Indonesia: allerta livello 3 per il vulcano Tambora


Le autorita' indonesiane hanno elevato il livello di allerta per il vulcano Tambora,portandolo a 3 su una scala di 4,l'aumento dei tremori nella zona circostante il cratere potrebbe essere il preludio di una imminente eruzione.Il Tambora è uno stratovulcano dell'isola di Sumbawa, situata nell'arcipelago indonesiano della Sonda.
ed è considerato il secondo vulcano al mondo per indice di esplosività VEI, stimata a 7;[1] è situato nella zona di subduzione creata dal movimento della placca australiana verso una parte della zolla euroasiatica, in una zona nella quale si sono formati nel corso di millenni tre tra i più esplosivi e devastanti vulcani conosciuti: il Toba, il Tambora e il Krakatoa (in ordine VEI)

Il cratere del Tambora visto dall'alto.


La più famosa eruzione del Tambora fu quella che ebbe luogo nell'aprile 1815.
Il tutto iniziò intorno al tramonto dell'11 aprile, con una serie di potenti boati, simili a tuoni o cannonate, che misero sull'avviso le truppe britanniche che da non molto tempo si erano stanziate nella regione dopo averne scacciato gli olandesi. Questa prima serie di esplosioni cessò tuttavia rapidamente; un nuovo fenomeno parossistico, questa volta molto più intenso, cominciò il giorno 19, con esplosioni più intense (tali da far tremare le abitazioni)[2] e abbondanti emissioni di cenere che oscurarono il cielo dell'intera regione per giorni e provocarono pesanti accumuli in tutti i villaggi circostanti. Le navi incontrarono anche dopo 4 anni dall'eruzione la cenere in mare nella forma di isolotti galleggianti di pomice.
Tre mesi di convulsioni simili provocarono nel Tambora una diminuzione di quota di 1.300 metri; dai più di 4.100 metri originari, la montagna era passata agli attuali 2.850. Secondo Thomas Stamford Raffles, all'epoca luogotenente governatore di Giava, l'area in cui si osservarono gli effetti immediati dell'eruzione (tremori, rumori, ecc...) si allargava per circa 1.600 km intorno all'isola di Sumbawa.[3]

L'eruzione del 1815 è stata, a detta dei vulcanologi, una delle più potenti, almeno dalla fine dell'ultima Era glaciale; l'emissione di ceneri fu, quantitativamente, circa 100 volte superiore a quella dell'eruzione, pur rilevante, del monte Sant'Elena del 1980, e fu maggiore anche di quella della formidabile eruzione del Krakatoa del 1883.[4] Complessivamente, vennero proiettati in aria circa 150 miliardi di metri cubi di roccia, cenere e altri materiali.[5] L'eruzione, o meglio l'esplosione, creò disastri di proporzioni bibliche, con una stima di 60.000 morti dovuti sia direttamente all'esplosione che alle pesanti carestie che seguirono il disastro.[5]
L'eruzione del Tambora non fu l'unica, in quel periodo: nel 1812 esplose con violenza il vulcano Soufrière, nei Caraibi, mentre l'anno prima fu il vulcano Mayon, nelle Filippine, ad entrare in attività. Tutte queste eruzioni vomitarono enormi quantitativi di cenere e polvere nell'atmosfera, producendo un denso "velo" di polvere vulcanica nella stratosfera. Questo velo schermò una discreta parte dei raggi solari negli anni successivi, provocando uno dei periodi dal clima più freddo della (già di per sé fredda) piccola era glaciale.
La polvere restò per molti anni nell'atmosfera diminuendo la quantità di radiazione solare che abitualmente colpisce il suolo della terra. Il pianeta conobbe un'epoca di estati mancate ed inverni freddissimi, che ebbero come conseguenza scarsissimi raccolti e un impoverimento importante di vaste aree del pianeta. Il 1816, l'anno successivo all'eruzione,fu ricordato come l'anno senza estate.

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