Fukushima, la tragedia continua!

La Compagnia di Elettricità di Tokyo (TEPCO in inglese) ha rilevato in agosto la presenza di plutonio 238, 239 e 240, oltre ad altri materiali radioattivi, nella più recente delle periodiche analisi del suolo che circonda la centrale nucleare di Fukushima e, di conseguenza, ha inviati i risultati all’Organismo di Sicurezza Nucleare e Industriale del Giappone (www.freepublic.com, 15-9-11).

In generale si stima che i livelli di radiazione che il disastro ha provocato in buona parte del paese siano sotto la soglia di pericolo per i suoi abitanti.

I dati di eventuali studi che certifichino tali stime brillano per la loro assenza, ammesso che esistano.

Uno dei modelli in voga per misurare i rischi umani è quello della Commissione Internazionale di Protezione radiologia, che non tiene conto della possibilità di anomalie nei neonati come conseguenza delle radiazioni. Lo specialista Paul Zimmerman ritiene che i governi non studino a fondo questi e altri effetti perché “la sfera della protezione dalle radiazioni è stata saturata e compromessa da interessi creati che favoriscono la proliferazione delle armi nucleari e radiologiche e dei reattori nucleari di uso commerciale” (www.dudeceptions.com, 8-2-2011).Che ci sia una lobby nucleare, è certo.

Egli aggiunge: “Un sistema internazionale , motivato politicamente, di entità che stabiliscano canoni e difendono modelli antiquati sugli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti, si è auto-nominato autorità in questo campo. I governi, a loro volta, approfittano delle deficienze di questi modelli per legittimare la sicurezza dei loro programmi nucleari e nascondere le conseguenze nocive di questi programmi su gruppi di popolazione fiduciosi”. Se questo fosse così, la vigilanza e l’efficacia dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) e dell’Organismo Internazionale per l’Energia Atomica(OIEA) sarebbero da mettere in discussione.

E’ un tema discutibile e dibattuto. Uno studio congiunto dell’OMS, dell’OIEA e di altri organismi dell’ONU ha concluso che la catastrofe di Chernobyl ebbe uno scarso impatto sulla salute pubblica (www.iaea.org, aprile 2006).
Ma il rapporto menziona solo 350 fonti di informazione, scritte soprattutto in inglese, “quando in realtà esistono più di 30.000 pubblicazioni e non meno di 170.000 testimoni che si riferiscono alle conseguenze di Chernobyl”, nota la conosciuta tossicologa Janette D. Sherman (www.counterpunch.org, 5/6-3-11). Si trattava di testi scritti soprattutto in lingue slave e tre specialisti di Russia e Bielorussia si fecero carico del compito di tradurre circa 5.000 articoli di numerosi scienziati che studiarono in situ gli effetti dell’incidente. L’Accademia delle Scienze di New York divulgò la versione inglese nel 2009.

Il numero delle vittime di Chernobyl è il contenzioso principale: la OMS/OIEA hanno stimato che siano 9.000, ma gli scienziati che ottennero dati di prima mano considerano che, da aprile 1986 alla fine del 2004, morirono 985.000 persone, cento volte in più della cifra fornita da questi due organismi dell’ONU.

Può essere che una tale disparità abbia a che fare con l’accordo che questi firmarono nel maggio 1959.

Tale accordo stabilisce che quando una di queste organizzazioni si propone di iniziare un programma in un’area a cui anche l’altra è sostanzialmente interessata, “la prima deve consultare la seconda per mettere a punto la questione di mutuo accordo”. Riconosce anche che esse non sono obbligate ad interscambiare informazioni, fatto che molti noti scienziati e specialisti della salute pubblica criticano in relazione agli incidenti nucleari che colpiscono la popolazione.

Le differenze non finiscono qui. E’ noto che le truppe statunitensi usano munizioni fabbricate in gran parte con uranio impoverito e l’OMS, la OIEA, la Commissione Europea e altre prestigiose istituzioni come la molto inglese Royal Society sostengono che questi proiettili non hanno effetti pregiudizievoli né per i militari né per la popolazione civile che soffre la guerra. Bisognerà allora trovare un’altra spiegazione per l’improvviso incremento dei casi di cancro e di malformazioni fetali che si sono osservati a Fallujah, teatro di combattimenti prolungati, e in altre zone dell’Iraq.

Affiorano contraddizioni di diverso tipo. Lo scienziato britannico Christopher Busby, membro del Comitato Europeo sui Rischi da radiazione, segnala in no studio che “sono arrivate informazioni che bambini della zona contaminata di Fukushima hanno sofferto attacchi cardiaci, un fatto prevedibile quale conseguenza della contaminazioni interna del muscolo cardiaco con cesio 137 e altri radionuclidi” (www.bsrrw.org, 9-9-11).

Ma nella prefettura Tochigi, dove è stato sospeso l’invio di carne in agosto perché il suo livello di radioattività superava ampiamente il limite nazionale di sicurezza, i produttori agricoli di Kanama hanno offerto 5.000 pranzi a base di carne trita e riso agli alunni di otto scuole primarie nel quadro di una campagna lanciata per dimostrare che quella carne non fa danno e che, in fondo si può mangiare, cioè … si può vendere (//exskf.blogspot.com, 3-10-11). La proibizione è stata tolta perché si è stimato che il prodotto si trovava “sotto il limite provvisorio di sicurezza”.

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