto.

Ricapitolando: niente apocalisse nel febbraio del prossimo anno, e probabilmente nessuna estinzione di massa causata da un impatto di 2012 DA14 con la Terra. Rimangono milioni di altri corpi oscuri a spasso nel vicinato terrestre, e verranno sicuramente lanciati altri falsi allarmi, ma i collegamenti qui sotto vi eviteranno di incappare in altri abbagli simili.


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