La nostra civiltà scomparirà come l’impero egiziano, come l’impero babilonese e come l’impero fenicio.

di Christian Giordano

Una riflessione sulle “invenzioni” culturali e quanto investiamo su di esse, emotivamente e cognitivamente, spesso senza neppure esserne consapevoli.

La nostra civiltà scomparirà. Come l’impero egiziano, con le sue monumentali piramidi, i suoi faraoni, il suo commercio, la sua cultura, la sua religione millenaria. Come l’impero babilonese con le sue imponenti Ziqqurat, i suoi re, le sue tradizioni, le sue biblioteche e il suo commercio. Come l’impero fenicio, le sue invenzioni, la sua arte raffinata, le sue filosofie.

Insomma, anche la nostra civiltà scomparirà. Anzi sta già scomparendo. Perché le civiltà sono come gli organismi: nascono, si sviluppano, decadono e muoiono. E poi perché le nazioni, le civiltà, le culture sono in realtà delle invenzioni. Invenzioni per cui la gente uccide, sogna, si dispera, combatte, ma pur sempre invenzioni.


E sono irrazionali. Un po’ come il tifo calcistico: non c’è un motivo razionale per tifare Inter, Milan, Roma, Lazio, Juve… Eppure si è disposti a menare, a litigare, a spendere molti soldi, perfino a uccidere!

I confini tra Italia e Francia sono invenzioni. I confini tra Belgio e Germania sono invenzioni. I confini tra USA e Canada sono invenzioni. I confini tra qualsiasi Nazione e qualsiasi altra Nazione sono invenzioni. Lo si vede con chiarezza guardando la cartina geografica dell’Africa: linee tirate giù con il righello. Non si presero neppure la briga di seguire il profilo idrogeologico. Oggi chi nasce a Roma è italiano. Fino a qualche decennio fa era cittadino vaticano. Oggi chi nasce in Corsica è francese. Prima era piemontese. Prima ancora era fenicio… I confini sono un’invenzione.

E noi uccidiamo per quell’invenzione. Uccidiamo per la Patria. Uccidiamo per la Religione. Uccidiamo per l’Ideologia. La nostra civiltà – intendo la civiltà a livello mondiale, la civiltà umana – è al collasso. Perché ci sono dei circuiti perversi che accettiamo passivamente, dandoli per scontati, senza rifletterci.

Pensateci: gente che si vende, tradisce, si abbrutisce, uccide per delle entità irreali. I numeri della Borsa – i milioni di miliardi che si muovono nei “mercati” ogni giorno – non corrispondono a niente. Il denaro stesso – che un tempo era il corrispettivo delle riserve auree – non corrisponde più a niente. Ma già l’oro in sé non corrispondeva a niente di veramente prezioso. Cos’è l’oro? Si mangia? Si beve? Ci si ripara? Gli Aztechi e i Maya pensavano che gli spagnoli se ne nutrissero, non capivano tanta avidità per un metallo.

Pensateci: per questa concezione perversa dell’economia, ci ritroviamo con vaste aree del globo terrestre ricchissime di tutto ciò che è prezioso (acqua, terreno, colture, clima, minerali…) che sono in miseria. E ci sono invece posti in mezzo al deserto, dove non cresce nulla e si vive a stento, in cui si costruiscono piste da sci tra la sabbia, in cui fontane d’acqua dolce zampillano in ogni angolo e in cui la gente muore per il colesterolo alto. Vi sembra normale, questo?

Pensateci: intere classi sociali, anche in Italia, si fanno la guerra per i pochi beni a disposizione. “Non c’è lavoro per tutti” si dice. “Non ci sono risorse per tutti” si dice. “È una guerra tra poveri” si dice. Ogni giorno i bar, le pasticcerie, i supermercati, le pizzerie, i ristoranti buttano via tonnellate di cibo. Ogni giorno. Tonnellate di cibo ogni giorno. Non ci sono risorse per tutti? Ogni stagione vengono lasciati marcire o schiacciati con i trattori tonnellate di pomodori, arance, zucchine, mele… Ettolitri di latte versato nel terreno. Non ci sono risorse per tutti? È una guerra tra poveri? Ma siamo davvero così poveri?

