Crisi, i manganelli come risposta

di Michele Paris

Negli ultimi giorni, molte città degli Stati Uniti hanno fatto registrare una preoccupante escalation della repressione da parte delle forze di polizia contro le manifestazioni di protesta ormai note in tutto il mondo con il nome di “Occupy Wall Street”. La brutalità impiegata dalle autorità un po’ ovunque nel paese fa seguito alle dure prese di posizione di sindaci e amministratori locali contro un movimento in grandissima parte pacifico e dimostra come la pazienza della classe dirigente americana verso le decine di migliaia di persone scese nelle piazze stia giungendo al termine.


Tra i più violenti interventi della polizia in questi giorni spicca quello andato in scena a partire da martedì a Oakland, città affacciata sulla Baia di San Francisco. Qui le forze dell’ordine sono state protagoniste di violenti scontri per disperdere i manifestanti e impedire loro di rioccupare la piazza del municipio. Nella sola giornata di martedì, gli arresti sono stati 250 e la polizia ha causato il ferimento di un veterano della guerra in Iraq tra i manifestanti, Scott Olsen, colpito da un proiettile vagante e ora ricoverato in condizioni critiche.

Il soffocamento delle proteste a Oakland ha avuto il pieno appoggio del sindaco democratico, Jean Quan, ed è avvenuto in concomitanza con la presenza di Barack Obama nella vicina San Francisco. Il presidente stava presiedendo ad un evento esclusivo per raccogliere finanziamenti elettorali in un hotel della città e, ovviamente, non ha fatto alcun riferimento alle violenze della polizia. Anche nella stessa città californiana, ritenuta una delle più liberal d’America, sempre martedì le autorità hanno poi ordinato ai manifestanti di abbandonare i loro accampamenti a downtown, perché illegali.


Nonostante molti politici democratici in queste settimane abbiano espresso apprezzamento per le ragioni alla base del movimento Occupy Wall Street, sono stati spesso proprio i sindaci di questo partito a ordinare la più dura repressione nelle città americane. A Chicago, ad esempio, dove il sindaco è l’ex capo di gabinetto di Obama, Rahm Emanuel, nelle scorse settimane sono stati arrestati più di 300 manifestanti. Il sindaco democratico di Atlanta, Kasim Reed, ha invece definito “necessari” i 53 arresti operati mercoledì scorso dalla polizia tra gli occupanti di un parco pubblico nella metropoli della Georgia.

Le stesse autorità cittadine hanno invariabilmente citato come giustificazione per arresti e sgomberi brutali i timori per presunte infiltrazioni criminali tra i manifestanti, oppure generici quanto ingiustificati motivi di ordine pubblico o addirittura preoccupazioni per le condizioni igieniche degli accampamenti. Questa è stata finora la strategia dei sindaci di metropoli come Los Angeles, Philadelphia, Boston, Baltimora ed altre ancora.

Secondo i dati raccolti da un sito web d’oltreoceano, basati sui rapporti delle forze di polizia e sui resoconti dei media, a partire dal mese di settembre - quando è nato a New York il movimento Occupy Wall Street - gli arresti di manifestanti nel paese sarebbero più di 2.500.

Se i racconti delle manifestazioni e degli scontri tra dimostranti e polizia si sono moltiplicati con l’espandersi della protesta negli USA, la gran parte dei media ha però evitato di denunciare il comportamento delle forze di sicurezza. Di fronte a questo atteggiamento di giornali e televisioni, c’è da chiedersi quali reazioni ci sarebbero state negli Stati Uniti se la brutale repressione di manifestazioni di protesta pacifiche come quella a cui si assiste ormai quotidianamente nelle città americane avesse avuto luogo, ad esempio, in Iran o a Cuba.

Con ampi strati della popolazione americana costretti a fare i conti con l’intensificarsi della crisi economica, con un livello di disoccupazione sempre alle stelle e con i devastanti effetti delle misure di austerity già adottate e ancora da implementare sia a livello statale che federale, le tensioni sociali e la partecipazione popolare al movimento Occupy Wall Street non faranno altro che aumentare nei prossimi mesi.

In questa atmosfera di crescente conflittualità negli Stati Uniti, la risposta violenta delle istituzioni alle proteste spontanee di queste settimane rappresenta solo un primo avvertimento, diretto non solo ai manifestanti ma a tutti i cittadini americani. Le élite politiche americane non sono infatti disposte ad accettare proteste di piazza prolungate e sono pronte perciò ad utilizzare la forza per reprimere qualsiasi movimento popolare che possa rappresentare una minaccia per la stabilità del sistema.

La popolazione mondiale ha raggiunto quota 7 miliardi!

Lunedì 31 ottobre per la prima volta la popolazione del pianeta raggiungerà i 7 miliardi di persone. E' una stima dell'ONU.

"Abbiamo raggiunto 6000 milioni appena nel 1999, e dodici anni dopo siamo a sette miliardi, sollevando dubbi sul fatto che riusciremo a ottenere 8, 9 miliardi o oltre senza vedere aumentare i tassi di mortalità relativi alla insicurezza alimentare , alle malattie, ai conflitti ", dice Robert Engelman, direttore del World Watch Institute di Washington DC .


Attorno al 1800, il demografo Thomas Robert Malthus avvertì che la fornitura di cibo non sarebbe stata in grado di tenere il passo con un crescente numero di persone. E ha previsto che a una certa soglia, che fissò a un miliardo di persone, ci sarebbero state massicce epidemie, carestie, e un disastro nel numero di esseri umani.

E ancora oggi, la popolazione umana è sette volte la soglia di crisi di Malthus'. Certo, epidemie e carestie rimangono un problema grave in molte parti del mondo. Ma l'essere umano medio sta vivendo una vita più lunga e sana che ai tempi di Malthus, che ha portato alcune persone a respingere la teoria di Malthus.

Non così in fretta, dice Jonathan Foley, direttore della University of Minnesota’s Institute on the Environment.

"Gli esseri umani non sono esenti dalle osservazioni di Malthus. Abbiamo appena rinviato ancora e ancora e ancora attraverso l'innovazione ".



