Ghiandola pineale: tra simbolismo e spiritualità


Il passato è da sempre alquanto indecifrabile e misterioso, la moderna archeologia arranca nel fornire plausibili spiegazioni a molti dei suoi misteri. Uno tra i più noti è come sia possibile che culture apparentemente slegate fra loro abbiamo utilizzato le stesse peculiari architetture ma sopratutto gli stessi significati simobolici?


In aree geografiche come Egitto, sud America, sud est asiatico, Cina e perfino in Serbia ci sono piramidi di colossali dimensioni molto simili tra loro.
Tutte sono state costruite sopra corsi d'acqua sotterranei e/o caverne naturali o artificiali munite di tunnel. Ancora non si sono comprese le ragioni di questa somiglianza costruttiva, ma gli esponenti del pensiero convenzionale spesso tentano di screditare i legittimi interrogativi su questo fenomeno globale, invalidando perfino i dati scientifici emersi dalle ricerche di fisici e geologi che minano i dogmi ufficiali.
Naturalmente il tema di questo articolo non sono le piramidi, ma bensì una tra le più popolare ghiandole endocrine: l'epifisi, meglio conosciuta come ghiandola pineale.
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La ghiandola pineale è una piccola ghiandola delle dimensioni di una nocciolina, collocata profondamente nella parte posteriore del cervello, le cui funzioni sono ancora per la maggior parte ignote. Recenti studi hanno dimostrato che essa è responsabile della formazione della melatonina, un ormone il cui unico ruolo attualmente riconosciuto è quello di regolare il ritmo sonno-veglia e i cicli luce-buio. Sembra però che la ghiandola, in particolari condizioni, possa produrre anche un’altra sostanza, il tetrahydro-carboline, principio attivo che si trova anche nella pianta del Soma di cui si parla nei Rig Veda, il primo dei Veda, di un’antichissima raccolta  contentente opere sacre della religione induista. Si racconta che i poeti dell’India antica bevevano il succo tratto dalla pianta del Soma e che questo avesse un potere stimolante e allucinogeno, che avesse la magica capacità di mettere in connessione il finito con l’infinito, di alterare lo stato di coscienza e condurre alla tanto ambita consapevolezza cosmica.