Pensateci: non c’è lavoro per tutti. No. Siamo nel 2018. Un tempo per coltivare un campo che rendeva 100, ci volevano 20 persone. Oggi bastano 3 persone e un trattore. E il campo rende 300, grazie alle biotecnologie. Ci sono 19 persone di troppo. Certo, alcuni di quei contadini di troppo andranno a costruire i trattori. Ma sono comunque troppi. Ma il punto non è questo. Il punto è che il salario per il lavoro è un’invenzione.

Se fossimo davvero nel 2018 e se fossimo davvero avanzati come civiltà, non ci sarebbe una cosa come “il salario”. Le ore di lavoro non sarebbero per la sopravvivenza – quella dovrebbe essere garantita dal fatto che sei un essere umano e hai diritto di vivere. Le ore di lavoro sarebbero il tuo contributo alla comunità nella quale sei nato. Perché lavorare non è una condanna ma un’opportunità di crescita personale, di identità. È diventato una schiavitù, perché l’attuale lavoro è un ricatto e le condizioni di lavoro sono spesso da schiavitù. Lavoreremmo tutti, 4-5 ore al giorno. E il resto del tempo? Lo vivremmo. Lo passeremmo a coltivare le amicizie, a occuparci degli affetti, a dedicarci all’arte, alla crescita personale, al progresso dell’umanità. Lo scriveva già quasi un secolo fa Bertrand Russell.

Ma questo presupporrebbe, oltre a un radicale cambiamento di prospettiva, un controllo delle nascite. Le società animali lo fanno in modo naturale: dove c’è abbondanza di risorse si moltiplicano, dove c’è scarsità di risorse diminuiscono. Anche gli esseri umani lo fanno in modo naturale: dove le risorse sono distribuite e c’è un buon livello di benessere, le comunità umane hanno meno figli. O meglio, fanno un numero di bambini proporzionato alle risorse. Nei paesi in cui l’aspettativa di vita è scarsa, si fanno molti più figli perché il “gene egoista” cerca di sopravvivere dandosi più chance. Come le tartarughine: sono tantissime ma solo poche raggiungono il mare e sopravvivono. Per questo fanno tante uova.

Il controllo delle nascite (come il controllo della sessualità, dell’alimentazione etc.) negli uomini è regolato non dall’istinto ma dalla cultura. Infatti tutte le religioni controllano sessualità, cibo e desideri. E tutte le “culture” hanno norme su cosa è giusto o sbagliato in campo di sessualità, cibo e desideri.

Il collasso della civiltà quindi non è solo una questione di “corsi e ricorsi storici” ma una questione di cultura. Ma secondo voi la nostra cultura ha fatto molti progressi? Sì, non c’è più la schiavitù. E le baraccopoli di braccianti africani in Puglia che raccolgono le tue cicorie bio? Non c’è più la schiavitù. E i capannoni alla periferia di Prato e di Roma in cui donne incinte e bambini cinesi cuciono la maglietta che indossi? Non c’è più la schiavitù. E i contratti precari con cui i lavoratori di oggi vengono tenuti sotto ricatto? Non c’è più la schiavitù. E le migliaia di ragazze deportate sulle nostre strade costrette a farsi violentare ogni giorno per qualche decina di euro “di divertimento”?

Guardando la civiltà ateniese del III sec. ac, siete proprio sicuri che la nostra cultura ha fatto così tanti progressi? uardando le comunità di nativi americani, siete proprio sicuri che la nostra cultura ha fatto molti progressi?

Articolo di Christian Giordano


4 commenti:

Farouq ha detto...

Gli egizi non avevano un'impero, erano troppo legati al Nilo e quindi non era nei loro progetti

Anonimo ha detto...

Indipendentemente dalla razza l'uomo resta sempre sterco, prima e dopo; finche'
esistera'. Nulla è eterno, soltanto la morte.

Sotuknang ha detto...

Con Tutmosi III l'Egitto raggiunse la sua massima espansione. Dopo 17 spedizioni militari controllava a sud la Nubia fino alla quarta cataratta del Nilo, a est fino all'Eufrate e attraverso matrimoni diplomatici controllava altri territori oltre la regione di Sumer; divenne così un impero a tutti gli effetti.

Anonimo ha detto...

L'uomo è terreno e morirà solo la sua "tenda".La morte non esiste,se non della materia e visto che siamo anime immortali perchè l'energia si crea ma non si distrugge,essa esisterà in eterno....attenzione quindi a come si vive qui,in questa "palestra", perchè ciò che seminiamo qui raccoglieremo nell'eternità.Altro che sterco.

 


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