Foley dice che la rivoluzione industriale, la rivoluzione verde e altre nuove tecnologie hanno incrementato la produttività agricola ben oltre ciò che Malthus aveva previsto. "Ma alla fine della giornata, fantasma di Malthus è ancora in agguato sopra di noi", aggiunge.

Finora, noi possiamo avere innovato la nostra via d'uscita dalla fame di massa e da altri problemi, ma quelle molte innovazionio hanno creato una serie di problemi ambientali che minacciano il nostro futuro, dice Foley.

Prendete l'agricoltura, per esempio. "Per nutrire sette miliardi di persone occorre un sacco di terra, un sacco di acqua, e un sacco di energia". "Il 40 per cento di tutta la terra sul pianeta è dedicata alla crescita del cibo, il 70 per cento di tutta l'acqua che consumiamo viene utilizzato per irrigare le coltivazioni. E circa un terzo di tutte le emissioni di gas serra provengono dall' agricoltura ".

Questo rende l'agricoltura il solo unico e grande contributo al cambiamento climatico, la perdita delle speci, e la scarsità idrica globale, che stanno raggiungendo punti critici. E Foley dice che siamo già vivendo diverse limitazioni.

"Il limite della nostra capacità di nutrire il mondo, la nostra capacità di stabilizzare il nostro clima, la capacità di mantenere intatta la biosfera, e la capacità di mantenere intatte le nostre risorse idriche. Non possiamo inventare la nostra uscita da ogni limite. Possiamo spingerci sempre più vicino ai limiti fisici del pianeta, ma stiamo gia vivendo oltre i nostri limiti."

Tuttavia, afferma Laurie Mazur, direttore della ong Population Justice Project "Se ciascuno sul pianeta mangia come le persone in India, per lo più vegetariani, la produzione agricola mondiale potrebbe nutrire oggi circa 10 miliardi di persone".

In altre parole, non ci sarebbe alcuna scarsità di cibo.

"Ma d'altra parte, se noi tutti abbiamo mangiato come si è fatto negli Stati Uniti, una dieta a base di carne molto intensa, la relativa produzione agricola andrebbe ad alimentare solo due miliardi e mezzo di persone".

Questo perché il 40 per cento dei raccolti odierni sono utilizzati come mangimi per animali, rendendo la produzione di latte e carne tra i più inefficienti tipi di agricoltura. Nel frattempo, oggi la maggior parte del consumo viene dai paesi sviluppati. Ma questo sta cambiando velocemente almeno ne grandi paesi sviluppati come Cina e India.

Non c'è consenso su quanti abitanti potrebbe sostenere la Terra, ma quello che andrebbe fatto è soprattutto un accesso equo alle risorse, anche ambientali. Negli Stati Uniti ogni individuo consuma 400 litri di acqua al giorno mentre in Etiopia solo 8-10. Quindi, laddove ci sono degli sprechi occorre intervenire, mentre dove le risorse scarseggiano bisogna investire affinché possano essere accessibili a tutti.

Svelato il motore delle stelle

Il motore che alimenta le stelle non ha piu' segreti. Per la prima volta le teorie sui meccanismi che lo alimentano sono state ''toccate con mano'' grazie ad un esperimento internazionale i cui rivelatori si trovano in Italia, nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn)
L'esperimento si chiama Borexino ed e' una collaborazione internazionale fra tre gruppi dell'Infn, tre universita' statunitensi, e altri gruppi tedeschi, russi, francesi, polacchi, coordinata dall'italiano Gianpaolo Bellini di universita' di Milano e Infn.
Dopo i risultati straordinari sul superamento della velocita' della luce, a stupire sono ancora una volta i neutrini studiati sotto la roccia del Gran Sasso. Questa volta i neutrini non sono quelli ''spediti'' dal Cern di Ginevra, ma quelli prodotti dal Sole. Sono neutrini di bassissima energia prodotti dalla fusione nucleare che alimenta le stelle e per la prima volta hanno permesso di dimostrare l'esistenza delle reazioni nucleari che avvengono nel cuore delle stelle, ipotizzate da molto tempo ma finora mai dimostrate.
La reazione osservata nell'esperimento si chiama ''reazione nucleare dominante'' (nota anche come catena protone-protone, o pp). In essa i nuclei di idrogeno si fondono dando vita al deuterio e portano la temperatura nelle stelle fino a dieci milioni di gradi. Nelle stelle piu' grandi del Sole, invece, la stessa reazione non produce abbastanza energia per contrastare la forza gravitazionale della materia stellare e farebbe implodere la stella su se stessa. A evitare il collasso e' un altro ciclo di fusione nucleare che coinvolge nuclei di carbonio, azoto e ossigeno e fa impennare la temperatura delle stelle oltre 18 milioni di gradi. Se questo ciclo, chiamato Cno, non esistesse, le stelle sarebbero molto piu' rare e l'universo decisamente piu' buio.
La prova che queste reazioni sono proprio quelle che fanno ''accendere'' le stelle e' venuta dalla misura di una reazione ''figlia'', fatta attraverso l'analisi dei neutrini che provengono dal Sole. E' stato possibile perche' la fusione nucleare che avviene nelle stelle produce una grande quantita' di neutrini a bassissima energia che in parte raggiungono la Terra, molto difficili da rivelare. Posto nelle caverne sotterranee dei Laboratori del Gran Sasso, sotto 1,4 chilometri di roccia, l'esperimento Borexino e' oggi l'unico al mondo in grado di misurare in tempo reale i netrini solari, annullando ogni altro disturbo. La roccia assorbe infatti i raggi cosmici, mentre le tecnologie sviluppate dall'esperimento permettono di sopprimere le tracce di radioattivita' a livelli mai ottenuti fino ad oggi. In questo modo e' possibile schermare l'esperimento e far emergere i deboli segnali prodotti dai rarissimi urti dei neutrini con la grande massa di materiale del rivelatore.
fonte: ansa.it

Il sole che verra'

Caldo torrido, nuova era glaciale o nulla di tutto questo? Il futuro della Terra dipende dalla nostra stella ma prevederne il comportamento non è così scontato.

di Luca Nobili

Quando si parla dell’attività solare e dei cicli di minimo e massimo della nostra stella si entra in un campo insidioso. Al momento non esistono modelli che permettano di prevedere nel dettaglio il comportamento del Sole, se non a grandi linee. Eppure sono sempre più frequenti articoli e ipotesi su cosa ci aspetta nei prossimi anni, che spaziano da scenari caldi ad altri gelidi.

