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Francia e Germania impongono alla Grecia l'acquisto di armi in cambio di aiuti!




11 milioni di persone ridotte in schiavitù dall’asse franco-tedesco, i cui sistemi bancari detengono rispettivamente 47,9 e 18,6 miliardi di dollari di debito greco. Le pretese che la troika Bce-Fmi-Ue, per mano del suo fantoccio Papademos, ha fatto approvare sono da bollettino di guerra. Drastica deregulation del mercato del lavoro. Una diminuzione di oltre il 20% del salario minimo garantito. 150mila lavoratori licenziati, di cui 15mila subito. Taglio netto delle pensioni. Drastica economia di spesa, soprattutto sui farmaci, sugli ospedali e sulle autonomie locali. Vendita delle quote pubbliche in petrolio, gas, acqua e lotteria.

Fame nera. In cambio di cosa? Di 130 milardi di aiuti e di una rinegoziazione del debito con le banche estere del 70% in meno. Siamo sicuri che siano aiuti? Il debito pubblico greco ammonta a 365,6 miliardi di euro. Con l’abbattimento dei crediti bancari potrebbe scendere a 265. Con i 130 miliardi di prestiti (+ 15 salva banche) correrebbe nuovamente verso i 400. Nuovo debito per dare l’illusione di liberarsi di quello vecchio.
E intanto i creditori continuano a fare affari. Nel 2012 la spesa militare ellenica ammonterà a 7 miliardi di euro. La gente è disperata ma si dilapideranno 7mila mlioni di euro. A vantaggio di chi? Ma della Merkel e di Sarkozy, naturalmente. Armi vecchie, di seconda mano, in cambio di nuovo debito.
La Grecia è ormai ridotta ad area periferica di sfruttamento, estrazione e colonizzazione. E indovinate chi si era opposto? Papandreou. Quello che aveva anche osato parlare di referendum. Quello subito rimosso e sostituito dal banchiere della Commissione Trilaterale, amico di Monti, che a sua volta sta facendo più o meno le stesse cose qui da noi.
Italiani: che aria tira, lì, sul pero? Fa un bel fresco?

FREGATE, SOTTOMARINI E CACCIA

Quelle pressioni di Merkel e Sarkò per ottenere commesse militari

CORRIERE DELLA SERA  13/02/2012 – p.5. I greci sono alla fame, ma hanno gli arsenali bellici pieni. E continuano a comprare armi. Quest’anno bruceranno il tre per cento del Pil (prodotto interno lordo) in spese militari. Solo gli Stati Uniti, in proporzione, si possono permettere tanto. Ma cosa spinge Atene a sperperare montagne di soldi? La paura dei turchi? No, è l’ingordigia della Merkel e di Sarkozy. I due leader europei mettono da mesi il governo greco con le spalle al muro: se volete gli aiuti, se volete rimanere nell’euro, dovete comprare i nostri carri armati e le nostre belle navi da guerra.
Le pressioni di Berlino sul governo di Atene per vendere armi sono state denunciate nei giorni scorsi da una stampa tedesca allibita per il cinismo della Merkel, che impone tagli e sacrifici ai cittadini ellenici e poi pretende di favorire l’industria bellica della Germania.

Fino al 2009 i rapporti fra Atene e Berlino andavano a gonfie vele, il governo greco era presieduto da Kostas Karamanlis (centrodestra), grande amico della Merkel. Gli anni di Karamanlis sono stati una vera manna per la Germania. «In quel periodo – ha calcolato una rivista specializzata – i produttori di armi tedeschi hanno guadagnato una fortuna». Una delle commesse di Atene riguardò 170 panzer Leopard, costati 1,7 miliardi di euro, e 223 cannoni dismessi dalla Bundeswehr, la Difesa tedesca.

