MONITORAGGIO SISMICO LIVE CAMPI FLEGREI

Scossa di terremoto di magnitudo 4,4 avvertita nel Nord Italia



29 Ottobre 2011 Secondo l'Istituto Sismologico Europeo EMSC un terremoto di magnitudo 4.4 della scala Richter e' stato registrato alle ore 06:13 locali ad una profondita' di 10 Km, 45,69 N; 10,92 E le coordinate dell'epicentro a circa 28 Km a Nord-Ovest dalla citta' di Verona.Secondo alcune testimonianze il sisma e' stato avvertito anche dalle popolazioni di Trento e del Padovano numerose chiamate ai vigili del fuoco sono state segnalate.Il Nord  Italia negli ultimi mesi e' soggetto a tensioni sismiche che stanno interessando diverse zone ricordiamo gli intensi sciami sismici che hanno fatto tremare l'area del forlivese e dell'appennino ligure.
terrarealtime

Terremoto 7.0 Richter scuote il Peru'


28 Ott. 2011 - Peru' - Secondo come riporta L'EMSC un terremoto di magnitudo 7.0 della scala Richter  e' stato registrato vicino la costa centrale del Peru' alle ore 18:54 UTC ad una profondita' di 27 km in mare.L'epicentro e' stato individuato a circa 55 SO da Santiago del Cile.
Emsc

La Nasa sta pensando di usare un laser per eliminare la spazzatura spaziale

Un team di scienziati ha intenzione di ridurre il problema della "space junk" bombardando i frammenti di spazzatura spaziale con potenti raggi laser posizionati sulla Terra.

Ricordate la propulsione laser? Il concetto di base era quello di spingere un carico nello spazio sfruttando il calore generato da un fascio laser. Secondo Claude Phipps della Photonic Associates, la stessa tecnologia potrebbe essere utilizzata anche per ridurre l'affollamento di detriti spaziali in orbita bassa.


Il calore di un potente laser posizionato sulla superficie terrestre potrebbe vaporizzare una minuscola parte di un pezzo di space junk, creando un flusso di plasma in grado di spingere il detrito fuori dall'orbita terrestre. "Si crea essenzialmente un razzo spinto da laser, utilizzantto l'oggetto come se fosse carburante" spiega Phipps.

La spazzatura spaziale, considerata fino alla decade scorsa un problema di minore entità per le missioni spaziali, è ormai diventata una seria preoccupazione per tutte le agenzie spaziali del pianeta.

La densità raggiunta dai detriti è ormai così elevata da rendere una collisione quasi inevitabile; e una collisione in orbita non mette solo a rischio le vite degli astronauti, ma genera altra spazzatura che va ad aggiungersi a quella già esistente.

Si calcola che i pezzi più grandi di spazzatura spaziale (con dimensioni pari o superiori a 10 centimetri) siano ormai più di 19.000, mentre quelli più piccoli ammontano a diverse decine di milioni.

La NASA ha vagliato diverse proposte per liberarsi della space junk, specialmente di quella in orbita bassa in cui vengono condotte tutte le missioni con equipaggio umano. Si è parlato di raggi traenti, spazzini robotici, anche di un sistema laser in grado di fornire spinta a minuscoli frammenti di spazzatura grazie al moto dei fotoni, ma sono metodologie applicabili solo ad una piccola porzione della spazzatura spaziale residente in orbita.

La "spinta fotonica", ad esempio, è sfruttabile solo per i frammenti più piccoli di spazzatura, mentre uno spazzino robotico non potrebbe occuparsi efficacemente del materiale più minuto.

Un raggio laser della potenza di 150 kilowatt, invece, sembra possa occuparsi di oggetti di qualunque dimensione. Per quanto riguarda i frammenti di spazzatura di dimensioni inferiori ai 30 centimetri, il laser potrebbe rallentarli e farli bruciare nell'atmosfera; per i pezzi più grossi, invece, il laser potrebbe spostarli verso un'orbita che consenta loro di precipitare nell'Oceano Pacifico.

Questo approccio eviterebbe di effettuare costosi lanci di sonde robotiche sviluppate appositamente per la pulizia della spazzatura spaziale. Phipps stima che la rimozione di un oggetto di piccole dimensioni possa arrivare a costare qualche migliaio di dollari, arrivando fino ad un milione di dollari per gli oggetti più grossi.

Il progetto è ancora sulla carta per ragioni tecniche: non è affatto facile colpire il punto giusto di un satellite defunto evitando che possa esplodere. "Se non si sta attenti, si può colpire la parte sbagliata di un satellite o vaporizzarlo a sufficienza da farlo esplodere" spiega Phipps.