L’attività solare è strettamente legata alle macchie solari. Da quando sono state osservate e studiate con metodo scientifico dagli inizi del 1600, compreso il contributo di Galileo Galilei, le macchie solari hanno avuto un grande impatto sulla nostra conoscenza del Sole, considerato prima di allora nella cultura europea dominante come un corpo celeste perfetto, immutabile e incorruttibile. Successivamente si individuò l’esistenza di un ciclo periodico: le macchie aumentano e diminuiscono di numero seguendo periodi che in media durano 11 anni e a una maggior quantità di macchie corrisponde una maggiore intensità dell’attività solare. Non mancano però cicli anomali come quelli registrati dal 1645 al 1715 quando si arrivò a contare un minimo “storico” di macchie. Nello stesso periodo l’Europa venne attraversata da una lunga ondata di freddo, oggi denominata piccola era glaciale, segno di una probabile correlazione tra il clima e intensità dell’attività solare. Anche se va detto che la piccola glaciazione durò ben oltre il termine di tale periodo di minimo.

Ora il Sole sta raggiungendo un nuovo massimo il cui picco è previsto nel 2013 per poi tornare al minimo successivo nel 2020. Di questo passo il ciclo attuale stabilirà il record di durata, risultando il più lento tra quelli conosciuti. Per questo, e al contrario di chi preannunciava infuocate tempeste solari che avrebbero inaridito la Terra, alcuni esperti prevedono l’arrivo di un periodo di minimo più lungo del solito, forse analogo a quello avvenuto all’epoca della piccola era glaciale. Prima di giungere a una qualsiasi conclusione va ribadito che si tratta di previsioni quantomeno azzardate: il legame tra attività solare ed ere glaciali non è univoco, inoltre abbiamo iniziato a misurare con precisione i cicli solari solo da pochi decenni, da quando abbiamo spedito sonde nello spazio che hanno permesso di ottenere osservazioni più accurate. Troppo poco per costruire modelli che ci permettano di prevedere nel dettaglio il comportamento del Sole che tra l’altro ha già attraversato cicli anomali che potrebbero rivelarsi a loro volta normali periodi di variabilità.
Fonte:http://www.media.inaf.it/2011/10/28/il-sole-che-verra/
Letto da:http://www.altrogiornale.org/news.php

Una tempesta di neve mette in ginocchio la costa orientale degli Stati Uniti

30 Ottobre 2011 - Piu' di due milioni di utenti sono rimasti senza elettricita' negli stati della Pennsylvania, Connecticut, Maryland, New York,Massachusetts, Virginia e New Jersey,a causa di una forte tempesta di neve che sta imperversando lungo la east-coast degli Stati Uniti e che sta avendo delle fortissime ripercussioni sul traffico aereo nazionale.Secondo gli esperti meteo sarebbe insolita la presenza della neve alla fine di Ottobre in quelle zone,infatti Dicembre sarebbe il periodo delle grandi nevicate per il nord-est degli Stati Uniti,dati storici rilevano che in 135 anni solo 3 volte ha nevicato in Ottobre a New York.In molti stati e' stato decretato lo stato di calamita' naturale.

In New Jersey si registrano oltre 35 centimetri di neve, mentre Central Park a New York è stato ricoperto da 3,3 centimetri di coltre bianca, un record per questo periodo dell'anno. La tempesta, che si sta dirigendo verso nord, potrebbe peggiorare ancora. Sono previsti venti a 88 chilometri orari lungo le aree costiere. Il maltempo ha colpito anche i trasporti, provocando forti ritardi nei voli agli aeroporti newyorkesi Newark e Jfk, così come allo scalo internazionale di Philadelphia. Si registrano anche ritardi sulle linee ferroviarie.

Continua l'eruzione del monte Hudson in Cile

SANTIAGO, Cile - Il Vulcano Hudson,Cile,ha rilasciato tre enormi colonne di vapore e cenere che combinate in una nuvola alta di più di 3 miglia Venerdì ha minaccianto un'eruzione molto più grande che ha messo le autorità del Cile e Argentina in allarme rosso.


I Funzionari cileni hanno evacuato 119 persone dalla zona circostante, e altri residenti nelle vicinanze pronti a fuggire,la neve sciolta e il ghiaccio hanno causato l'esondazione del fiume Aysen che ha cominciato a traboccare dalle sue sponde.
Il vapore e la cenere venivano da tre crateri, che vanno da 650 metri a 1.600 metri di larghezza, e con terremoti che scuotono la montagna, una grande eruzione potrebbe avvenire entro ore o giorni.
Già, un pennacchio di cenere e vapore si è diffuso a 7,5 miglia a sud-est, verso l'Argentina.
Il vulcano Hudson ha eruttato due volte negli ultimi 60 anni, più di recente nel mese di agosto del 1991, quando ha accatastato 18 pollici di cenere e ha ucciso circa 1,5 milioni di pecore sul versante argentino della catena montuosa delle Ande.

Fonte:http://theextinctionprotocol.wordpress.com/
Letto su:expianetadidio.blogspot.com

L’Oceano Atlantico cambia direzione!


Gli scienziati sono rimasti scioccati nello scoprire che le acque profonde dell’Oceano Atlantico hanno cambiato direzione!Gli scienziati che studiano l’Oceano Atlantico sono stati scossi nel capire, che per qualche motivo sconosciuto le acque profonde dell’oceano hanno invertito la loro direzione di flusso. Ciò non è accaduto dall’inizio dell’era glaciale! Invece di andare verso sud, come fanno di solito, queste acque abissali ora scorrono verso nord.