Nel 2008 i capi della Nato osservavano meravigliati le pazze spese in armamenti che facevano balzare la Grecia al quinto posto nel mondo come nazione importatrice di strumenti bellici. Prima di concludere il suo mandato di premier, Karamanlis fece un ultimo regalo ai tedeschi, ordinò 4 sottomarini prodotti dalla ThyssenKrupp. Il successore, George Papandreou, socialista, si è sempre rifiutato di farseli consegnare. Voleva risparmiare una spesa mostruosa. Ma Berlino insisteva. Allora il leader greco ha trovato una scusa per dire no. Ha fatto svolgere una perizia tecnica dai suoi ufficiali della Marina, i quali hanno sentenziato che quei sottomarini non reggono il mare. Ma la verità, ha tuonato il vice di Papandreou, Teodor Pangalos, è che «ci vogliono imporre altre armi, ma noi non ne abbiamo bisogno». Gli ha dato ragione il ministro turco Egemen Bagis che, in un’intervista allo Herald Tribune, ha detto chiaro e tondo: «I sottomarini della Germania e della Francia non servono né ad Atene né ad Ankara».
Tuttavia, Papandreou, alla disperata ricerca di fondi internazionali, non ha potuto dire di no a tutto. L’estate scorsa il Wall Street Journal rivelava che Berlino e Parigi avevano preteso l’acquisto di armamenti come condizione per approvare il piano di salvataggio della Grecia. E così il leader di Atene si è dovuto piegare. A marzo scorso dalla Germania ha ottenuto uno sconto, invece dei 4 sottomarini ne ha acquistati 2 al prezzo di 1,3 miliardi di euro. Ha dovuto prendere anche 223 carri armati Leopard II per 403 milioni di euro, arricchendo l’industria tedesca a spese dei poveri greci. Un guadagno immorale, secondo il leader dei Verdi tedeschi Daniel Cohn-Bendit. Papandreou ha dovuto pagare pegno anche a Sarkozy. Durante una visita a Parigi nel maggio scorso ha firmato un accordo per la fornitura di 6 fregate e 15 elicotteri. Costo: 4 miliardi di euro. Più motovedette per 400 milioni di euro.
Alla fine la Merkel è riuscita a liberarsi di Papandreou, sostituito dal più docile Papademos. E i programmi militari ripartono: si progetta di acquisire 60 caccia intercettori. I budget sono subito lievitati. Per il 2012 la Grecia prevede una spesa militare superiore ai 7 miliardi di euro, il 18,2 per cento in più rispetto al 2011, il tre per cento del Pil. L’Italia è ferma a meno dello 0,9 per cento del Pil.
Siccome i pagamenti sono diluiti negli anni, se la Grecia fallisce, addio soldi. Ma un portavoce della Merkel è sicuro che «il governo Papademos rispetterà gli impegni». Chissà se li rispetterà anche il Portogallo, altro Paese con l’acqua alla gola e al quale Germania e Francia stanno imponendo la stessa ricetta: acquisto di armi in cambio di aiuti.
I produttori di armamenti hanno bisogno del forte sostegno dei governi dei propri Paesi per vendere la loro merce. E i governi fanno pressione sui possibili acquirenti. Così nel mondo le spese militari crescono paurosamente: nel 2011 hanno raggiunto i 1800 miliardi di dollari, il 50 per cento in più rispetto al 2001.






- Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario!


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Le statue dell’isola di Pasqua hanno anche un corpo!

Le statue dell’isola di Pasqua non hanno ancora svelato tutti i loro segreti



La scoperta non è recente, ma nelle ultime settimane è stata di nuovo rilanciata: le statue dell'isola di Pasqua hanno un corpo. Mentre probabilmente la loro fama deriva sopratutto dalla loro enorme ed enigmatica testa, queste statue hanno ancora in serbo numerosi altri segreti. Più della metà della loro dimensione è risultata interrata, corpo e mani erano infatti celati dal terreno.


isola di pasqua, rapanui, moai




Se si attribuisce la scoperta delle parti interrate delle statue alla coppia Routledge, un gruppo privato di ricerca ha recentemente sotterrato una statua che ha mostrato di avere anche numerose scritte sul tronco.