Per puntare il laser con la precisione necessaria ad evitare disastri non desiderati, sarà necessario costruire un telescopio dedicato del diametro di 10 metri, tramite il quale effettuare i calcoli relativi al movimento dei frammenti di space junk e valutare il modo migliore per colpirli con il raggio laser.

Tutta la tecnologia per realizzare un sistema simile esiste già, o è in corso di sviluppo, ma non sarà affatto economico realizzare un telescopio di 10 metri e un sistema laser dotato di una precisione tale da poter colpire chirurgicamente un frammento metallico di una decina di centimetri.

Una delle critiche sollevate verso questo sistema riguarda la possibilità di utilizzarlo come arma. Un laser di quella potenza e precisione potrebbe essere diretto contro satelliti nemici, scalzandoli dalla loro orbita o semplicemente rendendoli inattivi.

Ma Phipps ritiene che si potrebbe evitare la questione costruendo il laser tramite una collaborazione internazionale tra Russia, Stati Uniti e altre agenzie spaziali, come quella cinese e indiana. "Se otteniamo la giusta collaborazione internazionale, nessuno potrebbe pensare all'utilizzo bellico di questo laser".


http://www.ditadifulmine.com/2011/10/laser-per-eliminare-spazzatura-spaziale.html

Bangkok: 12 milioni in fuga dalle inondazioni!

Il primo ministro thailandese ha detto che Bangkok oggi sta combattendo contro la forza della natura, mentre il livello crescente delle inondazioni mette a rischio le dighe che proteggono la capitale, con gli abitanti in fuga all'inizio del quinto giorno di una vacanza proclamata in occasione dell'emergenza.


Le più gravi inondazioni a colpire il Paese in mezzo secolo, provocate in parte dalle pesanti piogge monsoniche, hanno ucciso 373 persone da metà luglio e creato problemi a quasi 2,5 milioni, finora per lo più nel nord e nel centro.

Sulla principale strada in uscita dalla capitale in direzione sud, non colpito dalle inondazioni, si registra un traffico intenso. Molte persone sono dirette alle cittadine costiere di Hua Hin e Pattaya, dove è difficile trovare stanze d'hotel e case da affittare.

Immagini televisive mostrano i banchi dei check-in affollati all'aeroporto internazionale Suvarnabhumi di Bangkok. L'aeroporto Don Muang, il vecchio scalo della capitale ora usato per i voli interni, è chiuso da martedì.


Il primo ministro Yingluck Shinawatra, in carica solo da agosto, ha detto ai giornalisti che la crisi ha raggiunto un punto critico per Bangkok.

"E' come se stessimo combattendo contro le forze della natura, massicce inondazioni che stanno provocando danni e diverse delle nostre dighe", ha spiegato.

"La verità è che dobbiamo lasciare che (l'acqua) scorra naturalmente verso il mare, e ciò che dobbiamo fare ora è gestire questo, in modo che scorra lentamente, altrimenti tutti soffriranno".

Quando la voce di Yingluc ha iniziato a tremare, i giornalisti le hanno chiesto se stesse piangendo: "No, non ho pianto e non lo farò. Sarò forte per risolvere questo problema per il popolo thailandese".

Bangkok, che conta almeno 12 milioni di abitanti e produce il 41% del Pil, è in pericolo per via di una combinazione di inondazioni da nord e alte onde del fiume Chao Phraya, che in alcuni punti del centro ha raggiunto un livello record.

Osservata una tempesta sul pianeta Urano


tempi di tempeste fuori da comune per i pianeti remoti.
Dopo la sparizione della banda equatoriale sud (SEB) su Giove durante l'opposizione del 2010, e dopo la grande tempesta che ha imperversato su Saturno fino a pochi mesi fa, ora il testimone è passato ad Urano, pianeta solitamente piuttosto tranquillo.

Una brillante nube su Urano: probabile tempesta
Proprio qualche giorno fa (26 Ottobre) gli astronomi al telescopio Gemini di 8 metri di diametro hanno scoperto una piccola nube (dimensioni di 0,33") estremamente brillante nel vicino infrarosso.
L'immagine, che potete vedere a sinistra, è stata ripresa alla lunghezza d'onda di 1,6 micron, purtroppo inaccessibile agli astrofili, che però hanno una grandissima opportunità.

Le esperienze degli scorsi mesi ci hanno infatti insegnato una cosa fondamentale: gli astronomi non hanno le risorse per seguire continuamente e caratterizzare nel tempo un certo evento, per quanto spettacolare ed interessante possa essere.
Questo caso non fa eccezione: gli scopritori della macchia si sono rivolti alla comunità amatoriale affinché riprenda delle immagini per individuarne meglio la posizione e monitorarne l'evoluzione.
La caratterizzazione esatta della posizione (e del moto di deriva) sarà fondamentale anche per indirizzare i potenti telescopi che sicuramente nei prossimi giorni cercheranno di capire qualcosa in questo evento unico nella storia osservativa del pianeta .