La variazione di flusso potrebbe avere accompagnato profondi cambiamenti climatici, hanno spiegato i ricercatori. Potrebbe essere la prova di raffreddamento globale!Nell’Atlantico, la Corrente del Golfo porta l’acqua calda di superficie dai tropici alle alte latitudini, dove si raffredda, verso sud nelle profondità dell’oceano. Il modo in cui scorre l’acqua nel mare aiuta a ridistribuire il calore – e questo è fondamentale per il clima glogale. Linee contraddittorie di prove a partire dal picco del freddo glaciale – l’ultimo massimo glaciale – rendono difficile per gli scienziati determinare se questa circolazione oceanica è andata fortemente o leggermente in una direzione particolare all’epoca.Ma ora … l’Oceano Atlantico ha chiaramente cambiato direzione! Che cosa significa?Per arrivare a queste conclusioni, gli scienziati hanno indagato su un pilastro di sedimenti a circa 128 piedi (39 metri), estratte dal fondo marino mediante l’uso di una nave al largo della punta di Africa sotto di circa 8.000 piedi (2.440 m) di acqua. La parte superiore 15 piedi (5 m) o così di questo campione nucleo contiene materiale che riflettono le condizioni dell’oceano, negli ultimi 50.000 anni.”E ‘molto difficile estrarre questi nuclei a tali profondità senza rottura del tubo di metallo nel mare aperto, che di solito ha cattive condizioni meteorologiche”, ha detto il ricercatore Juan Magrita, un paleoceanografico presso l’Università Autonoma di Barcellona in Spagna. Tuttavia, il personale a bordo della nave, il Dafania Juanita, è molto esperto, ha osservato.Gli scienziati di tutto il mondo si stanno consultando per determinare perché l’Oceano Atlantico è in cambio di direzione. “Questo potrebbe avere conseguenze catastrofiche per le persone che vivono su entrambi i lati dell’Atlantico. Questo è un problema globale pericoloso,le nazioni del mondo devono agire insieme per correggere il problema, se possibile.” Ha detto il professor Jacob Jabolin dell’Università di Harvard.

Prepariamoci a grandi cambiamenti…

fonte: http://www.livescience.com

Scossa di terremoto di magnitudo 4,4 avvertita nel Nord Italia



29 Ottobre 2011 Secondo l'Istituto Sismologico Europeo EMSC un terremoto di magnitudo 4.4 della scala Richter e' stato registrato alle ore 06:13 locali ad una profondita' di 10 Km, 45,69 N; 10,92 E le coordinate dell'epicentro a circa 28 Km a Nord-Ovest dalla citta' di Verona.Secondo alcune testimonianze il sisma e' stato avvertito anche dalle popolazioni di Trento e del Padovano numerose chiamate ai vigili del fuoco sono state segnalate.Il Nord  Italia negli ultimi mesi e' soggetto a tensioni sismiche che stanno interessando diverse zone ricordiamo gli intensi sciami sismici che hanno fatto tremare l'area del forlivese e dell'appennino ligure.
terrarealtime

Terremoto 7.0 Richter scuote il Peru'


28 Ott. 2011 - Peru' - Secondo come riporta L'EMSC un terremoto di magnitudo 7.0 della scala Richter  e' stato registrato vicino la costa centrale del Peru' alle ore 18:54 UTC ad una profondita' di 27 km in mare.L'epicentro e' stato individuato a circa 55 SO da Santiago del Cile.
Emsc

La Nasa sta pensando di usare un laser per eliminare la spazzatura spaziale

Un team di scienziati ha intenzione di ridurre il problema della "space junk" bombardando i frammenti di spazzatura spaziale con potenti raggi laser posizionati sulla Terra.

Ricordate la propulsione laser? Il concetto di base era quello di spingere un carico nello spazio sfruttando il calore generato da un fascio laser. Secondo Claude Phipps della Photonic Associates, la stessa tecnologia potrebbe essere utilizzata anche per ridurre l'affollamento di detriti spaziali in orbita bassa.


Il calore di un potente laser posizionato sulla superficie terrestre potrebbe vaporizzare una minuscola parte di un pezzo di space junk, creando un flusso di plasma in grado di spingere il detrito fuori dall'orbita terrestre. "Si crea essenzialmente un razzo spinto da laser, utilizzantto l'oggetto come se fosse carburante" spiega Phipps.

La spazzatura spaziale, considerata fino alla decade scorsa un problema di minore entità per le missioni spaziali, è ormai diventata una seria preoccupazione per tutte le agenzie spaziali del pianeta.

La densità raggiunta dai detriti è ormai così elevata da rendere una collisione quasi inevitabile; e una collisione in orbita non mette solo a rischio le vite degli astronauti, ma genera altra spazzatura che va ad aggiungersi a quella già esistente.

Si calcola che i pezzi più grandi di spazzatura spaziale (con dimensioni pari o superiori a 10 centimetri) siano ormai più di 19.000, mentre quelli più piccoli ammontano a diverse decine di milioni.

La NASA ha vagliato diverse proposte per liberarsi della space junk, specialmente di quella in orbita bassa in cui vengono condotte tutte le missioni con equipaggio umano. Si è parlato di raggi traenti, spazzini robotici, anche di un sistema laser in grado di fornire spinta a minuscoli frammenti di spazzatura grazie al moto dei fotoni, ma sono metodologie applicabili solo ad una piccola porzione della spazzatura spaziale residente in orbita.

La "spinta fotonica", ad esempio, è sfruttabile solo per i frammenti più piccoli di spazzatura, mentre uno spazzino robotico non potrebbe occuparsi efficacemente del materiale più minuto.

Un raggio laser della potenza di 150 kilowatt, invece, sembra possa occuparsi di oggetti di qualunque dimensione. Per quanto riguarda i frammenti di spazzatura di dimensioni inferiori ai 30 centimetri, il laser potrebbe rallentarli e farli bruciare nell'atmosfera; per i pezzi più grossi, invece, il laser potrebbe spostarli verso un'orbita che consenta loro di precipitare nell'Oceano Pacifico.

Questo approccio eviterebbe di effettuare costosi lanci di sonde robotiche sviluppate appositamente per la pulizia della spazzatura spaziale. Phipps stima che la rimozione di un oggetto di piccole dimensioni possa arrivare a costare qualche migliaio di dollari, arrivando fino ad un milione di dollari per gli oggetti più grossi.

Il progetto è ancora sulla carta per ragioni tecniche: non è affatto facile colpire il punto giusto di un satellite defunto evitando che possa esplodere. "Se non si sta attenti, si può colpire la parte sbagliata di un satellite o vaporizzarlo a sufficienza da farlo esplodere" spiega Phipps.