Molti misteri circondano ancora l'Isola di Pasqua e la scoperta di queste scritte nascoste rischiano di riaccendere il dibattito.




isola di pasqua, rapanui, moai



Gli  scienziati sono quasi tutti d'accordo nel dire che la scomparsa della popolazione sia dovuta ad un ecocidio, ma cosa diranno di questi giganti di pietra sotterrati?  Sono stati i Rapanui a sistemarli in quel modo fin dall’inizio o questa sistemazione è dovuta all’azione del tempo?


isola di pasqua, rapanui, moai

Un pò di storia dell'Isola di Pasqua
L’Isola di Pasqua è senz’altro uno dei luoghi più isolati del mondo. E’ un isola vulcanica situata nell'Oceano Pacifico a 3700 chilometri dal Cile, da cui dipende, e a 4000 chilometri da Tahiti. La terra più vicina a questa piccola isola è Pitcairn, che dista 2000 chilometri.


Il primo europeo a scoprirla è stato il navigatore olandese Jakob Roggeveen, proprio il giorno di Pasqua dell'anno 1722, quando contava circa 4000 abitanti. Annessa alla Spagna nel 1770, è stata ceduta al Cile nel 1888.

Questa isola è famosa soprattutto per i resti megalitici dei Rapanui (prime civiltà riconosciute del l'isola). Il patrimonio archeologico comprende circa 900 statue di pietra, i moai, di 4 metri di altezza media, e quasi 300 terrazze, le ahu, che si trovano ai piedi delle statue.

Alcune sembrano ultimate, mentre altre non lo sono (circa 300 secondo le stime). La più grande misura 24 metri di altezza e pesa circa 270 tonnellate. 

Alcune hanno subito le ingiurie del tempo, mentre altre sono state abbattute durante le numerose e violenti guerre tribali.
L’iIsola di Pasqua è nota  sopratutto per il mistero, a lungo rimasto inspiegabile, sulla loro produzione, ma anche sul trasporto dei blocchi di basalto che sono alti in media, fra i 2,5 ai 10 metri.

Ma questa isola è anche tristemente nota per i motivi dell'estinzione del popolo che vi abitava.

I primi migranti erano riusciti a costruire, a partire da risorse piuttosto limitate, una società tecnologicamente avanzata. Oltre a queste statue imponenti, avevano sviluppato un vero e proprio sistema di scrittura. Le significative risorse in alberi a loro disposizione lungo la costa, si sarebbero poi   esaurite in pochi secoli.

La crescita della popolazione e l’utilizzo incontrollato delle risorse della natura hanno portato ad un degrado rapido e significativo dell' ecosistema (questo fatto è stato dimostrato dalle ricerche archeologiche). Un ecocidio che è certamente responsabile della scomparsa degli abitanti originari dell'isola di Pasqua.

isola di pasqua, rapanui, moai
Dagli anni 1500-1600, l'isola ha perso molta della sua vegetazione, a seguito di uno sfruttamento irrazionale ed incontrollato delle risorse naturali. Un modello matematico ha stabilito che la popolazione non avrebbe dovuto superare le 2000 persone per poter continuare a vivere sull'isola senza esaurire una risorsa essenziale: le palme.


Questa "deforestazione" ha causato anche l’ esaurimento del suolo, che ha avuto effetti devastanti sull'agricoltura. A questo si aggiunge la siccità e le guerre tribali.

Per superare la  siccità gli abitanti dell 'isola avrebbero implorato gli dei per far tornare la pioggia, e questo  potrebbe spiegare la loro frenesia nel costruire i moai. Rendendosi conto che era tutto inutile, la gente si sarebbe rivoltata contro gli dei e si sarebbe scatenata contro i propri idoli, abbattendoli e precipitando l'isola nel caos. Successivamente, le nuove malattie portate dagli esploratori europei e le deportazioni hanno ridotto ulteriormente la popolazione.

Cano Cristales, il fiume arcobaleno della Colombia

Il Cristales Cano è un fiume della Sierra de la Macarena, che si trova proprio nel comune omonimo in Colombia.
Questa zona, un tempo considerata molto pericolosa a causa della presenza dei guerriglieri del Farc, è ora diventata una meta di turisti di tutto il mondo che vi si recano per assistere allo spettacolo dei suoi colori cangianti; quando il fiume si trasforma, da semplice corso d’acqua, in luogo magico in cui i colori giocano a formare meravigliose composizioni artistiche dalle mille sfumature.

