One down, show down. La guerra mondiale conclamata

Chi avvertiva che si puntava al Caos rischiando di arrivare a uno stato conclamato di guerra mondiale era sbeffeggiato. Ma ora i fatti gli danno ragione.


A parte gli incorreggibili ciarlatani (qualcuno in questi giorni si sta correggendo), ormai è cosa nota, perché ormai ammessa, che la cosiddetta “guerra civile siriana” è in realtà un attacco sponsorizzato dagli ex partner dell’accordo Sykes-Picotcontratto durante la I Guerra Mondiale, cioè Gran Bretagna e Francia, poi istigato ideologicamente, finanziato e armato dall’Arabia Saudita, dal Qatar, dalla Turchia, col concorso attivo di Israele, e condotto da mercenari e volontari jihadisti provenienti da 83 paesi differenti (se poi qualcuno insiste a chiamarla “guerra civile” almeno spieghi che non sta usando né l’Italiano né il raziocinio, ma qualcos’altro).

Questo attacco fu deciso nel 2007 dall’allora vicepresidente statunitense Dick Cheney, su insistenza dei suoi consiglieri neocon, ed è stato preparato da quella vasta operazione di regime change chiamata “Primavera araba”e che ha illuso la sinistra fino a farla vaneggiare, come successe a Rossana Rossanda. Un’operazione che doveva portare uniformemente i Fratelli Musulmani al governo in Tunisia, Libia, Egitto e Siria, come già era avvenuto per vie democratiche in Turchia (anche se poi il primo ministro Erdoğan, ha molto poco democraticamente epurato magistratura ed esercito, per obbligo e tradizione repubblicana custodi della laicità dello Stato).

Come testimoniato a più riprese dal generale Wesley Clark, ex comandante supremo della Nato in Europa, la Siria, come la Libia e altri Paesi dell’area, era già nel mirino del Pentagono dal 2001.


All’epoca alla Casa Bianca comandava il repubblicano Bush Jr (in realtà il suo vicepresidente Cheney) e ineocon avevano occupato stabilmente varie importanti funzioni di potere, dopo che il democratico Bill Clinton aveva aperto loro le porte che i precedenti presidenti repubblicani Reagan e Bush Sr avevano invece tenuto chiuse.

Se qualcuno non lo avesse ancora capito, il destino della Siria, come quello della Libia, e dei suoi innocenti abitanti era stato deciso sui ponti di comando degli Stati Uniti un decennio prima della “Primavera araba”, che è stata una parte dell’implementazione del piano, preceduta dal famoso discorso di Obama all’Università del Cairo, osannato anch’esso dalla sinistra in un crescente fervore di servilismo, consapevole o idiota, per l’impero.

Chi avvertiva che si stava puntando al caos (tribalizzazione, al-qaidizzazione, flusso incontrollabile di rifugiati, eccetera) e che si rischiava di arrivare a uno stato conclamato di guerra mondiale, veniva sbeffeggiato dagli intellettuali progressisti con un’arroganza che ora illumina impietosamente la loro cialtronaggine.

Nel caos ormai è immerso tutto il Mediterraneo, a Nord come a Sud, e l’abbattimento del bombardiere russo da parte della Turchia ha portato concretamente il mondo sull’orlo della terza guerra mondiale. O per essere più precisi, della fase conclamata della terza guerra mondiale, perché che questa guerra sia già in corso lo ha affermato anche papa Francesco, giustamente e non a caso.

Sicuramente non per usare un’espressione ad effetto, perché la terza guerra mondiale è scoppiata esattamente l’11/9 del 2001. Finora essa si è svolta come avevano “previsto” gli strateghi della Rand Corporation negli anni Novanta del secolo scorso, ovverosia mischiando supertecnologie militari con guerre di carattere tribale e premoderno.

Oggi la terza guerra mondiale è dunque sul punto di conclamarsi, così come si conclama una malattia infettiva dopo un periodo d’incubazione. Forse all’ultimo momento verranno trovati degli anticorpi, ma mai il mondo è stato così vicino al baratro. Peggio ancora della crisi di Cuba, come poi vedremo.

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Perché la Turchia ha osato tanto? Sa benissimo che in caso di conflitto nucleare l’Anatolia sarebbe ridotta a un posacenere.