Per puntare il laser con la precisione necessaria ad evitare disastri non desiderati, sarà necessario costruire un telescopio dedicato del diametro di 10 metri, tramite il quale effettuare i calcoli relativi al movimento dei frammenti di space junk e valutare il modo migliore per colpirli con il raggio laser.

Tutta la tecnologia per realizzare un sistema simile esiste già, o è in corso di sviluppo, ma non sarà affatto economico realizzare un telescopio di 10 metri e un sistema laser dotato di una precisione tale da poter colpire chirurgicamente un frammento metallico di una decina di centimetri.

Una delle critiche sollevate verso questo sistema riguarda la possibilità di utilizzarlo come arma. Un laser di quella potenza e precisione potrebbe essere diretto contro satelliti nemici, scalzandoli dalla loro orbita o semplicemente rendendoli inattivi.

Ma Phipps ritiene che si potrebbe evitare la questione costruendo il laser tramite una collaborazione internazionale tra Russia, Stati Uniti e altre agenzie spaziali, come quella cinese e indiana. "Se otteniamo la giusta collaborazione internazionale, nessuno potrebbe pensare all'utilizzo bellico di questo laser".


http://www.ditadifulmine.com/2011/10/laser-per-eliminare-spazzatura-spaziale.html

Bangkok: 12 milioni in fuga dalle inondazioni!

Il primo ministro thailandese ha detto che Bangkok oggi sta combattendo contro la forza della natura, mentre il livello crescente delle inondazioni mette a rischio le dighe che proteggono la capitale, con gli abitanti in fuga all'inizio del quinto giorno di una vacanza proclamata in occasione dell'emergenza.


Le più gravi inondazioni a colpire il Paese in mezzo secolo, provocate in parte dalle pesanti piogge monsoniche, hanno ucciso 373 persone da metà luglio e creato problemi a quasi 2,5 milioni, finora per lo più nel nord e nel centro.

Sulla principale strada in uscita dalla capitale in direzione sud, non colpito dalle inondazioni, si registra un traffico intenso. Molte persone sono dirette alle cittadine costiere di Hua Hin e Pattaya, dove è difficile trovare stanze d'hotel e case da affittare.

Immagini televisive mostrano i banchi dei check-in affollati all'aeroporto internazionale Suvarnabhumi di Bangkok. L'aeroporto Don Muang, il vecchio scalo della capitale ora usato per i voli interni, è chiuso da martedì.


Il primo ministro Yingluck Shinawatra, in carica solo da agosto, ha detto ai giornalisti che la crisi ha raggiunto un punto critico per Bangkok.

"E' come se stessimo combattendo contro le forze della natura, massicce inondazioni che stanno provocando danni e diverse delle nostre dighe", ha spiegato.

"La verità è che dobbiamo lasciare che (l'acqua) scorra naturalmente verso il mare, e ciò che dobbiamo fare ora è gestire questo, in modo che scorra lentamente, altrimenti tutti soffriranno".

Quando la voce di Yingluc ha iniziato a tremare, i giornalisti le hanno chiesto se stesse piangendo: "No, non ho pianto e non lo farò. Sarò forte per risolvere questo problema per il popolo thailandese".

Bangkok, che conta almeno 12 milioni di abitanti e produce il 41% del Pil, è in pericolo per via di una combinazione di inondazioni da nord e alte onde del fiume Chao Phraya, che in alcuni punti del centro ha raggiunto un livello record.

Osservata una tempesta sul pianeta Urano


tempi di tempeste fuori da comune per i pianeti remoti.
Dopo la sparizione della banda equatoriale sud (SEB) su Giove durante l'opposizione del 2010, e dopo la grande tempesta che ha imperversato su Saturno fino a pochi mesi fa, ora il testimone è passato ad Urano, pianeta solitamente piuttosto tranquillo.

Una brillante nube su Urano: probabile tempesta
Proprio qualche giorno fa (26 Ottobre) gli astronomi al telescopio Gemini di 8 metri di diametro hanno scoperto una piccola nube (dimensioni di 0,33") estremamente brillante nel vicino infrarosso.
L'immagine, che potete vedere a sinistra, è stata ripresa alla lunghezza d'onda di 1,6 micron, purtroppo inaccessibile agli astrofili, che però hanno una grandissima opportunità.

Le esperienze degli scorsi mesi ci hanno infatti insegnato una cosa fondamentale: gli astronomi non hanno le risorse per seguire continuamente e caratterizzare nel tempo un certo evento, per quanto spettacolare ed interessante possa essere.
Questo caso non fa eccezione: gli scopritori della macchia si sono rivolti alla comunità amatoriale affinché riprenda delle immagini per individuarne meglio la posizione e monitorarne l'evoluzione.
La caratterizzazione esatta della posizione (e del moto di deriva) sarà fondamentale anche per indirizzare i potenti telescopi che sicuramente nei prossimi giorni cercheranno di capire qualcosa in questo evento unico nella storia osservativa del pianeta .

La piccola macchia è estremamente luminosa (oltre 3 volte la luminosità media superficiale del pianeta) e benché sia di ridotte dimensioni, c'è un'ottima possibilità che possa essere ripresa anche con telescopi di 20-25 centimetri, magari muniti di un filtro passa infrarosso.
Nell'immagine del 26 Ottobre, si trova alla longitudine planetaria di 323°, con una deriva stimata in 2° al giorno.
Probabilmente, sebbene con contrasto minore, è visibile anche a 700-800 nm, finestra tipica dei filtri infrarossi e delle camere amatoriali.
L'astronomo Paolo Tanga ha confermato che alcuni astrofili sono riusciti a catturare la tempesta, quindi non tiratevi indietro e se riuscite inviate le immagini, complete di tutti i dati tecnici, alla mailing list dell'UAI dedicata allo studio dei pianeti.

A livello fisico e dinamico, la piccola nube potrebbe essere simile alla grande tempesta apparsa su Saturno lo scorso dicembre che ha poi abbracciato tutta zona temperata nord.
Chissà se l'evoluzione sarà analoga. Di certo un pezzo di questa che si prevede un'interessante storia, potrebbe essere scritto proprio da voi.