Ma questo succede soltanto nel breve intervallo di qualche giorno e durante la stagione delle piogge, quando le alghe e il muschio nascosti nei suoi fondali possono riscaldarsi al Sole senza essere bruciati. Queste alghe, dai molteplici colori accesi, rosso, giallo, verde, blu e nero, creano un effetto visivo unico al mondo.


Pur essendo un piccolo fiume, che non raggiunge i 100 km di lunghezza, è ormai diventato famoso con diverse denominazioni che esaltano queste sue caratteristiche: “il fiume più bello del mondo”, "il fiume fuggito dal paradiso" e ancora “Il fiume dai cinque colori o “Il fiume arcobaleno”
Il nome Caño, invece proviene dalla tradizione linguistica locale e designa i piccoli corsi d’acqua.


Il fiume inoltre è movimentato da rapide e cascate, con acque molto pulite e trasparenti che in estate prosciugano, permettendo alle alghe e ad altre piante di moltiplicarsi.



Oltre a questo sorprendente spettacolo, nella zona, ci sono anche le rocce della Macarena di 1.200 milioni di anni e che costituiscono il prolungamento ad ovest dell’ Escudo Guyanés de Venezuela, le cui rocce sono considerate le più antiche al mondo.

La Sierra de la Macarena è anche molto ricca di flora e fauna, e vi si trovano oltre 420 specie di uccelli, 10 di anfibi, 43 di rettili e 8 di primati. I pesci invece sono quasi inesistenti, a causa dell’ assenza di sedimenti.
Non vi è dubbio che il Cano Cristales meriti abbondantemente il nome di fiume più bello del mondo…

Terremoto di magnitudo 6.0 colpisce a largo della costa dell'Oregon

15 feb.2012 - Oregon - Un terremoto di magnitudo 6.0 della scala richter e' stato registrato a largo della costa dell'Oregon negli Stati Uniti,secondo i dati dell'Istituto di Sorveglianza Geologica USGS il sisma e' avvenuto ad una profondita' di 10 km l'epicentro a circa 256 km Ovest da Coos Bay,nessun allarme tsunami e' stato emesso.

La NASA altera volutamente i colori di Marte?

Molti ricercatori indipendenti sono pervenuti alla conclusione che la NASA manomette i colori delle sue foto, almeno per quanto riguarda il pianeta Marte.
Questo articolo ha lo scopo di dimostrare che vengono cambiati da un ambiente di tipo terrestre (anche se desertico), in un ambiente rosso ed inospitale.

Colori cambiati e calibrazione del colore
Qui è mostrata la prima prova che la NASA ha l'abitudine di cambiare i colori in maniera tale che il blu è visualizzato come rosso:
L'immagine qui sopra poteva essere trovata al seguente indirizzo
Ma il giorno 16 Gennaio 2004 l'hanno modificata di nuovo, tagliandola in modo tale da escludere il dispositivo di calibrazione del colore!
Ora un poco di attenzione: notate ora le differenze di colore del dispositivo di calibrazione: quello a sinistra è l'ingrandimento della immagine a 'colori', mentre quello a destra è lo stesso dispositivo, ma fotografato sulla terra.
L'angolo in basso a destra dovrebbe essere blu, ma che è succede, è rosso ! Il coloreblu Ã¨ stato cambiato in rosso. Anche il colore verde del dispositivo di calibrazione è diventato arancio In poche parole, visto che il verde ed il blu sono due dei tre colori fondamentali (e che sono stati cambiati in tonalità di rosso), tutte le tonalità dei colori di questa foto sono stati fatti tendere al rosso.
Gli scienziati del JPL hanno ragione
Alla conferenza stampa dove hanno presentato le prime immagini di Marte, gli scienziati del JPL hanno mostrato questa foto del panorama marziano. È mostrato un deserto dalle tonalità salmone, ma col cielo blu.
Qui sotto ci sono due fotografie della conferenza dove potete vedere voi stessi sullo sfondo il panorama marziano incriminato:

Lo stesso panorama, nel sito ufficiale della NASA viene presentato così:
È evidente come i colori sono completamente diversi....
... così come sono diversi i colori delle immagini che presento sul mio sito.