La piccola macchia è estremamente luminosa (oltre 3 volte la luminosità media superficiale del pianeta) e benché sia di ridotte dimensioni, c'è un'ottima possibilità che possa essere ripresa anche con telescopi di 20-25 centimetri, magari muniti di un filtro passa infrarosso.
Nell'immagine del 26 Ottobre, si trova alla longitudine planetaria di 323°, con una deriva stimata in 2° al giorno.
Probabilmente, sebbene con contrasto minore, è visibile anche a 700-800 nm, finestra tipica dei filtri infrarossi e delle camere amatoriali.
L'astronomo Paolo Tanga ha confermato che alcuni astrofili sono riusciti a catturare la tempesta, quindi non tiratevi indietro e se riuscite inviate le immagini, complete di tutti i dati tecnici, alla mailing list dell'UAI dedicata allo studio dei pianeti.

A livello fisico e dinamico, la piccola nube potrebbe essere simile alla grande tempesta apparsa su Saturno lo scorso dicembre che ha poi abbracciato tutta zona temperata nord.
Chissà se l'evoluzione sarà analoga. Di certo un pezzo di questa che si prevede un'interessante storia, potrebbe essere scritto proprio da voi.

Scoperta materia organica nello spazio


Nell'ultima edizione del giornale scientifico Nature, un gruppo di astronomi ha presentato la scoperta di composti organici di una complessità che non si pensava potesse esistere nello spazio interstellare. I risultati suggeriscono che i composti organici non solo soltanto il dominio della vita ma che possono essere naturalmente creati dalle stelle. Il professor Sun Kwok ed il Dr. Yong Zhang, dell'Università di Hong Kong, hanno mostrato che una sostanza organica comunemente presente in tutto l'Universo, contiene un misto di componenti aromatici (strutture ad anello) e alifatici (a catena). Questi composti sono così complessi che le loro strutture chimiche somigliano a quelle del carbonio ed il petrolio. Dato che il carbonio ed il petrolio sono resti di vita organica antica sulla Terra, questo tipo di materia organica si pensava potesse formarsi soltanto grazie alla presenza di organismi viventi. La scoperta del team suggerisce invece che i composti organici complessi possono essere sintetizzati nello spazio anche in assenza di forme viventi.


L'indagine dei ricercatori si incentrava su un fenomeno misterioso: una serie di emissioni infrarosse rilevate nelle stelle, nello spazio interstellare e nelle galassie. Queste impronte spettrali sono conosciute come "UIEF" (Unidentified Infrared Emission Features), cioè emissioni ad infrarosso non identificate. Per oltre due decenni, la teoria più accreditata intorno all'origine di queste impronte era che provenivano da semplici molecole di carbonio e idrogeno, chiamate molecole PAH (Polycyclic Aromatic Hydrocarbon). Dalle osservazioni fatte con l'Infrared Space Observatory ed il Spitzer Space Telescope, Kowk e Zhang hanno mostrato che gli spettri astronomici hanno caratteristiche che non sono spiegabili con la presenza di molecole PAH. Invece, il team ha proposto che le sostanze che generano queste emissioni hanno strutture chimiche che sono molto più complesse. Analizzando così lo spettro della polvere di stelle presente intorno alle esplosioni conosciute come novae, hanno mostrato che le stelle creano composti organici in tempi estremamente corti, anche di sole settimane.
Non solo le stelle producono materia organica complessa, ma la espellano anche nello spazio interstellare, cioè la regione tra le stelle. Il lavoro fatto dagli scienziati supporta l'idea precedentemente proposta da Kwok che le stelle più vecchie sono delle fattorie molecolari capaci di dar vita a molti composti organici complessi. "Il nostro lavoro ha dimostrato che le stelle non hanno alcuna difficoltà nel creare composti organici complessi sotto condizioni di vuoto" ha spiegato Kwok. "Teoreticamente questo è impossibile, ma osserviamo che invece può accadere."