Ovviamente noi non siamo nella testa criminale di Erdoğan, ma alcune ipotesi sembrano plausibili più di altre. Vediamole.
a) L’ISIS tiene in ostaggio gli ex sponsor. Innanzitutto quello che tentenna e si comporta in modo incoerente (aiuta da una parte e bombarda dall’altra), come la Francia, e quello, vedi la Turchia, che si trova inebetito di fronte all’intervento russo ed è preoccupato di essere mollato dall’alleato americano con tanto di inaccettabile Kurdistan alle frontiere. Non è impossibile che i capi dell’ISIS abbiano fatto capire a Erdoğan che se non reagisce alla Russia, a Istanbul ci potrebbe essere un attacco terroristico come una Parigi al quadrato. Sapete bene che da almeno un anno quella bellissima città pullula di jihadisti. Chissà quante cellule pronte ci sono tra le due rive del Bosforo.
b) Erdoğan è disperato, da una parte c’è il martello del suomostro di Frankenstein (in condominio conflittuale coi campioni delle crocifissioni, delle decapitazioni, delle frustate e delle lapidazioni che sono a capo dell’Arabia Saudita, che di fatto, protetti da un accordo ormai cinquantennale con gli Usa, formano un ISIS con seggio all’ONU) e dall’altra l’incudine degli accordi tra Putin e Obama. È solo un caso che Erdoğan abbia deciso di abbattere un aereo russo pochissimi giorni dopo il G20, dove è evidente che c’è stato un ulteriore accordo tra Obama e la Russia? (Nota: non si può dire l’America e la Russia, perché la Russia è compatta dietro a Putin, ma gli USA non lo sono affatto dietro a Obama dato che altri perseguono propri piani, addirittura peggiori e più spaventosi). È stata questa disperazione, con buona probabilità, che ha suggerito a Erdoğan un atto di gravità inaudita.
c) Obama, ovviamente, ha preso le parti della Turchia. Non mi scandalizza più di tanto e tutto sommato ha fatto bene. A parte che era inimmaginabile, ma pensate se l’avesse scaricata. Come avrebbe reagito il già disperato Fratello Musulmano, che sa benissimo che si è messo una polveriera sotto il culo da solo? Almeno così Obama può ancora pensare di controllare la Turchia, almeno un po’. Magari con l’aiuto dei militari non epurati dal Fratello Musulmano di Ankara (bisognerà porre la massima attenzione sulle prossime reazioni interne alla Turchia). Secondo me in cuor suo Obama desidererebbe massacrare Erdoğan, anche se, sempre in cuor suo, gongola per la perdita russa. Non è una contraddizione: quel che gli fa piacere e quel che gli serve sono due cose diverse. Con il suo appoggio alla Turchia prende – o spera di prendere – diversi piccioni con una fava: fa il muso duro con Putin davanti a tutto il mondo, tiene agganciata la polveriera Turchia sperando che non salti in aria, non scarica brutalmente un alleato chiave nella regione (cosa che darebbe un pessimo segnale) e infine tiene a bada, o spera di tenere a bada, ineocon Non mi stupirei infatti che dietro all’atto di guerra irresponsabile turco ci siano questi fuori di testa statunitensi.

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Come dicevamo, la situazione è peggiore di quella della crisi dei missili a Cuba del 1962 e per diverse ragioni:
a) All’epoca della crisi di Cuba, nella dottrina militare di USA e URSS non era previsto il first strike, cioè il lancio non provocato di un attacco nucleare. Era prevista solo la ritorsione nucleare. Durante la presidenza di Bush Jr, invece, la nuova dottrina prevedeva il first strike preventivo, persino contro Paesi non nucleari (New Nuclear Posture). La dottrina adottata dall’amministrazione Obama nel 2010 ritornava però al solo uso del nucleare come deterrente ad attacchi nucleari (New National Nuclear-Weapons Policy). Cosa succederà un domani?
b) All’epoca il presidente John F. Kennedy riusciva a comandare il suo esercito, anche se qualcosa bolliva in pentola, visto che di lì a un anno venne ucciso. Oggi gli atti di insubordinazione reale (vedi il generale John Allen che paracadutava le armi all’ISIS invece di buttargli le bombe) e i proclami di insubordinazione a Obama sono espliciti.
c) All’epoca la crisi sistemica non era nemmeno iniziata. Oggi sta dirigendosi velocemente verso loshowdown.

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Cosa possiamo fare? A parte sperare che i russi continuino a mantenere il sangue freddo che stanno dimostrando, non possiamo fare nulla se non rivendichiamo la neutralità dell’Italia.

Questo è quanto dobbiamo fare, per noi, per i nostri figli, per il mondo.





Fonte: Megachip

Tratto da: informarexresistere

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