Siamo tutti in prigione!


di Edoardo Conte

L’illusione, che attualmente avvolge l’umanità in una fitta nebbia, nasconde alla moltitudine degli individui la visione dei muri e delle sbarre dell’enorme prigione in cui vive credendo di essere libera.

La prigione è il sistema socio-politico-economico-finanziario.

Le mura del carcere, le celle e le sbarre, sono fatti di consumismo, competizione, egoismo, sfruttamento e individualismo. In una parola: “materialismo”.

Il 90% della popolazione mondiale è imprigionata fra quelle mura ed è tenuta in quella situazione di cattività dal 10% di individui che sono i carcerieri, e che detengono l’85% della ricchezza del pianeta.

Il paradosso è che la gente incarcerata crede di essere libera e si scontra contro quelli che sono nella stessa prigione, nell’illusione di ritagliarsi uno spazio proprio, un piccolo recinto di pseudo-potere. Ma non sa che quello spazio ottenuto a discapito dell’altro è solo una briciola nel cortile dell’ora d’aria all’interno del carcere.

Rivendicazioni operaie o di categoria, proteste e proposte di aggiustamento della condizione di lavoro ed esistenziale fanno parte di quello sforzo, ma sono tutte mirate solo a stare un pò meglio in prigione. Ciò è comprensibile poiché è l’effetto dell’istintivo spirito di adattamento di ogni essere umano che, anche in gruppo organizzato, cerca di ottenere miglioramenti della condizione di vita. Ma tutto ciò serve soltanto a mantenere lo stato di schiavitù, l’un contro l’altro, in una guerra tra poveri o prigionieri.


Quello a cui stiamo assistendo in questo periodo, non solo a livello nazionale, bensì mondiale, è l’apparente sforzo di attutire gli effetti dello squilibrio economico-finanziario per salvare il sistema (di imprigionamento) mediante un sacrificio di massa. È come se ai carcerati fosse imposto di rinunciare all’ora d’aria e ai pasti per sostenere l’apparato carcerario che li imprigiona. In realtà la dinamica che è in atto mira a compiere un ennesimo giro di vite per restringere la libertà e l’attività dei popoli….

Vista dalla prospettiva dei carcerieri è una precisa operazione per prosciugare quel poco di dignità e sostentamento che ancora anima i prigionieri. Vista dalla prospettiva dei pochi che si sono liberati è un criminale piano di annientamento del potere creativo dell’umanità, ottenuto mediante l’abbrutimento e la barbarie.

Ma, chi sono i “carcerieri” e chi sono i “liberi”?

I carcerieri sono, senza alcun dubbio, quelli che hanno progettato il piano di costrizione e costruito il carcere fondato su un sistema di controllo, camuffato da apparente benessere, denominato “scambio di ricchezza”. Ciò che, in realtà, viene scambiata non è la ricchezza ma la scarsità. Una scarsità sapientemente mantenuta un poco al di sopra del livello di guardia, quel tanto da consentire una perenne lotta di sopravvivenza tra i carcerati senza provocarne la rivolta.
Carceriere è il sistema bancario, quello che ha stabilito che lo scambio è attuato mediante il denaro che esso stesso immette e centellina. Quel sistema che, sul debito, ha creato l’impero di potere per cui, impoverendo le masse, le controlla.

Ora la domanda sorge spontanea: perché l’umanità carcerata sacrifica la propria dignità nell’illusione di ottenere un miglioramento di condizione che, se avverrà, sarà comunque, all’interno del carcere?

Perché non mette a frutto le poche risorse che le restano per progettare un piano di fuga, di liberazione di massa? Non sarebbe più logico, proficuo ed evolutivo?

A questo punto occorre introdurre i “liberi”.

I “liberi” sono ex carcerati che hanno elaborato un piano di evasione e, individualmente, sono fuggiti dal carcere. Per compiere tutto il percorso hanno dovuto prima risvegliarsi e divenire coscienti della condizione di prigionia, poi intravedere oltre le sbarre la vera realtà, quella al di là della sofferenza e della schiavitù di tutte le forme di seduzione materiale.