Ancor più interessante è il fatto che questa polvere stellare organica ha una struttura simile a quella di complessi composti organici scoperti in alcuni meteoriti. Dato che i meteoriti sono i resti della fase primordiale del Sistema Solare, queste scoperte fanno sorgere l'ipotesi che le stelle abbiano arricchito il Sistema Solare con nuovi composti organici. La Terra primordiale era soggetta a severi bombardamenti da parte di comete e asteroidi che potenzialmente avrebbero potuto portare molta polvere stellare organica. Se poi questi composti stellari hanno giocato o meno un ruolo fondamentale nella nascita della vita sulla Terra rimane ancora una domanda aperta sotto molti aspetti, anche se indubbiamente la presenza di questi materiali sulla Terra, originati qui o meno, è stata assolutamente indispensabile.

http://www.hku.hk/press/news_detail_6633.html

Marte fu temperato e umido, simile alla Terra di oggi


Che clima aveva Marte miliardi di anni fa? Temperato e umido, sostengono i ricercatori del California Institute of Technology che, per la prima volta nella storia dello studio del Pianeta Rosso, hanno determinato la temperatura e l'umidità che la superficie marziana faceva registrare quando, sulla Terra, il nostro antenato globale comune iniziava a fare la sua comparsa.

Le analisi del celebre meteorite ALH84001, noto al pubblico per le speculazioni sulla possibile esistenza di forme di vita fossili al suo interno, hanno portato a ritenere che i minerali che compongono il bolide si sarebbero formati ad una temperatura di circa 18°C.

"La cosa davvero entusiasmante è che 18°C non è particolarmente freddo o caldo" dice Woody Fischer, professore di geobiologia e co-autore della ricerca. "E' un risultato notevole".
In effetti, 18 gradi sopra lo zero è una temperatura che pochi si sarebbero aspettati, soprattutto se rapportata alle temperature abbondantemente sotto lo zero riscontrabili oggi su Marte. In media, il Pianeta Rosso ha una temperatura superficiale di -63°C, troppo freddo per consentire l'esistenza di acqua liquida superficiale.

Ma una temperatura 18°C permette di certo l'esistenza di acqua allo stato liquido. Fino ad ora, tuttavia, pensare a Marte come un pianeta relativamente caldo e umido era soltanto un'ipotesi supportata da nessuna prova.

"Questa è una prova che, nella storia passata di Marte, almeno una località del pianeta era in grado di mantenere un clima simile a quello terrestre da poche ore fino a qualche giorno" dice John Eiler, professore di geologia e co-autore della ricerca.

I ricercatori hanno analizzato il meteorite ALH84001, scoperto nel 1984 in Antartide. Questo pezzo di roccia si sarebbe formato a qualche decina di metri sotto la superficie marziana, e proiettato nello spazio dalla collisione di un meteorite ben più grosso.

Molto si è discusso in passato, e lo si fa ancora oggi, sulla possibilità di forme di vita fossili a bordo del meteorite ALH84001, ma le ipotesi dipendono interamente dalla temperatura in cui il meteorite si sarebbe formato, e dalla presenza di dischi di minerali carbonatici le cui origini potrebbero essere molteplici. "E' terribilmente difficile capire il processo che ha generato i minerali carbonatici" spiega Eiler. Di ipotesi sulla loro formazione ne sono state formulate molte: da magma raffreddato e cristallizzato, fino a reazioni chimiche avvenute in presenza di processo idrotermali che potrebbero aver visto anche la partecipazione di ipotetiche forme di vita microscopiche.

Scoprire a quale temperatura si siano formati i carbonati del meteorite ALH84001 può contribuire ad escludere alcuni degli scenari formulati finora, e a sostenerne altri. Per ottenere la temperatura di formazione dei minerali carbonatici del meteorite, i ricercatori hanno misurato le quantità di ossigeno-18 e carbonio-13, due isotopi contenuti nei campioni di carbonati la cui presenza più o meno massiccia può essere messa in relazione alla temperatura e al grado di umidità di Marte.
"Molte delle ipotesi finora formulate sono state scartate. Non si può far crescere in altro modo i minerali carbonatici a 18°C se non in presenza di acqua".

Ma questo clima marziano umido e temperato potrebbe aver ospitato forme di vita più o meno complesse? Per ora gli scienziati escludono questo scenario, sostenendo che i pochi giorni necessari a far evaporare l'acqua liquida marziana non avrebbero creato condizioni sufficientemente stabili per permettere alla vita di emergere.

Rimane il fatto che, miliardi di anni fa, alcune regioni marziane sono state molto più simili alla Terra di quanto potessimo immaginare soltanto una settimana fa. Possiamo essere certi, tuttavia, che non possiamo chiudere così facilmente la questione dell'antico clima marziano, dato che le conclusioni tratte nella ricerca di Fischer ed Eiler si basano su un solo pezzo di roccia che ha suscitato numerosissime discussioni e controversie in ambito scientifico.


Fonte:http://www.physorg.com/news/2011-10-mild-temperature-mars.html

 


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