Di fatto il tema che tratteremo in questa sede si presenta sottoforma di simboli presenti nell'arte e nei metodi canonici della trasmissione della conoscenza: le tavolette, le incisioni nelle pareti dei templi o dei palazzi, le statue, i dipinti o semplicemente oggetti usati a scopo rituale. A volte accade che questi simboli li abbiamo davanti agli occhi, ma non abbiamo una chiave di lettura per interpretarli.
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L'iconografia della pigna
Le culture del passato associavano quella che noi oggi chiamiamo epifisi ad un organo preposto alla maggior chiarezza mentale ed alla visione interiore. Per Cartesio la ghiandola pineale è il punto privilegiato dove mente (res cogitans) e corpo (res extensa) interagiscono. Dopo decenni di profonda ignoranza in merito, le neuroscienze hanno smesso di trattare la ghiandola pineale alla stregua di un'inutile appendice del cervello. Negli ultimi decenni si è scoperto come abbiamo già accennato prima che la ghiandola è responsabile del nostro ciclo veglia- sonno, del nostro invecchiamento ma anche di stati a più alta coerenza neurale (maggior chiarezza mentale). Inoltre la pineale è una ghiandola fotosensibile, essendo munita nella parte interiore di bastoncelli simili a quelli della retina dell'occhio. Il soprannome mistico di terzo occhio è quindi alquanto azzeccato per la pineale, ci si chiede come, in epoche in cui non c'era il microscopio elettronico che potesse analizzare il suo tessuto cellulare, si sia arrivati a darle questo nome. Forse a quei tempi non c'era bisogno di un 'tool' esterno per analizzare la natura delle cose, e chissà, forse la scienza era intesa come una fusione esperienziale con l'oggetto dell'osservazione. Aldilà di questa accattivante congettura sulla protoscienza, un ricercatore si è chiesto perché nell'iconografia e nel simbolismo iniziatico molte culture rappresentino i loro Dei con l'immagine del cono di pigna. la risposta è stata che il cono di pigna rappresenta la ghiandola pineale, il suo peculiare rilascio endocrino ed è il segno di distinzione di un'élite spirituale.
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Sumeri e assiro - babilonesi
I sumeri furono fra i primi a immortalarla come cono di pigna in mano ai loro Dei. I sumeri, popolo con attitudini simili a quelle egiziane, criptavano le informazioni nelle immagini scolpite e nei sigilli. Anche gli assiro-babilonesi hanno spesso raffigurato il loro Dio Tamus con in mano una pigna, ma in alcuni casi, bisogna fare attenzione quando il cono di pigna viene tenuto in mano poiché spesso può rappresentare la shem-un-Na dei babilonesi o il MFKZT egizio, nomi dati alla polvere bianca d'oro con cui i reali si nutrivano, aumentando il rilascio endocrino per raggiungere stati di coscienza superiori. Mescolata a focacce preparate in forma conica, o sospesa in acqua, la polvere d’oro era un supplemento ingerito dai re e dai faraoni. Era riverita come l’alimento del corpo di luce (il Ka) ed era ritenuta capace di incrementare le attitudini generali della leadership, quali consapevolezza, percezione e intuizione. Veniva inoltre considerata una chiave per la longevità attiva.
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L'occhio di Ra
La pineale, oltre al simbolismo della pigna, è stata associata da alcuni all’occhio di Ra, l’occhio che tutto vede. L’occhio di Ram o occhio di Horus, sembra sia un riferimento alle scuole mistiche egizie che iniziavano i loro discepoli all’apertura del terzo occhio detto anche occhio singolo. Nei simboli l’occhio che tutto vede che non ha segreti perché le secrezioni neuroendocrine della pineale permettono la più alta conoscenza è spesso racchiuso all’interno di una Piramide oppure tra due ali (Sole alato). L’iconografia egizia dell’occhio racchiuso nella piramide è divenuta nel tempo uno dei modelli usati dagli artisti del Medioevo per raffigurare il Dio cristiano. Questo simbolo è stato ripreso dalla moderna Massoneria con l’occhio destro racchiuso nel delta radiante e riproposto esplicitamente nella banconota da un dollaro americano.
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Greci e romani 
Il simbolismo sulla pineale è presente nella cultura egizia e Osiride, il signore della morte e dell'oltretomba, la presenta nel suo bastone regale con sopra il cono di pigna.
Anche tra i greci e i romani, il Dio Dioniso/ Bacco è a volte rappresentato con un bastone con il cono di pigna. 
E' interessante notare come il Dio dell'ebbrezza venga mostrato con questo bastone; l'ebbrezza è associata principalmente all'alcool  chiamato anche spirito : forse questo è dovuto al fatto che l'alcool veniva usato nelle cerimonie per abbassare i veli della personalità degli iniziati ai misteri dionisiaci ed eleusini.
In questo modo i candidati ricevevano l'iniziazione senza modelli neurali consolidati e solo successivamente veniva loro dato il Kikeon, bevanda sacra psicoattiva, per attivare le funzioni dell'epifisi e permettere al celebrante di entrare in epifania con il Mistero. 
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Il pontefice, Shiva e il Buddha
L’onnipresente bastone con il cono di pigna è stato usato anche dai pontefici della chiesa cristiana ed è certamente un retaggio gnostico collegato al simbolo del caduceo, usato anche dall’odierna medicina. Il simbolismo del caduceo è stato spesso interpretato sia come la rappresentazione della doppia elica del DNA, sia della Kundalini che sale fino a raggiungere la pineale. Anche la capigliatura del dio Shiva ricorda un cono di pigna e il serpente che si innalza tra i suoi capelli richiama alla mente il serpente della maschera di Tut Ank Aton o di Akhnaton. Anche il Buddha non è immune dalla rappresentazione con i capelli a forma di cono di pigna.
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Tra piazze e fontane
Il simbolismo della pigna è presente anche in molte fontane d’Europa, Italia compresa, e si nota nelle fontane, nelle statue o in abbellimenti nelle ville e nei giardini dei nobili (forse questa eredità è dovuta all’influenza cosmopolita dei templari?). A volte, nelle scalinate o nelle colonne dei cancelli dei palazzi antichi potete trovare l'immagine della pigna. E’ chiaro che una colonna con sopra una pigna sembra a tutti gli effetti la rappresentazione del bastone usato dagli antichi Dei. In ambito massonico, nei manifesti del libero muratore l’iconografia del bastone con la pigna sembra velatamente rappresentata dalle due colonne Bohaz e Jakin sormontate da sfere o mappamondi.
Rimanendo sempre nella nostra penisola, anche lo Stato del Vaticano non è immune a questo antico simbolismo: nella Corte della Pigna si trova un'immensa statua raffigurante una pigna con a fianco due ibis che domina un sarcofago aperto, come quello presente nella camera del Re della Grande Piramide.
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Archeologia profana
Per l’archeologia eretica il sarcofago nella Camera del Re veniva impiegato nelle iniziazioni della Scuola Misterica di Tuthmosis III e di altri dopo di lui.

Alcuni hanno interpretato questa corrispondenza in Vaticano come il messaggio che anche la morte fisica può venire sconfitta se la ghiandola pineale è completamente attivata. Se prendiamo alla lettera questa interpretazione dovremmo chiedere un parere ai biologi e vedere l’eventuale sinergia tra i neurormoni della giovinezza secretati dalla pineale  come la melatonina e la somatropina  e la rigenerazione dovuta all’enzima della telomerasi, responsabili dell’integrità cromosomica e della replicazione cellulare. Ho volutamente usato il termine “secretati” per sottolineare l’affascinante tesi dello studioso Laurence Gardner secondo cui termini come secrezione e secretare, utilizzati per definire il rilascio endocrino della pineale, sono connessi al fatto che tale rilascio attiva uno stato di consapevolezza superiore che permette di conoscere i segreti della Natura. Le parole sono da sempre i simboli per eccellenza e pertanto conoscere a fondo l’etimo e la grafia di una lingua significa recuperare antiche conoscenze dimenticate.

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