Una volta evasi hanno progettato un “piano di fuga” per poter poi vivere in una terra di nessuno, ai margini del sistema (carcere).

Loro sono finalmente liberi e coscienti che quella libertà non è fine a se stessa, ma necessaria al piano di liberazione di massa, affinché quella terra di nessuno diventi la Nuova Terra per gli uomini di buona volontà. I liberi sono, così, non solo i testimoni del fatto che liberarsi è possibile, ma anche i pionieri che aiuteranno tutti gli altri prigionieri a farlo. Sono loro a conoscere la via di liberazione perché l’hanno costruita con le loro mani e hanno elaborato un piano infallibile.

Si sono riuniti e, anche se agiscono apparentemente sparsi, hanno deciso di infiltrarsi di nuovo nel carcere (avendo sempre disponibile la via di fuga), e, all’interno di esso, istruire i prigionieri, loro fratelli, in modo da attrezzarli non per compiere la fuga, ma per demolire il carcere stesso.

Gli strumenti di liberazione sono quelli indicati dalla propria saggezza.

1) Primo fra tutti non cadere nel tranello della tentazione. I prigionieri, infatti, sono costantemente tentati dalle seducenti forme che i carcerieri proiettano sull’illusorio schermo del cinema carcerario. Immagini di benessere, opulenza, prestigio, fama, lusso ma, soprattutto, di una infinità di oggetti luccicanti che abbagliano i carcerati come gli specchietti abbagliano le allodole.

La tentazione è la madre di tutte le seduzioni. Mette i prigionieri nella condizione di desiderare sempre qualche cosa di più nell’illusione di migliorare la propria esistenza, mentre, in realtà, li induce a fraintendere il possesso di cose come crescita di sé e del sistema carcere.Ma l’accumulo di cose non è crescita né tantomeno benessere.

La crescita è soprattutto interiore. Crescere dentro, in consapevolezza, significa mutare il comportamento esteriore e scegliere quei pensieri, sentimenti e azioni che produrranno un effetto benefico nelle relazioni umane e, quindi, anche nello scambio di beni.

2) Secondo, non cadere nel trabocchetto della distribuzione della cosiddetta ricchezza.

I carcerieri, dopo aver proiettato il film, lanciano nella mischia gli oggetti luccicanti in modo che i detenuti si accapiglino per possederli. Ma quei poveretti non sanno che quegli oggetti non sono la ricchezza, bensì un pallido riflesso di latta scambiato per oro.

La vera ricchezza è interiore. Un uomo interiormente ricco dei valori dell’onestà, della cooperazione, della fratellanza, non sarà mai povero e non diverrà mai schiavo o prigioniero. Ciò che deve essere distribuito è l’amore per il fratello, per la terra, l’ambiente e la vita tutta. Distribuendo amore si distribuisce la vera ricchezza e si pongono le basi per il regno del benessere e dell’abbondanza.

3) Terzo, non credere alla menzogna della separatività.

Nella prigione ognuno è tenuto separato perché tenda a desiderare qualche cosa solo per sé. Convincendolo che così si distinguerà dagli altri e potrà divenire più importante, più potente, più ricco. Di fatto il carceriere sa che, tenendo isolati i prigionieri, li renderà soli e impotenti. L’essere umano, invece, non è fatto per vivere da solo. Egli ha un ancestrale slancio verso l’aggregazione e l’unione. Sa, nel suo profondo, che “l’unione fa la forza” e che, solo insieme agli altri, può liberare la potenza creativa che è celata dentro di sé come scintilla di quel divino che pervade tutta l’esistenza.

Uniti dalla forza dell’amore incondizionato che si manifesta come perfetta comprensione dell’intima relazione di tutte le creature, gli individui che si riconosceranno in una sola anima, riusciranno a disintegrare le mura, le celle e le sbarre del carcere e, insieme, salvando anche i carcerieri, procederanno liberi da condizionamenti e illusioni per ristabilire il piano di fratellanza.

Coscienti di quel proposito d’amore che ad ogni causa fa corrispondere un appropriato effetto, sapranno costruire, con la giusta causa, una società finalmente in pace. Senza più barriere di classe, di razza e di pensiero edificheranno la civiltà del bene comune e del reciproco aiuto, riconoscendo il valore e la dignità di tutti.