Scoperta materia organica nello spazio


Nell'ultima edizione del giornale scientifico Nature, un gruppo di astronomi ha presentato la scoperta di composti organici di una complessità che non si pensava potesse esistere nello spazio interstellare. I risultati suggeriscono che i composti organici non solo soltanto il dominio della vita ma che possono essere naturalmente creati dalle stelle. Il professor Sun Kwok ed il Dr. Yong Zhang, dell'Università di Hong Kong, hanno mostrato che una sostanza organica comunemente presente in tutto l'Universo, contiene un misto di componenti aromatici (strutture ad anello) e alifatici (a catena). Questi composti sono così complessi che le loro strutture chimiche somigliano a quelle del carbonio ed il petrolio. Dato che il carbonio ed il petrolio sono resti di vita organica antica sulla Terra, questo tipo di materia organica si pensava potesse formarsi soltanto grazie alla presenza di organismi viventi. La scoperta del team suggerisce invece che i composti organici complessi possono essere sintetizzati nello spazio anche in assenza di forme viventi.


L'indagine dei ricercatori si incentrava su un fenomeno misterioso: una serie di emissioni infrarosse rilevate nelle stelle, nello spazio interstellare e nelle galassie. Queste impronte spettrali sono conosciute come "UIEF" (Unidentified Infrared Emission Features), cioè emissioni ad infrarosso non identificate. Per oltre due decenni, la teoria più accreditata intorno all'origine di queste impronte era che provenivano da semplici molecole di carbonio e idrogeno, chiamate molecole PAH (Polycyclic Aromatic Hydrocarbon). Dalle osservazioni fatte con l'Infrared Space Observatory ed il Spitzer Space Telescope, Kowk e Zhang hanno mostrato che gli spettri astronomici hanno caratteristiche che non sono spiegabili con la presenza di molecole PAH. Invece, il team ha proposto che le sostanze che generano queste emissioni hanno strutture chimiche che sono molto più complesse. Analizzando così lo spettro della polvere di stelle presente intorno alle esplosioni conosciute come novae, hanno mostrato che le stelle creano composti organici in tempi estremamente corti, anche di sole settimane.
Non solo le stelle producono materia organica complessa, ma la espellano anche nello spazio interstellare, cioè la regione tra le stelle. Il lavoro fatto dagli scienziati supporta l'idea precedentemente proposta da Kwok che le stelle più vecchie sono delle fattorie molecolari capaci di dar vita a molti composti organici complessi. "Il nostro lavoro ha dimostrato che le stelle non hanno alcuna difficoltà nel creare composti organici complessi sotto condizioni di vuoto" ha spiegato Kwok. "Teoreticamente questo è impossibile, ma osserviamo che invece può accadere."

Ancor più interessante è il fatto che questa polvere stellare organica ha una struttura simile a quella di complessi composti organici scoperti in alcuni meteoriti. Dato che i meteoriti sono i resti della fase primordiale del Sistema Solare, queste scoperte fanno sorgere l'ipotesi che le stelle abbiano arricchito il Sistema Solare con nuovi composti organici. La Terra primordiale era soggetta a severi bombardamenti da parte di comete e asteroidi che potenzialmente avrebbero potuto portare molta polvere stellare organica. Se poi questi composti stellari hanno giocato o meno un ruolo fondamentale nella nascita della vita sulla Terra rimane ancora una domanda aperta sotto molti aspetti, anche se indubbiamente la presenza di questi materiali sulla Terra, originati qui o meno, è stata assolutamente indispensabile.

http://www.hku.hk/press/news_detail_6633.html

Marte fu temperato e umido, simile alla Terra di oggi


Che clima aveva Marte miliardi di anni fa? Temperato e umido, sostengono i ricercatori del California Institute of Technology che, per la prima volta nella storia dello studio del Pianeta Rosso, hanno determinato la temperatura e l'umidità che la superficie marziana faceva registrare quando, sulla Terra, il nostro antenato globale comune iniziava a fare la sua comparsa.

Le analisi del celebre meteorite ALH84001, noto al pubblico per le speculazioni sulla possibile esistenza di forme di vita fossili al suo interno, hanno portato a ritenere che i minerali che compongono il bolide si sarebbero formati ad una temperatura di circa 18°C.

"La cosa davvero entusiasmante è che 18°C non è particolarmente freddo o caldo" dice Woody Fischer, professore di geobiologia e co-autore della ricerca. "E' un risultato notevole".
In effetti, 18 gradi sopra lo zero è una temperatura che pochi si sarebbero aspettati, soprattutto se rapportata alle temperature abbondantemente sotto lo zero riscontrabili oggi su Marte. In media, il Pianeta Rosso ha una temperatura superficiale di -63°C, troppo freddo per consentire l'esistenza di acqua liquida superficiale.

Ma una temperatura 18°C permette di certo l'esistenza di acqua allo stato liquido. Fino ad ora, tuttavia, pensare a Marte come un pianeta relativamente caldo e umido era soltanto un'ipotesi supportata da nessuna prova.

"Questa è una prova che, nella storia passata di Marte, almeno una località del pianeta era in grado di mantenere un clima simile a quello terrestre da poche ore fino a qualche giorno" dice John Eiler, professore di geologia e co-autore della ricerca.

I ricercatori hanno analizzato il meteorite ALH84001, scoperto nel 1984 in Antartide. Questo pezzo di roccia si sarebbe formato a qualche decina di metri sotto la superficie marziana, e proiettato nello spazio dalla collisione di un meteorite ben più grosso.

Molto si è discusso in passato, e lo si fa ancora oggi, sulla possibilità di forme di vita fossili a bordo del meteorite ALH84001, ma le ipotesi dipendono interamente dalla temperatura in cui il meteorite si sarebbe formato, e dalla presenza di dischi di minerali carbonatici le cui origini potrebbero essere molteplici. "E' terribilmente difficile capire il processo che ha generato i minerali carbonatici" spiega Eiler. Di ipotesi sulla loro formazione ne sono state formulate molte: da magma raffreddato e cristallizzato, fino a reazioni chimiche avvenute in presenza di processo idrotermali che potrebbero aver visto anche la partecipazione di ipotetiche forme di vita microscopiche.