Fukushima, nuovo allarme "Si rischia un altro terremoto"

In un rapporto degli scienziati giapponesi, l'incubo di un nuovo devastante sisma nell'area della centrale nucleare, già colpita dallo tsunami dell'11 marzo 2011: "Riattivate alcune faglie prossime agli impianti, prepararsi a nuove emergenze"
di JACOPO PASOTTI

Una crepa nei pressi del reattore n. 2, nella centrale di Fukushima (afp)
Non c'è pace per la centrale nucleare di Fukushima. A quasi un anno dal disastroso terremoto 1 di magnitudo 9 e dal devastante tsunami che l'11 marzo scorso colpirono l'impianto e le coste nord-occidentali del Giappone la tensione non cala. In un nuovo studio un team di esperti giapponesi avverte che le autorità dovrebbero intensificare le già severe misure di sicurezza intorno alla centrale per "resistere ai possibili terremoti di elevata magnitudine che potrebbero verificarsi nella regione."

Il team, guidato dal geofisico Dapeng Zhao della Tohoku University (Sendai), ha pubblicato sulla rivista Solid Earth, della Unione Europea di Geoscienze (EGU), uno studio basato su più di 6000 movimenti tellurici che seguirono l'incidente del 2011. I dati in mano agli scienziati mostrano che una faglia prossima agli impianti è stata riattivata e potrebbe generare nuovi terremoti.

In particolare, l'attenzione degli scienziati si è rivolta ad una serie di scosse di assestamento che seguirono il tragico terremoto. Una di queste è stata la violenta scossa di magnitudo 7 2 che è avvenuta nell'aprile scorso nella zona di Iwaki, 60 chilometri a sud di Fukushima e 200 chilometri dall'epicentro dell'evento che l'anno passato ha devastato le coste giapponesi.

"Ci sono alcune faglie attive nell'area dell'impianto, i nostri risultati mostrano delle anomalie strutturali nei pressi di Iwaki e di Fukushima e visto che un terremoto di elevata magnitudine è accaduto poco tempo fa nella regione di Iwaki, crediamo che un sisma simile potrebbe svilupparsi anche a Fukushima", dice Dapeng Zhao.

Il numero di scosse nella regione di Iwaki è aumentato dallo scorso marzo. Secondo gli scienziati nei nove anni precedenti il disastroso terremoto dell'anno passato le 132 stazioni sismografiche nella regione avevano registrato 1300 scosse. Dall'11 Marzo del 2011 le scosse registrate sono state a ben 24000. Una gigantesca mole di dati, insomma, che innanzitutto preoccupa gli esperti, ma che è stata impiegata per generare una sorta di "fotografia" con cui visualizzare l'interno del pianeta, ottenuta grazie ad una tecnica chiamata tomografia sismica che sfrutta informazioni sulle caratteristiche delle onde sismiche e sulla loro propagazione all'interno della Terra.

L'analisi degli scienziati giapponesi mostra che molte di queste scosse sono innescate da fluidi che risalgono dalla placca del Pacifico che si inabissa incuneandosi sotto la placca Euroasiatica proprio al largo della costa nipponica. In profondità la crosta oceanica pacifica si scalda fino a liquefarsi, e parte di questi fluidi risalgono sollecitando, in ultima analisi, alcune faglie dormienti che erano già state "risvegliate" dagli eventi della primavera scorsa.

Gli scienziati, afferma un comunicato dell'EGU, non possono prevedere quando avverrà un nuovo terremoto nella regione di Fukushima, ma affermano che i fluidi in risalita osservati indicano che un evento accadrà in un "futuro prossimo" (che però Dapeng Zhao non ha saputo definire con maggior dettaglio). E per questo dicono, le autorità giapponesi dovrebbero prepararsi e cercare di ridurre il rischio associato ad un nuovo, possibile, terremoto.

(14 febbraio 2012)

http://www.repubblica.it/ambiente/2012/02/14/news/fukushima_allarme_allarme_terremoto-29822091/?ref=HREC2-1

 


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