Scoprire a quale temperatura si siano formati i carbonati del meteorite ALH84001 può contribuire ad escludere alcuni degli scenari formulati finora, e a sostenerne altri. Per ottenere la temperatura di formazione dei minerali carbonatici del meteorite, i ricercatori hanno misurato le quantità di ossigeno-18 e carbonio-13, due isotopi contenuti nei campioni di carbonati la cui presenza più o meno massiccia può essere messa in relazione alla temperatura e al grado di umidità di Marte.
"Molte delle ipotesi finora formulate sono state scartate. Non si può far crescere in altro modo i minerali carbonatici a 18°C se non in presenza di acqua".

Ma questo clima marziano umido e temperato potrebbe aver ospitato forme di vita più o meno complesse? Per ora gli scienziati escludono questo scenario, sostenendo che i pochi giorni necessari a far evaporare l'acqua liquida marziana non avrebbero creato condizioni sufficientemente stabili per permettere alla vita di emergere.

Rimane il fatto che, miliardi di anni fa, alcune regioni marziane sono state molto più simili alla Terra di quanto potessimo immaginare soltanto una settimana fa. Possiamo essere certi, tuttavia, che non possiamo chiudere così facilmente la questione dell'antico clima marziano, dato che le conclusioni tratte nella ricerca di Fischer ed Eiler si basano su un solo pezzo di roccia che ha suscitato numerosissime discussioni e controversie in ambito scientifico.


Fonte:http://www.physorg.com/news/2011-10-mild-temperature-mars.html

La chiesa auspica il nuovo ordine mondiale!


Viviamo tempi duri, la confusione la fa da padrona, i più si lasciano sedare e sedurre delle meraviglie del sistema, rintanandosi in un egoismo strategico, che annulla i rapporti umani sostituendoli con quelli di necessità e convenienza del momento. Nei giorni del caos lo smarrimento è il sentimento comune un pò a tutti. Lucidità e onestà di pensiero doti rare, spesso derise ed isolate, se non del tutto represse. L’amara verità è che ci siamo persi, che lo vogliamo (e riusciamo) ad ammettere o meno, questa è la triste realtà.

Tutto è stato ben pianificato dall’alto. Niente è per caso. Il disordine è la base del cambiamento indotto. “Ordo ab chao” ovvero “ordine dal caos”. Noi siamo solo masse da gestire a uso e consumo di chi ci dirige come in un grande gioco da tavola. L’unico scopo è il controllo totale, l’obiettivo è l’istaurazione di un Nuovo Ordine Mondiale. Tutte le forze mondialiste sono concentrate su questo e mirano bene, e ahimè sparano meglio.

Tra i precursori teorici e materiali del governo mondiale, non può certo mancare il Vaticano, da secoli fra le potenze dominanti. Attraverso un documento quanto mai chiaro e con pochi giri di parole, rinuncia al regno dei cieli per il regno degli uomini sugli uomini. Intervenendo sull’attuale crisi sistemica, lo Stato Pontificio prende posizione, ancora una volta è opposta al bene comune, atta solo all’autoconservazione.

Il Vaticano punta il dito contro i liberismo economico che sta alla base del periodo di forte crisi che stiamo attraversando. Non solo, indica ai fedeli anche la soluzione, la via d’uscita: un governo mondiale (che nel documento è definita “autorità pubblica universale”), una banca mondiale e una moneta unica.


Problema-reazione-soluzione. Una metodologia vecchia come il mondo, ma che funziona, i suoi frutti sono sempre dolci e abbondanti, anche se per pochi eletti.


La notizia è stata riportata da tutti gli organi di informazione, ma nessuno ha dato il giusto peso, ancora una volta, a queste tre diaboliche paroline: Nuovo Ordine Mondiale. La religione cristiana ha milioni di seguaci in tutto il globo e di sicuro le parole del Vaticano avranno fatto facilmente breccia nei cuori e nella testa dei credenti, meglio di qualunque guerra, meglio di qualsiasi mezzo di comunicazione di massa.

Noi invece siamo sempre qui, dormienti, a imprecare contro il “berlusconi” di turno, aspettiamo la manna dal cielo o il fiero condottiero che ci levi di dosso il fardello di interessarci personalmente della cosa pubblica. Noi vogliamo continuare a fregarcene, vogliamo voltare le spalle a tutto ciò, abbiamo ben altro da fare. Arriviamo addirittura a negare l’esistenza di talune entità perchè scombussolano la nostra idea conformista del mondo inculcataci in famiglia, nelle scuole, nel vivere quotidiano e dalla televisione. Ci devastiamo i cervelli con il nulla, ci gingilliamo con i feticci di ultima generazione e facciamo i filosofi del perbenismo. Noi preferiamo stare alla larga dai problemi, chi ce lo fa fare, stiamo così bene. Pensiamo che nulla potrà mai cambiare, avremo sempre la nostra illusione di libertà, i nostri locali per le seratine e nostri beni materiali, magari comprati con i soldi di mamma e papà, da mettere in bella vista tra la gente. Siamo arroganti e presuntosi, ignoranti patentati ma fieri e convinti dal belare comune.


Il Nuovo Ordine Mondiale? Complottismo, paranoia, roba da riderci su prima di un altro sorso di birra.

Post scriptum:
Oggi ho appreso dal gregge facebook che è inziato il “grande fratello”, ora per tanti mesi avrete altro di cui parlare, quindi buona visione!


Fonte

Tettonica delle placche può controllare inversioni del campo magnetico terrestre


Il campo magnetico della Terra si è invertito molte volte ad un ritmo irregolare, nel corso della sua storia. Lunghi periodi senza inversione sono stati intervallati da frequenti inversioni epocali. Qual è la ragione di queste inversioni e la loro irregolarità? I ricercatori del CNRS e l'Institut de Physique du Globe, in Francia, hanno gettato nuova luce sulla questione dimostrando che, nel corso degli ultimi 300 milioni di anni, la frequenza di inversione è dipesa dalla distribuzione delle placche tettoniche sulla superficie del globo. Nell'immagine sopra è raffigurato come la distribuzione di lastre di subduzione (blu) nel mantello potrebbe influenzare il flusso di calore attraverso il nucleo e il mantello al contorno (frecce gialle), che potrebbe a sua volta influenzare la stabilità del campo magnetico terrestre.

Questo risultato non implica che la struttura a placche della crosta terrestre sia stata innescata con i cambiamenti del campo magnetico. Invece, stabilisce che, sebbene il fenomeno di inversione ha luogo, in fine, l'interno del nucleo liquido della Terra, è comunque sensibile a ciò che accade al di fuori del nucleo e più specificamente nel mantello della Terra. Questo lavoro è stato pubblicato il 16 ottobre 2011 in Geophysical Research Letters. Il campo magnetico della Terra è prodotto dal flusso di ferro liquido all'interno del suo nucleo, 3.000 chilometri sotto i nostri piedi. Perchè i ricercatori pensano ad un legame tra la tettonica delle placche e il campo magnetico? La scoperta che i flussi convettivi ferro liquidi svolgono un ruolo nella inversioni magnetiche: esperimenti di modellazione e il lavoro svolto negli ultimi cinque anni hanno infatti dimostrato che una inversione si verifica quando i movimenti del metallo fuso non sono più simmetrici rispetto al piano equatoriale.
Questa "rottura della simmetria" potrebbe avvenire progressivamente, a partire in una zona situata al confine del nucleo del mantello (il mantello separa il nucleo liquido della Terra, dalla sua crosta), per poi diffondersi a tutto il nucleo (in ferro fuso).


Un confronto tra la frequenza di inversione nel corso del tempo geologico, con il grado di asimmetria dei continenti.


Estendendo questa ricerca, gli autori dell'articolo si sono chiesti se qualche traccia di rotture di simmetria iniziale dietro le inversioni geomagnetiche che hanno segnato la storia della Terra, è stata trovata solo nelle annotazioni delle variazioni geologiche su larga scala in nostro possesso, in altre parole il movimento dei continenti (o tettonica a zolle).
Circa 200 milioni di anni fa, Pangea, il nome dato al supercontinente che comprendeva quasi tutte le masse di terra, ha iniziato a dividersi in una moltitudine di pezzi più piccoli che hanno modellato la Terra come la conosciamo oggi. Valutando la superficie dei continenti situati nell'emisfero Nord e quelle del Sud del mondo, i ricercatori sono stati in grado di calcolare un grado di asimmetria (rispetto all'equatore) nella distribuzione dei continenti in quel periodo.


La distribuzione moderna dei continenti rispetto alla paleogeografia del Tardo Cretaceo.


In conclusione, il grado di asimmetria è variato allo stesso ritmo, come il tasso di inversione magnetica (numero di inversioni per milioni di anni). Le due curve si sono evolute in parallelo a tal punto da poter essere quasi sovrapposte. In altre parole, più lontano il centro di gravità dei continenti partì dall'equatore, più veloce la percentuale di inversioni (fino a otto per milione di anni per il massimo grado di asimmetria). Che cosa suggeriscono per il meccanismo che sta dietro alle inversioni geomagnetiche? I ricercatori prevedono due scenari. Nel primo, la struttura a placche della crosta terrestre potrebbe essere direttamente responsabile per le variazioni della frequenza delle inversioni: dopo essersi immerse nella crosta terrestre in zone di subduzione, le placche sarebbero scese fino a raggiungere il nucleo, dove avrebbero potuto modificare il flusso del ferro. Nel secondo, i movimenti delle placche possono riflettere la miscelazione del materiale che si svolge nel mantello, e in particolare alla sua base. In entrambi i casi, i movimenti delle rocce al di fuori del nucleo potrebbero provocare un flusso asimmetrico nel nucleo liquido, e determinare la frequenza di inversione.


Scritto da: Paolo Lui
Fonte:http://www.wpsmeteo.com/index.php?option=com_content&view=article&id=1107%3Atettonica-delle-placche-puo-controllare-inversioni-del-campo-magnetico-terrestre&catid=26%3Aterremoti&Itemid=95

Gli scienziati trovano il cono vulcanico sottomarino di El Hierro

Il team a bordo della nave Ramon Margalef trova la bocca del vulcano sottomarino nel mare dell'isola di El Hierro. Questa scoperta è stata resa possibile grazie all'uso di un robot subacqueo chiamato Liropus con la possibilità di osservare e raccogliere campioni ad una profondità di 2.000 metri. Il gruppo di scienziati spagnoli, e i dipendenti dell'Istituto Spagnolo di Oceanografia (IEO) e sotto la direzione di Juan Acosta e Francisco Sanchez, è riuscito a individuare un nuovo vulcano a forma di cono con un diametro alla base di 700 metri, un'altezza di 100 metri e un cratere di circa 120 metri di larghezza.


Secondo i dati registrati, la base del cratere è situata a 300 metri di profondità. Inoltre, utilizzando ecoscandagli è stato possibile individuare le colonne di gas e fluidi emessi dal vulcano in altri punti di emissione (crepe), che stanno causando la macchia di materiale eruttivo che si sta espandendo nel sud l'isola a causa di forti correnti, come satelliti hanno fotografato, sopra la superficie dell 'isola di El Hierro.E' la prima missione che ha coinvolto la nave di ricerca Ramon Margalef dopo aver lasciato la città di Vigo il 18 ottobre verso l'isola di El Hierro.Queste scoperte sono state fatte in collaborazione con la Canarie Oceanic Platform (Plocan) e l'Agenzia delle Canarie per la Società di Ricerca, Innovazione e dell'informazione (ACIISI), sotto il supporto del Comitato Scientifico Pevolca.

Inoltre, mentre i fenomeni eruttivi nella zona del mare calmo hanno subito un brusco calo, esperti del National Geographic Institute (IGN) hanno messo in guardia su un aumento dell'attività sismica nella zona di confine. In particolare, i sismografi hanno rilevato nelle prime ore di Martedì, un totale di 10 terremoti ad una profondità di 22 chilometri. il più grande magnitudo è stato registrato a ovest della città di Frontera, che ha raggiunto il 2,2 della scala Richter.

www.elpais.com

 


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